Le rinnovabili potrebbero non bastare per la transizione energetica: c’è spazio per l’atomo?

Affidarsi alle sole fonti rinnovabili per raggiungere la totale decarbonizzazione entro il 2050 potrebbe non essere sufficiente. Oggi gran parte dell’Europa è indietro su questo fronte e ci sono ancora diversi problemi da risolvere, dallo snellimento della burocrazia allo stoccaggio dell’energia prodotta. Nel ventaglio di possibilità per un futuro sostenibili, dunque, potrebbe rientrare anche il nucleare?
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“È questa la vera domanda: perché? Il come e il chi sono solo diversivi per il pubblico” diceva mister X (Donald Sutherland) a Jim Garrison (Kevin Costner) in una delle scene chiave dell’indagine cinematografica di Oliver Stone sull’assassinio di John Fitzgerald Kennedy. Quando si cerca di capire qualcosa di complicato, su questo bisogna concentrarsi: il perché.

La citazione fa riferimento a un contesto completamente diverso e forse ancora più contorto qual è il presunto complotto che ha portato alla morte di JFK. Ma ha comunque guidato le prime fasi di elaborazione di questa rubrica. Il punto che ci ha spinti nella nostra indagine è stato proprio chiedersi il perché: perché oggi siamo tornati a parlare di nucleare.

Il dibattito non si è riaperto solo in occasione di anniversari o ricorrenze. I 10 anni di Fukushima, caduti nel mezzo della pandemia da Sars-CoV-2, ci hanno per esempio fornito l’assist per riflettere sull'eredità di queste tecnologie e anche su come si comunicano incidenti o crisi e come invece si dovrebbe fare.

Oggi però l’atomo è tornato sui banchi della politica – e sui nostri – anche perché da più parti ha cominciato a scricchiolare una certezza a lungo creduta incrollabile. E cioè che le fonti rinnovabili, da sole, sarebbero bastate per realizzare il Green deal europeo e raggiungere la carbon neutrality entro il 2050.

Un dibattito riaperto

L’ultimo campanello d’allarme l’avrai visto direttamente nelle tue tasche con l’impennata dei costi delle bollette di luce e metano. Dietro a questi aumenti ci sono vari perché.

Primo: il rialzo dei prezzi delle materie prime. Le quotazioni degli ultimi mesi del 2021 hanno portato il petrolio sopra i 70 dollari mentre il gas, sempre più impiegato come fonte di energia alternativa al carbone per riscaldare case e uffici, ha raggiunto picchi di costo esagerati in tutto il mondo.

C’è da fare i conti poi con l’aumento dei prezzi per le quote Ets, ovvero i «permessi» che le aziende pagano per la CO2 prodotta. Da anni infatti è attivo il sistema del «chi inquina paga» per incentivare le aziende a ridurre le loro emissioni di gas serra. Un rialzo di queste «tasse» porta inevitabilmente con sé un aumento dei costi di produzione dell’energia e quindi un rincaro per i consumatori.

In un contesto dominato dal costante incremento della popolazione, destinata a sfondare quota 10 miliardi nel 20150, e quindi dalla crescita della domanda globale di energia ci hanno pensato anche le rinnovabili a far schizzare i costi delle bollette.

In piccola parte perché la scorsa estate l’Europa settentrionale ha pagato una riduzione delle forniture di energia da fonti eoliche causate dall’assenza di vento, in favore di quella derivata da centrali elettriche alimentate dai combustibili fossili.

L’aumento dei prezzi delle materie prime e il rincaro nelle bollette trova origine tuttavia anche nel ritardo sul fronte delle fonti rinnovabili comune a quasi tutta l’Europa. Che si traduce in tecnologie pronte ma ferme al palo per mancanza di investimenti e procedure troppo lunghe e macchinose per ottenere i permessi e il via libera ai lavori.

Nonostante il nostro Governo e quello europeo stiano spingendo l’acceleratore della transizione energetica, sul ruolo da protagonista indiscusso delle rinnovabili è salito dunque più di un dubbio. Confermato, tra l'altro, anche dall'ultimo rapporto dell'Ispi sugli scenari delle imprese per il 2022.

Il nucleare è green?

Chiedersi come riusciremo a soddisfare una domanda di energia già elevata e per di più crescente significa sbirciare dietro l’angolo delle rinnovabili.

E qui, ad attenderci, ecco che troviamo proprio lui, il nucleare: insieme al gas, rappresenta infatti l’altra possibilità – per ora almeno in potenza – per ottenere energia elettrica per tutti e con un impatto ambientale ridotto. Il riferimento, come vedrai più avanti, è ai reattori di IV generazione.

Un coinvolgimento delle tecnologie atomiche nella transizione green non è un’idea campata per aria. L’Unione europea a dicembre 2021 aveva proposto di includere il nucleare nella Tassonomia per la finanza sostenibile, indicandola dunque tra le risorse “green” su cui puntare.

La proposta ha trovato d’accordo la Francia, che tra le potenze europee è quella più fiduciosa nell’atomo “verde”. Il presidente Emmanuel Macron lo scorso ottobre 2021 aveva parlato di investimenti da 30 miliardi di euro per rilanciare il proprio paese, parte dei quali destinati proprio a sviluppare “reattori nucleari di piccole dimensioni – i cosiddetti Small modular reactors – per centrare decarbonizzazione e transizione.

