La Corte Costituzionale ha bocciato la proposta di referendum sull’eutanasia legale: cosa accade ora?

La Consulta ha dichiarato inammissibile il quesito referendario che voleva abrogare parte dell’articolo 579 sull’omicidio del consenziente. “Non sarebbe preservata la tutela minima della vita umana”, ha spiegato. All’indomani di questa decisione, dunque, la situazione in Italia rimane invariata, ancora una volta.
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Giulia Dallagiovanna 16 Febbraio 2022
* ultima modifica il 16/02/2022

Non si farà il referendum sull'eutanasia. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale, dichiarando il quesito proposto "inammissibile" in quanto "non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili". La risposta da parte dell'Associazione Luca Coscioni che ha guidato la mobilitazione arriva pochi minuti dopo: "Il cammino verso la legalizzazione dell'eutanasia non si ferma. Certamente, la cancellazione dello strumento referendario da parte della Corte costituzionale sul fine vita renderà il cammino più lungo e tortuoso, e per molte persone ciò significherà un carico aggiuntivo di sofferenza e violenza. Ma la strada è segnata", affermano.

Sarà necessario ancora qualche giorno per poter leggere le motivazioni complete, che la Consulta ancora non ha depositato. Intanto, però, possiamo inziare a chiederci cosa accade ora e cosa ne sarà degli oltre 1,2 milioni di firme raccolte durante l'estate e tra le quali, forse, compare anche la tua.

Cosa proponeva il quesito

Prima di tutto, ricordiamo brevemente cosa conteneva il quesito promosso dall'Associazione Luca Coscioni e dal resto del comitato che portava avanti l'iniziativa. La volontà era quella di abrogare parte dell'articolo 579 del Codice penale, che disciplina l'omicidio del consenziente. In questo modo, sarebbe stata spianata la strada verso una legge sull'eutanasia attiva in Italia, ovvero quella pratica in cui interviene il medico che somministra al paziente i farmaci previsti in dosi letali.

Nello specifico, la frase utilizzata era la seguente:

Volete voi che sia abrogato l’art. 579 del codice penale (omicidio del consenziente) approvato con R.D. 19 ottobre 1930, n.1398, comma 1 limitatamente alle seguenti parole “la reclusione da 6 a 15 anni”; comma 2 integralmente; comma 3 limitatamente alle seguenti parole “Si applicano”?

Naturalmente, questa nuova disposizione si sarebbe inserita all'interno di un quadro normativo dove è già presente la sentenza numero 242 del 2019 proprio della Corte Costituzionale che individua i quattro criteri fondamentali in cui l'aiuto al suicidio non può essere classificato come reato. Dunque non sarebbe stato possibile "legalizzare l'omicidio" del consenziente in toto, come i detrattori del referendum sostenevano. Anche perché sarebbero rimaste in vigore le parti in cui viene specificato come uccidere una persona consenziente rimane un reato quando questa ha meno di 18 anni, quando si trova in una situazione di infermità mentale oppure quando il consenso le è stato estratto con la violenza.

La mobilitazione

La scorsa estate, in un tempo record, l'Associazione aveva raccolto oltre 1,2 milioni di firme, sia in presenza che online tramite SPID. I banchetti dei volontari erano disposti un po' ovunque: nelle piazze principali delle città, ma anche vicino alle spiagge e ai luoghi più frequentati dai turisti. Una copertura radicale del territorio che aveva dato i suoi frutti e dimostrato come gli italiani fossero attenti a una tematica così delicata.

Con Ohga eravamo andati a far visita alla postazione di piazza San Babila, a Milano, e avevamo raccolto un po' di testimonianze delle persone che decidevano di firmare. C'è chi, ad esempio, lo faceva perché "non è umano tenere in vita persone che soffrono così tanto e chiedono di morire" e chi aderiva invece sulla base di una dolorosa esperienza personale. Come aveva commentato allora Marco Cappato, tesoriere dell'Associazione Coscioni: "Le persone hanno vissuto sulla loro pelle cosa significhino il dolore e la sofferenza di una malattia terminale. L’hanno vissuto in famiglia, non hanno bisogno che glielo spieghi un capopartito o il talk show della sera. Ecco perché si formano code ai tavoli dappertutto".

Cosa accade ora

Il primo risvolto pratico della decisione della Corte è che il referendum non si farà. Dunque al momento la situazione in Italia rimane invariata. Il diritto di accedere al suicidio assitito, reso possibile proprio dalla sentenza del 2019, sembra essere in vigore solo sulla carta se si guarda alle vicende e ai mille ostacoli che Mario e Antonio stanno incontrando da oltre un anno. Rimane la possibilità di compilare le DAT (Disposizioni anticipate di trattamento), chiamate più semplicemente Testamento Biologico, per scegliere a quali interventi sanitari sottoporti e a quali rinunciare in caso ti trovassi in una situazione di patologia irreversibile, fonte di soffrenze insopportabili e tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale.

Marco Cappato e Giobbe Covatta promuovono il referendum per l’eutanasia legale. Credits photo: Associazione Luca Coscioni

La proposta di legge sul suicidio assistito

L'unico filone da seguire ora rimane dunque l'iter in Parlamento della proposta di legge sul suicidio assisito. Un testo base che al momento sembra scontentare tutti e che alla prima discussione generale ha incontrato un'Aula completamente deserta. Se la maggior parte del Centro destra non è d'accordo sui principi che sostengono la proposta e già parla di promozione della "cultura dello scarto", dall'altro lato troviamo chi considera il testo troppo annacquato e ne elenca i punti deboli:

  • prevede un percorso troppo lungo per presentare la richiesta e ottenere l'eventuale approvazione, oltre al fatto che non indica scadenze precise entro le quali le diverse parti devono presentare i documenti e fare le proprie valutazioni
  • introduce l'obiezione di coscienza, con il rischio che diventi un ostacolo per il malato che tenta di esercitare un proprio diritto
  • modifica la sentenza della Corte Costituzionale laddove parla di "sofferenze fisiche o psichiche", trasformandolo in "sofferenze fisiche e psichiche"

Le speranze che questa proposta venga approvata e che possa risolvere almeno in parte le questioni ancora aperte in Italia sono quindi piuttosto deboli. Il futuro dunque si preannuncia di nuovo pieno di battaglie e di storie di sofferenza.

Fonte| Ufficio stampa Corte Costituzionale

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