La donazione di sangue raccontata da un volontario e da un ricevente

Saprai sicuramente come funziona la donazione di sangue, almeno in teoria. Ma sai davvero quanto è importante? E perché l’Italia possa vantarsi di avere un sistema gratuito che le consente di raggiugnere l’autosufficienza? Te lo raccontano proprio un donatore, Kamal Badran Ali Mohamed, e un ricevente. Beppe Castellano.
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Giulia Dallagiovanna 14 Giugno 2019
* ultima modifica il 22/09/2020

"Serve un po' di coraggio per donare, bisogna sentirla dentro questa scelta". Lo racconta Kamal Badran Ali Mohamed, che è diventato donatore di sangue quando viveva ancora in Egitto e ha continuato anche dopo essersi trasferito in Italia. "La presenza di donatori volontari e il fatto che si tratti di un atto completamente gratuito hanno permesso all'Italia di ottenere plasma e prodotti plasma derivati che sono considerati i più sicuri al mondo", aggiunge Beppe Castellano direttore di Dono&Vita, periodico di Avis Regionale Veneto, affetto da emofilia, una malattia genetica che implica la necessità di ricevere periodicamente proprio questo dono.

Beppe Castellano, ricevente di prodotti plasma derivati e direttore del periodico "Dono&Vita" di Avis Regionale Veneto

Mohamed e Castellano sono le due facce di un'unica medaglia: l'importanza della donazione di sangue. Ecco perché, in occasione della Giornata mondiale del donatore di sangue vorrei lasciare la parola soprattutto a loro. "Io ho necessità di ricevere il fattore VIII, ovvero un derivato del plasma, essenziale per la coagulazione del sangue. – spiega Castellano – In Italia si ottiene grazie a quello che viene prelevato dai donatori, che non ricevono alcun compenso economico. Una cosa preziosissima che non c'è in altri Paesi, come gli Stati Uniti, l'Austria o l'Ungheria. Nessuno ha quindi interesse a mentire riguardo al proprio stile di vita o a possibili malattie contratte, mentre una persona che viene pagata potrebbe farsi qualche remora in più nel raccontare tutto".

"Ho iniziato a donare diversi anni fa, nel '97 o nel '98. – ricorda Kamal Badran Ali Mohamed, che oggi ha 39 anni e lavora come cameriere – Erano le 3:00 di notte e una donna stava partorendo. Aveva bisogno di molto sangue, ma il tipo che era compatibile non era disponibile in quel momento. Così mi offrii per donare, perché la situazione era molto grave". Giusto il tempo di fare gli esami di controllo e la trasfusione viene fatta d'urgenza. "Dopo quest'esperienza ho capito quanto fosse importante donare, perciò mi sono informato e sono diventato volontario a tutti gli effetti", aggiunge.

Quando poi è venuto a vivere in Italia, ha proseguito nella sua convinzione: "Ho conosciuto molte persone per bene che fanno i volontari nelle associazioni di donatori di sangue e io stesso sono un donatore ormai da diversi anni. – racconta – Secondo me ognuno di noi dovrebbe impegnarsi a seminare del bene, perché potrebbe sempre arrivare il giorno in cui saremo noi stessi ad averne bisogno. È indifferente quale sia il colore della pelle o in quale religione ciascuno creda. Non so chi prenda il mio sangue, ma sono comunque felice di darglielo".

È proprio grazie a persone come lui, se l'Italia è in grado di mantenere l'autosufficienza per quanto riguarda le scorte di sangue, plasma e plasma derivati. "Quando sono nato – spiega Beppe Castellano – i prodotti ottenuti dal plasma non esistevano e la vita media di una persona affetta da emofilia era di circa 20 anni, perché le trasfusioni di sangue, da sole, non erano sufficienti a compensare quanto veniva perso con le emorragie interne".

I progressi nella medicina hanno consentito di ottenere prima di tutto il plasma fresco, che contiene più fattori della coagulazione. Nei centri trasfusionali sono stati poi introdotti i prodotti crioprecipitati, che fornivano la parte proteica del plasma, e, infine, l'industria farmaceutica ha creato i plasma derivati liofilizzati, che possono quindi essere conservati in frigorifero e trasportati. In Italia, sono arrivati negli anni '90.

