Le malattie polmonari causano sempre più morti: la colpa è di fumo, obesità e polveri sottili

Se ti parlo di malattie respiratorie oggi penseresti alla polmonite da Coronavirus. In realtà uno studio pubblicato sul British Medical Journal ha messo in evidenza che negli ultimi tre decenni le morti causate da patologie polmonari come la BPCO o l’asma sono aumentate del 18%. E le cause sono da ricercare nell’eccessivo consumo di tabacco, nell’inquinamento ambientale da particolato e ozono e nell’aumento dell’obesità.
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Kevin Ben Alì Zinati 27 Febbraio 2020
* ultima modifica il 22/09/2020

Fumo, polveri sottili, obesità. E anche lo squilibrato sviluppo socio-economico. Sono loro le principali cause delle malattie respiratore croniche che negli ultimi tre decenni hanno portato sempre più vittime. Sto parlando della broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e dell’asma ma anche della pneumoconiosi (malattie polmonari dovute all'inalazione di polvere), delle malattie polmonari interstiziali e della sarcoidosi (dovute a cicatrici polmonari e infiammazioni). Tra il 1990 e il 2017 le vittime per queste patologie respiratorie sono aumentate del 18% salendo da 3,32 a 3,91 milioni, con un incideva maggiore tra negli over70.

Lo ha scoperto un gruppo di ricercatori cinesi lavorando sul Global Burden of Disease del 2017. Se oggi ti parlo di malattie polmonari e di tassi di mortalità, il collegamento che immediatamente potresti fare è con la polmonite da Coronavirus. Ma le altre malattie respiratorie croniche, più gravi e pericolose, rappresentano un problema di salute pubblica più serio, in tutto il mondo.

Lo studio

L’aumento delle morti per malattie respiratorie croniche e le loro cause sono state studiate prendendo in esame i dati degli ultimi tre decenni di 195 paesi. I ricercatori cinesi hanno osservato che queste patologie, nel 2017, hanno causato circa 3,91 milioni di decessi, quasi il 7% del totale globale, e hanno aumentato il valore globale del DALY, ovvero un indice che misura la gravità globale di una malattia intesa espressa come il numero di anni “in buona salute” persi a causa di quella patologia.

A causa delle malattie respiratorie croniche, i DALY sono passati da 97,2 a 112,3 milioni all'anno tra il 1990 e il 2017. Nello specifico c’è stato un loro miglioramento nei pazienti con asma e pneumoconiosi ma in quelli con BPCO, malattie polmonari interstiziali e sarcoidosi polmonare è peggiorato.

Le cause

Le cause dell’aumento delle morti per malattie respiratorie croniche, come puoi immaginare, sono legate a ragioni demografiche e di sviluppo socioeconomico. Se consideri il reddito pro capite, il livello di istruzione medio e i tassi di fertilità, le regioni più povere del mondo appariranno quelle con il maggior carico di malattie. Ma gli altri importanti fattori di rischio individuati sono stati il fumo, l’inquinamento ambientale e l’obesità.

Fumo

Che il fumo faccia male ai nostri polmoni l’avrai letto e sentito da ogni parte, dalle pubblicità in tv a quelle sui pacchetti di sigarette. Secondo il Global Burden of Disease, nel 2017, il fumo, e l’esposizione al passivo, ha causato 1,4 milioni di morti e 33 milioni di DALY. E la mortalità attribuibile al tabacco era più elevata nelle regioni con un indice socio-demografico medio-basso e basso.

Polveri sottili

L’inquinamento da polveri sottili nell'aria è stato il successivo fattore di rischio più importante per la BPCO, con 1 milione di morti e 25 milioni di DALY. L'inquinamento da polveri sottili ha contribuito in modo consistente alla morte per BPCO nelle regioni con un basso indice socio-demografico. Al primo posto tra i materiali più pericolosi c’era il particolato ma è stato dimostrato che anche l’ozono ambientale ha aumentato il tasso di mortalità per malattie respiratorie croniche.

Nel 2017 il fumo e l’esposizione al passivo hanno causato più di 1,4 milioni di morti

Obesità

Un indice di massa corporea troppo elevato è stato tra le cause della maggior parte dei decessi da asma dal 2013 e ha contribuito in modo significativo all’aumento dei DALY a partire dal 2003: lo ha rivelato il Global Burden of Disease. Lo studio dei ricercatori cinesi ha dimostrato che l’obesità ha avuto un’alta incidenza di malattie respiratorie nelle donne. Per i ricercatori l’obesità materna comporta un rischio maggiore di asma nei bambini.

Le malattie respiratorie croniche

BPCO

Nel 2017, 3,20 milioni di persone sono morte per BPCO, quindi circa l’81,7% del numero totale di decessi per malattie respiratorie croniche. Il numero di decessi dovuti a BPCO nel 2017 è aumentato del 23% rispetto al 1990. I paesi con un tasso di mortalità per BPCO più alto sono regioni con un livello di sviluppo socio-economico medio-basso o basso, e 12 di 15 avevano una mortalità più bassa ed erano paesi più ricchi e sviluppati.

Pneuoconiosi

Secondo i ricercatori nel 2017 oltre 21 mila decessi sono stati attribuiti alla pneumoconiosi. Si stima che la Macedonia sia il paese in cui la pneumoconiosi stava diminuendo più rapidamente,  mentre i tassi di mortalità in 32 paesi sono aumentati: il tasso più alto è stato registrato in Georgia e anche qui la differenza socioeconomica si è fatta sentire.

Asma

I tassi di mortalità per asma sono bassi in Europa (Italia, Grecia, Bulgaria, Montenegro, Paesi Bassi, Ucraina, Austria, Slovenia, Islanda, Portogallo e Svizzera), America (Canada e Colombia) e Asia (Armenia e Giappone) ma sono aumentati nello Zimbabwe.

Nel 2017 3,20 milioni di persone sono morte per BPCO, circa l’81,7% del numero totale di decessi per malattie respiratorie croniche

Malattie polmonari interstiziali e sarcoidosi

A differenza di altre malattie respiratorie croniche, il tasso di mortalità standardizzato per età globale a causa di malattie polmonari interstiziali e sarcoidosi polmonare è aumentato in media dello 0,97% all'anno dal 1990 al 2017. E in questo caso l’aumento della mortalità ha interessato regioni con un indice socio-demografico medio-alto.

Fonte| "Trends and risk factors of mortality and disability adjusted life years for chronic respiratory diseases from 1990 to 2017: systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2017" pubblicato sul British Medical Journal il 19 febbraio 2020 

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