Integratori di Omega 3: proteggono il cuore o sono inutili?

Per anni si è ritenuto che porzioni extra di questi acidi grassi essenziali aiutassero a prevenire l’infarto e altre gravi patologie cardiache. Poi, due ricerche hanno smentito questa opzione. Ma i più recenti risultati di alcune sperimentazioni sembrano confermare di nuovo l’efficacia degli integratori di Omega 3.
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Giulia Dallagiovanna 16 Novembre 2018
* ultima modifica il 22/09/2020
Con la collaborazione della Dott.ssa Silvia Soligon Biologa ed esperta di nutrizione

Sai perché ti dicono di mangiare il pesce per integrare gli Omega 3? Perché si tratta di un gruppo di acidi grassi essenziali, fra i quali i due più importanti sono contenuti proprio negli animali marini. Ma se hai una dieta che non prevede ricette ittiche, sappi che esistono anche degli integratori di queste sostanze. Ed è attorno a loro che è sorta un'annosa questione, oggetto di diversi studi e dibattiti fra nutrizionisti: faranno davvero bene al cuore o saranno inutili?

Solo nel 2018 sono comparsi due studi che smentiscono l'utilità di assumere quantitativi extra di grassi cosiddetti "buoni", per la prevenzione di patologie cardiache come infarti e ictus. A novembre, altri due report pubblicati sul New England Journal of Medicine, confermano invece che l'olio di pesce riduce del 50% il rischio di attacchi cardiaci e protegge il cuore dalle possibili conseguenze di trigliceridi alti.

Cerchiamo allora di capire come stanno effettivamente le cose.

Cosa sono gli Omega 3

Si tratta di acidi grassi essenziali, cioè che devi assumere per forza attraverso l'alimentazione, perché il tuo corpo non è in grado di sintetizzarli. Come dice il nome, sono tre sostanze unite insieme:

  1. Ala: acido alfa-linoleico, contenuto soprattutto in noci e mandorle, semi di canapa o di lino e oli vegetali.
  2. Epa: acido eicosapentaenoico, fornito da pesce, olio di pesce e microalghe
  3. Dha: acido docosaesaenoico, sempre di provenienza marina

I più importanti, come ti dicevo prima, sono gli ultimi due, perché il tuo organismo riesce a utilizzarli meglio. Aiutano, ad esempio, a prevenire infiammazioni e lo sviluppo di malattie croniche. Sono presenti, poi, in grandi quantità nel tuo cervello, dove contribuiscono al miglioramento delle capacità cognitive. Proprio per questo, l'Efsa (l'Autorità europea per la sicurezza alimentare) indica in 250 milligrammi la dose giornaliera corretta. Consigliati soprattutto in gravidanza, questi grassi polinsaturi favoriscono il buon sviluppo del sistema nervoso e della vista del feto.

Gli integratori inutili

A febbraio, l'epidemiologo Robert Clarke dell'università di Oxford ha pubblicato uno studio sulla rivista Jama Cardiology, dove sosteneva che potevi anche smettere di assumere integratori di Omega 3, perché tanto risultavano inutili per il cuore. Dopo aver analizzato i dati di quasi 78mila pazienti con problemi cardiovascolari, o ad alto rischio di soffrirne, ha preso atto che in nessun modo le capsule potevano prevenire gli infarti o ridurre la possibilità di morte di chi ne era colpito.

Qualche mese dopo, il Cochrane Heart Group, che si occupa di veicolare informazioni e ricerche scientifiche sulla prevenzione di disturbi cardiocirolatori, ha avanzato più di un dubbio riguardante l'utilità di integratori di Omega 3 per proteggere il muscolo cardiaco. Gli esperti questa volta hanno esaminato 79 studi, per una somma di 112mila pazienti coinvolti.

I risultati hanno dimostrato che aumentando la quantità di acidi grassi essenziali assimilata, non diminuisce il rischio di essere colpiti da patologie pericolose, né di morire per queste. Insomma, il tuo corpo non se ne accorge nemmeno, se non per una leggera riduzione dei trigliceridi nel sangue.