"Io sono stato fortunato – prosegue Castellano – perché sono sempre stato trattato con plasma derivati di donatori italiani, ma negli anni '80 i plasma derivati importati dall'estero hanno fatto una vera e propria strage tra gli emolitici. Anche qui c'erano delle infezioni, certo, ma il siero prelevato e tutte le sue componenti erano molto più sicuri".

Da non confondere con quello del sangue infetto, il caso degli emoderivati infetti si è consumato più o meno nello stesso periodo. Gli imputati italiani coinvolti nel processo sono stati tutti assolti, ma tra i pazienti emolitici furono in molti quelli che risultarono contagiati dai virus di epatite B, C e dell'Hiv. Il problema infatti era che i prelievi venivano fatti su persone che non venivano sottoposte a controlli corretti, come tossicodipendenti, detenuti o individui con comportamenti sessuali a rischio. Ora probabilmente non accadrebbe più, ma resta il fatto che assicurare l'autosufficienza di un sistema completamente gratuito e che passa attraverso i più severi accertamenti è fondamentale.

"Oggi in Italia non esiste il rischio che una persona possa rimanere senza sangue o medicinali plasma derivati – conferma Castellano – perché esiste un sistema di compensazione tra le regioni e le strutture ospedaliere, per cui se qualcuno rimane senza, gli altri lo aiutano. Invece se ripenso alla mia infanzia, mi viene in mente un episodio di circa cinquant'anni fa: abitavo al Sud ed ero stato ricoverato in ospedale. Non si trovava plasma a sufficienza, perciò mio padre era costretto a donarlo oppure a cercare donatori, che a quell'epoca erano a pagamento".

L'autosufficienza però non è mai una certezza assoluta. Ogni anno bisogna verificare che i volontari siano un buon numero e che le unità di sangue e plasma raccolte raggiungano la quantità che viene richiesta dalle strutture ospedaliere. Ci sono poi periodi in cui si avverte di più l'esigenza di poter attingere a un largo bacino di donatori, come durante l'estate quando le persone sono in vacanza, o ci sono le epidemia di influenza. "L'emergenza vera e propria al momento non c'è, ma potrebbe sempre capitare: serve un continuo ricambio di donatori, che siano costanti e periodici. I volontari occasionali, che vogliono donare spinti dall'emozione magari in seguito a un terremoto o a un'altra tragedia, in realtà sono inutili perché prima bisogna effettuare diversi controlli e persone nuove, arrivate in massa, rischiano di rallentare tutto l'iter", spiega Castellano.

Kamal Badran Ali Mohamed, donatore di sangue

Ecco perché sono ancora necessarie le campagne di comunicazione e le iniziative promosse dalle associazioni come Avis. "Pochi giorni fa – racconta Castellano – sono andato al centro trasfusionale di Venezia, perché l'Avis, in accordo con l'Università Ca' Foscari, ha inviato una mail a tutti gli studenti e ai professori spiegando che quel giorno chi voleva poteva diventare donatore. Quando sono arrivato, ho trovato tantissimi ragazzi che mi hanno detto di averci sempre pensato, ma di non aver mai saputo bene come fare. Nel giro di due ore, le prenotazioni erano già a completo. Il ricambio generazionale è uno dei primi problemi da affrontare, ma è falso dire che i giovano non abbiano voglia di impegnarsi per il prossimo. Spesso, mancano solo le informazioni di cui hanno bisogno. Le associazioni, in effetti, fanno tantissimo a livello comunicativo, ma forse gli sforzi non sono ben coordinati".

E allora, quanto è importante donare te lo spiega chi lo fa da tanti anni: "È davvero una sensazione molto bella – conferma Kamal Badran Ali Mohamed – significa donare qualcosa in modo gratuito ad altri esseri umani, ma è una scelta che ciascuno deve compiere quando si sente".

Fonte| Avis Emilia-Romagna

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