Un "approccio femminista" al cancro potrebbe salvare la vita a più di 800.000 donne tra i 30 e i 69 anni all'anno. Lo rivela un rapporto pubblicato su Lancet, che ha rivelato come ancora troppo spesso le disuguaglianze e le discriminazioni di genere impediscano diagnosi tempestive e cure di qualità per le donne, in tutto il mondo.
A fronte di queste dati Lancet ha creato una sua "Commissione su donne, potere e cancro" per rimuovere le diseguaglianze di genere, che in una grande varietà di modi, più o meno diretti, mettono a rischio la salute delle donne.
Questa ricerca ha studiato l'incidenza del cancro in 185 Paesi: ne è emerso che le diseguaglianze di genere continuano ad avere un impatto negativo sulla prevenzione e la cura dei tumori nelle donne. I ricercatori si sono concentrati sui "tumori femminili", tra cui il cancro al seno e al collo dell'utero, nonostante il cancro ai polmoni e al colon-retto siano tra le prime tre cause di morte per questa malattia.
Le disuguaglianze di genere ostacolano anche l‘avanzamento professionale delle donne come leader nella ricerca sul cancro. Questo, oltre a pesare sulle possibilità di carriera delle ricercatrici, non favorisce il superamento dell'arretratezza nella ricerca sulla prevenzione e cura del cancro nella popolazione femminile mondiale.
Per questo motivo il team multidisciplinare che ha commissionato lo studio ha chiesto la creazione di una nuova agenda femminista per la cura del cancro.
"Le donne – si legge su Lancet – interagiscono con il cancro in modi complessi, come individui sani che partecipano alla prevenzione del cancro, come pazienti, come professionisti della salute, ricercatori, politici e come caregiver non retribuiti".
La richiesta di una nuova agenda femminista si basa sul presupposto che in tutti questi ambiti, le donne sono spesso soggette a forme di discriminazione, dovute ad esempio all'età, alla razza, all'etnia e allo status socio-economico, che le rendono strutturalmente emarginate.
"Questa miriade di fattori può limitare i diritti e le opportunità delle donne di evitare i rischi del cancro, costituisce un ostacolo alla diagnosi e a cure oncologiche di qualità, mantiene una forza lavoro di assistenza non retribuita prevalentemente femminile e ostacola l'avanzamento professionale delle donne", spiegano i sostenitori del progetto.
"L'impatto di una società patriarcale sull'esperienza delle donne in materia di cancro è rimasto largamente misconosciuto", ha dichiarato al Guardian la dottoressa Ophira Ginsburg, consulente senior per la ricerca clinica presso il Centro per la salute globale del National Cancer Institute e copresidente della commissione.
"A livello globale, la salute delle donne è spesso incentrata sulla salute riproduttiva e materna, in linea con le ristrette definizioni antifemministe del valore e del ruolo delle donne nella società, mentre il cancro rimane del tutto sottorappresentato", spiega Ginsburg.
In sostanza, la salute delle donne è ancora oggi troppo spesso oggetto di interesse solo se concepita nell'ottica della riproduzione e non come valore e diritto a prescindere da quest'ultimo aspetto della salute femminile, che sebbene importante, rappresenta solo uno dei tanti aspetti.
"Le discussioni sul cancro nelle donne si concentrano spesso sui tumori femminili, come il cancro al seno e al collo dell'utero", ha dichiarato la dottoressa Isabelle Soerjomataram, co-presidente della commissione. Meno importanza si da invece alle circa 300.000 donne sotto i 70 anni che ogni anno muoiono di cancro ai polmoni e 160.000 di cancro al colon-retto: due delle prime tre cause di morte per cancro tra le donne, a livello globale. Questi dati riprovano come la strada verso una presa di coscienza della salute della donna a tutto tondo sia ancora in salita.