La realtà aumentata può aiutare le persone affette da demenza a vivere meglio

Non una terapia vera e propria, ma un modo per stimolare vecchi ricordi attraverso la visione di luoghi piacevoli. La simulazione di un pomeriggio in spiaggia o di una passeggiata in una foresta. Attività che la malattia non gli permette più di fare, ma che risvegliano in chi soffre di demenza memorie positive legate alla propria infanzia.
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Giulia Dallagiovanna 6 Gennaio 2020
* ultima modifica il 22/09/2020

Forse non favorirà il recupero della memoria o delle funzioni celebrali perse, ma la realtà virtuale può aiutare le persone che soffrono di demenza a stare meglio. E se un tuo parente o qualcuno che conosci ha avuto questo problema durante la vecchiaia, saprai che il benessere non per niente scontato. Secondo un report, presentato alla conferenza annuale organizzata dall'Associazione per l'informatica degli Stati Uniti, visori studiati ad hoc permetterebbero di ottenere benefici importanti soprattutto per quanto riguarda la riduzione di ansia e depressione, caratteristiche di questo tipo di patologie.

All'esperimento hanno partecipato 69 anziani, affetti da Alzheimer o da Corea di Huntington. A ciascuno di loro è stato fatto indossare un visore per la realtà aumentata che permetteva di visitare cinque luoghi differenti: una località di campagna, una spiaggia sabbiosa, degli scogli, una cattedrale e una foresta. Ciascuno di loro poteva scegliere in autonomia l'ambiente nel quale voleva fermarsi. La sessione è durata 15 minuti, dopodiché sono stati raccolti dei feedback da pazienti e caregiver. Alcuni di loro, ad esempio, sono rimasti nello stesso posto per tutto il tempo, altri ne hanno voluto esplorare più di uno.

Riduzione di ansia e depressione e miglioramento del tono dell'umore

A tutti loro sono tornati alla mente i ricordi più vecchi, stimolati da situazioni che, a causa della malattia, non possono vivere nella realtà. Chi si prendeva cura di loro ha potuto, in questo modo, avere più informazioni riguardo la loro storia e quindi sapere meglio quali chiavi utilizzare per interagire con loro. Uno dei partecipanti ha persino disegnato un paesaggio che ricordava la spiaggia sabbiosa, addirittura settimane dopo aver indossato il visore. Questo episodio ha permesso di capire ai ricercatori che l'esperienza aveva avuto un'influenza positiva sul loro umore.

Un miglioramento che aveva portato a una riduzione degli episodi di ansia e depressione e a un rapporto più sereno fra chi viveva nella stessa struttura. Insomma, la realtà virtuale non ha portato a nessun recupero delle capacità perse, ma forse non è nemmeno poi così necessario per persone che sono arrivate a quell'età. Forse quello che ciascuno di loro cerca davvero è di stare bene e trascorrere in modo felice il periodo che gli rimane. E per questo, sembra che il visore sia davvero una buona terapia.

Fonte| "Bring the Outside In: Providing Accessible Experiences Through VR for People with Dementia in Locked Psychiatric Hospitals" pubblicato per Proceedings of the SIGCHI Conference on Human Factors in Computing Systems a maggio 2019

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.