La sclerosi multipla progressiva potrebbe rallentare bloccando una proteina chiave: la scoperta dell’Ospedale San Raffaele

Uno studio del San Raffaele di Milano ha scoperto che l’infiammazione e il processo neurodegenerativo della sclerosi multipla dipendono dalla proteina C1q: inibendola, la malattia sembra frenare la sua progressione, un obiettivo che in futuro potrebbe essere raggiunto somministrando dei farmaci mirati, per evitare le disabilità causate dalla patologia.
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Alessandro Bai 10 Settembre 2021
* ultima modifica il 10/09/2021

Esiste una proteina che gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo della sclerosi multipla progressiva, portando avanti il processo neurodegenerativo che provoca danni sempre più gravi al sistema nervoso centrale: disattivarla, quindi, significherebbe ottenere un vantaggio decisivo nella lotta contro la malattia, e un gruppo di ricercatori ha appena fatto un passo importantissimo verso questo obiettivo. In particolare, il merito è di un team di ricerca dell'Ospedale San Raffaele di Milano, che in collaborazione con il National Institutes of Health (NIH) ha scoperto, attraverso uno studio su un modello animale della patologia, le funzioni svolte dalla proteina C1q, aprendo così una strada che potrebbe portare in futuro a nuove terapie, in grado rallentare il processo infiammatorio e neurodegenerativo della sclerosi multipla.

I risultati della ricerca, pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature, sono stati ottenuti in seguito ad un'analisi, condotta dalla neurologa ricercatrice Martina Absinta, di oltre 66mila cellule situate sul confine delle lesioni in espansione, un passaggio reso possibile da una tecnica di imaging che ha permesso di osservare da vicino i "protagonisti" che guidano il processo degenerativo tipico della sclerosi. Analizzando nei dettagli queste cellule, grazie al sequenziamento dell'RNA messaggero avvenuto per ciascuna di esse, i ricercatori hanno poi potuto confrontarle con quelle presenti in soggetti sani, ottenendo una "mappa estremamente dettagliata delle diverse cellule, della loro attività e delle loro interazioni lungo la periferia delle lesioni", come spiegato da Absinta.

Così facendo, gli autori dello studio hanno potuto soffermarsi in particolare sulle cellule della microglia, che fanno parte del tuo sistema immunitario e hanno normalmente il compito di proteggerlo dalle minacce, un ruolo che però viene meno nei pazienti affetti da sclerosi multipla, nei quali la microglia tende invece a rilasciare molecole infiammatorie e tossiche che provocano danni alle altre cellule nervose, portando alla degenerazione dei neuroni e al danneggiamento della guaina mielinica, che serve a proteggere le tue fibre nervose. A causa delle lesioni a questo tessuto prezioso, anche le fibre vengono danneggiate e l'impossibilità di trasmettere correttamente gli impulsi nervosi dà vita ai sintomi della sclerosi multipla, che possono essere motori, sensoriali e cognitivi.

È in questo contesto che è arrivata la scoperta più importante dei ricercatori, che hanno notato come la proteina C1q giochi un ruolo chiave nel mantenere attiva l'infiammazione cronica, prodotta dalla microglia, all'origine di questo processo. Per confermare questo sospetto, il team guidato da Absinta ha inibito la proteina C1q in un modello sperimentale, riuscendo a ridurre lo stato infiammatorio e rallentando così lo sviluppo della malattia.

Secondo Absinta, le conclusioni raggiunte suggeriscono che "l’infiammazione cronica nella sclerosi multipla progressiva potrebbe essere modulata farmacologicamente. La speranza è che l’inibizione di C1q possa rappresentare un approccio terapeutico nuovo per ridurre le lesioni croniche attive e fermare la progressione della disabilità nella sclerosi multipla".

Fonte| "A lymphocyte–microglia–astrocyte axis in chronic active multiple sclerosis" pubblicato su Nature l'8 settembre 2021

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