Una nuova conferma

E invece farebbero proprio bene al cuore. Una seconda tornata di studi, presentati alle Scientific Sessions 2018, organizzate a Chicago dall'American Heart Association, fa tornare gli esperti sui propri passi.

Il primo assicura l'importanza di assumere razioni extra di Omega 3 quando gli esami del sangue mostrano un livello troppo alto di trigliceridi. Ai più di 8mila pazienti coinvolti, tutti già sottoposti a trattamenti per la riduzione del rischio cardiovascolare, sono stati somministrati 4 grammi di Epa e Dha al giorno, oppure un placebo. Dopo 4 anni, chi aveva assunto integratori veri vedeva la possibilità di morire per un infarto, ictus o un altro evento grave ridotta del 23% e quella di essere colpito da una di queste patologie, anche in forma non letale, del 26%.

Gli integratori diminuiscono del 26% il rischio di infarto e del 23% quello di morire per un attacco cardiaco

La seconda ricerca invece precisa che gli Omega 3 proteggono il cuore dall'infarto del miocardio, il tessuto muscolare che riveste l'organo, indipendentemente dalla presenza o meno di fattori di rischio che ti predispongono a un attacco cardiaco. Per questa ragione, per le 25mila persone che hanno preso parte alla sperimentazione, si parla di prevenzione primaria, cioè a prescindere dalla propria storia medica. Quella in sostanza che dovresti fare anche tu.

I partecipanti hanno assunto 1 grammo di olio di pesce, cioè un integratore, per 5 anni. Alla fine, avevano il 28% in meno di possibilità di essere colti da infarto e la metà dei rischi che si trattasse di un episodio fatale. Non solo, ma in chi era abituato a mangiare poco pesce, la percentuale di prevenzione da patologie cardiache quasi raddoppiava.

"A trarre maggiori benefici dagli integratori di Omega 3 è stato chi mangiava poco pesce”, ha confermato JoAnn E. Manson, autrice principale dello studio. "Crediamo che il nostro lavoro non abbia evidenziato nessun chiaro motivo per cui chi sta già assumendo integratori di olio di pesce debba smettere di assumerli”, ha poi aggiunto. Non solo, ma la ricercatrice consiglia a chi ha una dieta povera di prodotti del mare di parlare con il proprio medico per farsi prescrivere capsule di Omega 3, mettendo a tacere chi dubitava della loro efficacia.

Il parere dell'esperto

Ma come fanno quattro studi a dare risultati così discordanti fra loro?

Per chiarirci meglio le idee, abbiamo chiesto un parere a Silvia Soligon, biologa e giornalista scientifica, esperta in Scienze genetiche e biomolecolari e in Scienza dell'Alimentazione:

"Ci sono almeno due fattori da tenere in considerazione: i dosaggi di omega 3 utilizzati negli studi e lo stato di salute iniziale dei partecipanti. Alcune ricerche prevedono la somministrazione di dosi di omega 3 inferiori rispetto a quelle suggerite dall'Efsa (l'Autorità europea per la sicurezza alimentare) per ottenere risultati significativi. Nel caso dei trigliceridi, ad esempio, queste dosi sono di 2 grammi al giorno di Epa+Dha, ma a volte (come nel caso di un recente studio pubblicato sul New England Journal of Medicine) i partecipanti ne ricevono meno della metà. Altre volte a non essere ottimale è il rapporto Epa:Dha. Altre volte ancora, i pazienti cui vengono somministrati gli omega 3 non ne avrebbero bisogno perché il loro rischio cardiovascolare è già basso. Oppure potrebbero entrare in gioco anche altri fattori, come la quantità di omega 6 introdotti con l'alimentazione, che se assunti in eccesso possono contribuire a mettere in pericolo la salute cardiovascolare.

La scelta migliore per sapere quando potrebbe davvero essere utile assumere integratori è chiedere un consiglio al proprio medico o al proprio nutrizionista: sapranno valutare ogni caso nelle sue specificità, suggerendo gli eventuali prodotti utili. E in ogni caso resta fondamentale cercare di garantirsi un'alimentazione il più possibile completa anche quando si assumono degli integratori, che, appunto, non devono essere considerati sostituti di una dieta varia ed equilibrata".

Fonti| Adnkronos; Fondazione Veronesi; Humanitas

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