Le impiantano un innovativo sistema di microelettrodi nel cervello e dopo 16 anni recupera la vista

I ricercatori dell’università spagnola Miguel Hernández hanno inserito un dispositivo con 100 microelettrodi nel cervello di una donna di 57 anni completamente cieca. Attraverso poi una fotocamera innestata in un paio di occhiali e un software che codifica i dati visivi raccolti, sono riusciti a trasformare gli stimoli visivi in stimoli elettrici sollecitando la risposta della corteccia cerebrale.
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Kevin Ben Alì Zinati 25 Ottobre 2021
* ultima modifica il 25/10/2021

Erano sedici anni che non riusciva più a leggere gli schemi disegnati sulla lavagna per i suoi alunni durante le lezioni di scienze.

Sedici anni in cui non aveva più letto un libro, guardato un documentario, guidato, scritto una lettera. Quasi 6mila giorni senza poter più osservare il mondo.

Jane, nome di fantasia, oggi ha 57 anni e ha passato più di un terzo della sua vita nel buio a causa di una grave infezione batterica che l’ha resa completamente cieca.

Oggi però è capace di riconoscere le forme di oggetti e di distinguere le lettere dell’alfabeto. Jane è addirittura capace di giocare a Pac-Man, lo storico videogioco dove devi provvedere al nutrimento di una piccola pallina gialla guidandola in un labirinto digitale ed evitando di farsi “toccare” da piccoli fantasmi-avversari.

La donna non ha recuperato la vista da sola ma grazie a un innovativo sistema di elettrodi che un gruppo di scienziati dell’università spagnola Miguel Hernández le ha impiantato nel cervello.

Si tratta di un piccolo dispositivo largo appena quattro millimetri e composto da 100 microelettrodi lunghi 1,5millimetri che i ricercatori hanno inserito nella sua corteccia visiva.

Jane è una scienziata e sa come funziona: prima di poter sbandierare l’eureka, bisogna tentare e tentare. Così si è sottoposta volontariamente alla sperimentazione.

Dopo che le è stato impiantato il dispositivo nella corteccia cerebrale, la “placca” è stata collegata a una retina artificiale, cioè un sistema ottico inserito all’interno di un paio di occhiali con cui Jane osservava il mondo circostante: questo si univa a un software specializzato che aveva il compito di codificare i dati visivi raccolti dalla fotocamera inviandoli agli elettrodi nel cervello.

Una volta azionato, il dispositivo ha comunicato con le cellule cerebrali stimolando i neuroni a produrre punti di luce bianchi, detti “fosfeni”, per creare un’immagine.

In sostanza i ricercatori sono riusciti a trasformare gli stimoli visivi di Jane in stimoli elettrici in modo da sollecitare non la risposta dell’occhio ma quella della corteccia cerebrale.

I risultati ottenuti, pubblicati sul Journal of Clinical Investigation, rappresentano un grande passo in avanti per la creazione di una protesi cerebrale visiva in grado di ridare parzialmente la vista ai non vedenti.

Grazie a questo sistema, oggi Jane è in grado di riconoscere linee e forme, colori e distanze. Oggi Jane può guardare il suo mondo.

Fonte | "Visual percepts evoked with an Intracortical 96-channel microelectrode array inserted in human occipital cortex" pubblicato il 19 ottobre 2021 sulla rivista Journal of Clinical Investigation

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