Ogni anno in Italia circa 1.400 bambini e ragazzi con meno di 14 anni si ammalano di cancro infantile, mentre i casi nei adolescenti tra i 15 e il 19 anni sono circa 900. Anche se fa paura parlarne (e forse proprio per quello occorre farlo), questo problema esiste e riguarda tutti.
Anche per questo ventidue anni fa l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha istituito la Giornata mondiale contro il cancro infantile. L'International Childhood Cancer Day – ICCD si celebra ogni anno il 15 febbraio con l'obiettivo di informare e fornire sostegno ai piccoli pazienti e alle loro famiglie.
Oggi, anche grazie alla ricerca, "la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi – spiega la Fondazione Airc– è arrivata a superare l’80% per le leucemie e si attesta attorno al 70% per i tumori solidi, ma c'è ancora molta strada da fare".
Oltre a sostenere la ricerca, però, è importante parlarne e non trasformare l'argomento in tabù. Lo sa bene Camilla Capponcini, romana, classe 1998, che ha dovuto affrontare questa sfida quando aveva 12 anni. Camilla, che oggi di anni ne ha 24, ha scelto di diventare testimone Airc per aiutare chi sta vivendo un'esperienza simile alla sua: "Nessun miracolo – racconta – dal cancro si guarisce, ma serve l'impegno di tutti".
Se hai pensato che avresti letto una storia drammatica, sappi che non è questo il caso. "Lo so, potrebbe sembrarvi strano, ma per me la malattia è stata una specie di vacanza, una pausa dalla vita normale, ma nemmeno per un minuto ho pensato che le cose potessero andare male".
Bisogna normalizzare la malattia
Camilla Capponcini
La malattia di cui parla la 24enne, oggi infermiera di professione, è una leucemia mieloide acuta. Scopre di esserne affetta nel 2010, quando ha solo 12 anni e frequenta la seconda media. La sua vita scorre tranquillamente fino a quando uno strano mal di pancia e inspiegabili lividi senza causa sulle braccia la portano all'Ospedale Bambino Gesù di Roma. Qui dopo diversi accertamenti i medici le diagnosticano il cancro.
Negli otto mesi in cui sono stata ricoverata non mi sono mai sentita una vittima anche se avevo solo 12 anni
Camilla Capponcini
"Fin dal primo momento – ricorda Camilla – i miei genitori mi hanno spiegato la situazione e sono stata io stessa a parlare con il dottore che mi avrebbe seguito, il professor Franco Locatelli, direttore del Reparto di Ematologia Pediatrica dell'Ospedale Bambino Gesù e ricercatore Airc. Gli feci una sola domanda – morirò? – e alla sua risposta – no, fai quello che ti dico e andrà tutto bene – non ebbi un attimo di esitazione: ok, allora mi dica quello che dobbiamo fare e lo facciamo!"
Da quel momento Camilla viene ricoverata e trascorre otto mesi in ospedale. Nonostante la chemioterapia – quattro cicli come da protocollo – continua ad andare avanti in quelle che erano state fino a quel momento le sue attività quotidiane: studia dall'ospedale e finisce l'anno scolastico. "Seguivo anche i miei allenamenti di danza grazie alle lezioni che la mia insegnate mi registrava nei dvd. Quando affronti il cancro, anche se sei solo una bambina – continua – è importante non sentirsi mai una malata. In questo l'equipe medica mi ha aiutato molto: ho trascorso quei mesi in un ambiente sereno".
Il 10 marzo 2011 viene sottoposta al trapianto di cellule staminali da donatrice esterna. Reagisce in modo eccellente e il 6 aprile viene dimessa: era guarita. Era andato tutto bene.
Nello specifico, il rapporto con gli infermieri è stato fondamentale: "Sono le persone – spiega Camilla – con cui trascorri in assoluto più tempo". Anche questo l'ha spinta, da adulta, a laurearsi in Infermieristica.
"Sentivo – prosegue – che dovevo fare qualcosa per restituire il bene che avevo ricevuto in quei mesi". E alla domanda sul suo rapporto con la malattia e gli ospedali risponde senza esitazione: "Non ho mai avuto paura di tornarci, anzi per me l'ospedale era diventato quasi una seconda famiglia. Per questo quando oggi entro in corsia – soprattutto al Bambino Gesù – sento ancora quella tranquillità".
"Il cancro, soprattutto infantile, fa paura e la gente tende a non volerne parlare. Quando qualcuno tocca l'argomento, ma basta anche un messaggio di sensibilizzazione in tv, la prima reazione è quella di cambiare discorso o canale". Eppure, dice Camilla, parlarne è fondamentale per sostenere la ricerca.
Sono diventata testimone Airc per donare agli altri quello stesso messaggio di fiducia che ho ricevuto quando ero io a essere malata
Camilla Capponcini
Airc ha investito 8,5 milioni di euro per sostenere 78 progetti di ricerca in questo ambito, con l’obiettivo di offrire ai pazienti più giovani nuovi metodi di diagnosi e cura sempre più sicuri ed efficaci. Quest'ultimi devono infatti tener conto che dopo la guarigione i pazienti avranno in media più di 70 anni da vivere e la scelta delle cure deve tener conto di questa aspettativa di vita.
Oggi Camilla con Airc racconta in giro per i reparti pediatrici la sua storia: "Di quei mesi in ospedale – prosegue la ragazza – ho anche un altro ricordo che mi porto nel cuore: spesso venivano a trovarci ragazzi testimoni della ricerca che come noi avevano affrontato la malattia: le loro parole mi davano sempre molto coraggio e speranza. Per questo ora che sono cresciuta voglio fare lo stesso per gli altri".
Fonte | Airc