La vita sotto il turbante: detenute e pazienti oncologiche unite per aiutare le donne

Turbanti per le pazienti che perdono i capelli per colpa della chemioterapia. L’iniziativa è realtà grazie all’associazione “GO5 per mano con le donne onlus”, formata da donne che affrontano o hanno affrontato le cure contro un tumore, e alla cooperativa Alice Sartoria San Vittore, che aiuta la detenute a reinserirsi nel mondo del lavoro.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Giulia Dallagiovanna 20 Giugno 2019
* ultima modifica il 04/08/2020

"Tre anni fa sono stata operata per un tumore. Dopo un mese mi sono sottoposta al primo ciclo di chemioterapia e nel giro di 20 giorni i capelli hanno iniziato a cadere a ciuffi. Così ho scelto di indossare un turbante: un'affermazione di libertà rispetto alla malattia". È Cristina Gatelli a spiegare com'è nata l'idea di "La vita sotto il turbante", un progetto portato avanti dall'associazione di cui fa parte, la GO5 per mano con le donne onlus, in collaborazione con la cooperativa Alice per Sartoria SanVittore, che coinvolge le detenute del carcere milanese nella creazione di abiti. Un aiuto da donne e per le donne. Le sarte infatti confezionano i turbanti, che verranno poi distribuiti alle donne in cura che devono dire addio, per un periodo, alla loro chioma.

L'associazione si chiama in questo modo perché si è costituita fra pazienti che frequentavano il reparto di Ginecologia oncologica, al quinto piano dell'Istituto Tumori di Milano. Il primo nucleo è nato nel 2017 e ne facevano parte solo donne malate o che avevano affrontato da poco la malattia. Il primario, il dottor Francesco Raspagliesi, ha subito appoggiato l'idea che nel suo reparto fosse presente un gruppo di donne che supportassero, dal punto di vista umano e di vicinanza, le pazienti in cura. "Il nostro lavoro consiste nel rimanere con loro durante la terapia la degenza, far loro compagnia, ascoltarle. Ed è un gesto fondamentale, perché nel periodo del ricovero sono tanti i tempi morti o i momenti difficili. Stare in compagnia, fare qualche attività insieme o semplicemente parlare significa davvero molto", spiega Gatelli.

E a mano a mano che si vive la malattia e che se e vedono gli effetti nelle persone che si hanno attorno, c'è un fatto che salta all'occhio: le donne che perdono i capelli avvertono spesso l'esigenza di coprire il capo rimasto calvo, ma il più delle volte utilizzano delle cuffie scure, grigie. Insomma, tristi. Un capo d'abbigliamento che doveva essere assolutamente sostituito, ma come? "Quella del turbante, in realtà, è una scelta molto personale – precisa infatti Gatelli – Alcune preferiscono indossare una parrucca, perché consente di non dover dare spiegazioni né in famiglia, magari con i figli piccoli che fanno fatica a vedere la mamma senza capelli, né sul lavoro o quando si incontra qualcuno per strada. Poi ci sono le pazienti che non hanno problemi a mostrare la testa calva: sono tranquille e non intimorite dalle possibili reazioni delle altre persone. Il turbante invece viene scelto da chi non si sente di rimanere a capo scoperto, ma non vuole nemmeno nascondere del tutto la malattia. Quello che offre è un senso di libertà e di accettazione rispetto a quello che sta accadendo, un modo di giocare con l'abbinamento di colori e dire che la propria esistenza non si ferma al tumore".

Non una provocazione, né un modo per ostentare la propria condizione. Semplicemente la volontà di rompere un tabù sociale. Perché il cancro fa paura, nonostante le cure siano sempre più innovative e garantiscano una sempre maggiore possibilità di sopravvivenza. O forse proprio a causa delle terapie, piuttosto pesanti sia a livello fisico che psicologico, e danno l'impressione da una malattia dalla quale non se ne esce mai veramente. "Confermo, è tutto questo. Dovrai sottoporti a un'operazione, affrontare cicli di chemio o altre cure piuttosto intense, ma devi anche mantenere viva la speranza che nel frattempo la ricerca faccia i suoi progressi e si trovino nuovi trattamenti – sottolinea Gatelli, che aggiunge – Io, ad esempio, ho provato una parrucca, ma non la sentivo mia, così ho scelto il turbante. Lo indosso ogni volta che la chemioterapia mi porta a perdere i capelli. Così gioco con gli abbinamenti, e quando vado in giro per la strada sto bene. Mi sento persino bella, cosa si vuole di più?"

"Perdere i capelli cambia la visione di te, il turbante è un modo per riaffermare la propria libertà dalla malattia"

Se sei interessata al turbante, devi sapere che non è esattamente in vendita. L'associazione GO5 è infatti una onlus e non può intraprendere attività commerciali. Li puoi quindi trovare all'Istituto Tumori oppure al negozio della cooperativa Alice Sartoria San Vittore. Non c'è un prezzo, ma solo un'offerta libera. Si consiglia di partire da una base di 30 euro, ma potrai scegliere tu in base alle tue disponibilità quanto erogare. Il ricavato sarà donato ai progetti di ricerca che vengono portati avanti dal team del dottor Raspagliesi. "Il progetto è appena partito, quindi per ora la rete di distribuzione è un po' sommaria, ma tramite il nostro sito anche una donna che non abita a Milano può far richiesta di vedere i turbanti e riceverne uno – assicura Gatelli – stiamo anche pensando di creare una sorta di catalogo online, in modo che tutti lo possano vedere".

E le ambizioni si spingono anche oltre la lotta contro i tumori e gli effetti collaterali delle cure. Pensa ad esempio a chi soffre di alopecia ed è destinato a non veder mai più ricrescere i propri capelli. "In futuro si potrebbe estendere l'iniziativa anche a queste donne – si auspica Gatelli – Perché rimanere calve cambia la visione di te, e se è un fatto temporaneo è una cosa, ma se diventa una costante della tua vita, può essere anche molto dura. E "La vita sotto il turbante" è aperto a tutte, non solo alle pazienti oncologiche".

Se abiti a Milano e questa idea ti ha colpito, il 26 giugno alle 19:00 potresti assistere alla presentazione all'Istituto Tumori, in via Venezian 1, dove potrai anche scegliere un turbante che fa per te. Un secondo appuntamento sarà poi l'11 luglio, all'interno del carcere di San Vittore, perché le detenute sono un tassello fondamentale di questo progetto. L'ingresso è libero fino a esaurimento posti. Potrai trovare tutte le informazioni sul sito di Go5 per mano con le donne onlus.  Un'iniziativa che ha quindi due sbocchi e che, in entrambi i casi, diventa un aiuto concreto a chi sta vivendo un momento difficile della propria vista, in un istituto di detenzione o in uno di cura.

Credits photos: dal sito GO5 onlus, alcune modelle indossano il turbante realizzato dalla cooperativa Alice San Vittore

Fonte| GO5 per mano con le donne onlus

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.