Di opinione opposta invece è la Germania. Il cancellerie Olaf Scholz (succeduto ad Angela Merkel) recentemente ha definito l'uscita dal nucleare da parte della Germania una “scelta giusta. Noi abbiamo scelto altre strade, e spingeremo sulle energie rinnovabili”. 

E l’Italia? Al momento una presa di posizione ufficiale non c’è ancora. Significative però restano le parole del ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, che più volte si è espresso proprio in favore del nucleare.

Senza citare direttamente l’atomo, il premier Mario Draghi lo scorso ottobre aveva contribuito a fomentare il dibattito durante una delle conferenze stampa in occasione della Cop26 di Glasgow: “Nel lungo periodo dobbiamo essere consapevoli che le energie rinnovabili possono avere dei limiti – aveva detto Draghi – La Commissione europea ci dice che potrebbero non essere sufficienti per raggiungere gli ambiziosi obiettivi che ci siamo prefissati per il 2030 e il 2050. Quindi, dobbiamo iniziare a sviluppare alternative praticabili adesso, perché sarà possibile fruirne in pieno soltanto nel giro di alcuni anni”.

La crisi dei prezzi delle materie prime, il caro bollette e l’imminente decisione dell’Ue sulla Tassonomia hanno rilanciato la riflessione su quanto potranno fare da sole le rinnovabili e sequale spazio dovrebbe avere il nucleare nella transizione energetica.

I limiti delle rinnovabili 

Per affrontare questa riflessione e provare a rispondere al quesito di poc’anzi, e cioè come fare per soddisfare la domanda energetica dell’immediato futuro, secondo il professor Roberto Fazioli professore di Economia e Management all’Università di Ferrara, bisogna partire da due premesse.

La prima è la consapevolezza che da sempre “le fonti primarie di energia devono essere disponibili con certezza, facilità, programmabilità e sicurezza”. 

Requisiti che ogni tecnologia può raggiungere con il passare del tempo: “Tutte conoscono grandi o piccole innovazioni, incrementi di rendimento, efficienza ma anche minimizzazione degli sprechi e degli impatti ambientali”. 

L’energia che si produce con il nucleare oggi non è come quello di 30 anni fa e i pannelli fotovoltaici di prima generazione non sono performanti come quelli di nuova generazione.

La seconda premessa invece punta l’attenzione sulla cosiddetta Lca (o Life Cycle Assessment), la metodologia con cui si valutano le fonti energetiche considerando l’intero ciclo di vita di un prodotto, dalla produzione fino al suo smaltimento.

Su queste basi, per Fazioli dunque è bene che si riapra il dibattito su una fonte di energia come il nucleare. “A mio giudizio, una risposta sistemica alla crescita della domanda di energia non può arrivare solo ed esclusivamente dalle rinnovabili. C’è bisogno o di potenziare al massimo lo sviluppo della tecnologia CCS (quella di stoccaggio del carbonio, ndr) o di riprendere in mano il nucleare di nuova generazione e di cercare di recuperare il tempo perduto”.

Questo perché secondo l’esperto di Economia e Management serve “guardare oltre le quinte” e non fermarsi solo a Chernobyl o Fukushima: “Si fa presto a dire che il fotovoltaico è «green» ma chi lo estrae il cobalto dalle miniere in Congo? Che impatto ambientale hanno i processi di lavorazione del silicio e degli altri metalli rari?”. 

Sotto l’aspetto dell’efficienza e dell’innovazione tecnologica, poi riconosce più di un limite alle rinnovabili. Eolico e fotovoltaico sarebbero infatti discontinui e dipendenti da condizioni meteorologiche ingovernabili: “Con il nucleare questo problema non ci sarebbe. Potrebbe essere impiegato anche come soluzione per produrre energia e alimentare in maniera continua gli impianti per l’elettrolisi dell’acqua e la produzione di idrogeno (il cosiddetto idrogeno viola), un vettore energetico chiave nella strategia europea di decarbonizzazione”.

Il nucleare di cui parla Fazioli è ovviamente quello di quarta generazione. Come ci hanno spiegato sia il fisico Mariano Tarantino che il professor Marco Enrico Ricotti nei numeri precedenti di questa rubrica, queste tecnologie insieme agli Smr potrebbero garantire sicurezza, sostenibilità ambientale ed economicità  promettendo anche cambiamenti significativi in tempi molto rapidi.

Quindi?

Che cosa vogliamo dire, dunque? Che il nucleare è il bene del mondo? No. Ma nemmeno che debba essere escluso a priori nel ventaglio di possibilità con cui centrare la transizione energetica e garantire un futuro al Pianeta.

Ci conosci e sai che siamo fortemente convinti che che il peso del domani sia sulle spalle delle rinnovabili. Perché queste fonti non sono soggette a un esaurimento come lo è, per esempio, il carbone e anzi, sono capaci di rigenerarsi e perché la produzione di energia attraverso il sole, l’acqua, il vento, le biomasse, la geotermia o l’idroelettrico non inquinano e non emettono gas serra. Perché, insomma, sono fonti di energia pulite.

Riflettiamo sul nucleare, però, perché abbiamo capito che le rinnovabili da sole potrebbero non bastare.

Certo, ci problemi da risolvere. Oltre a quanto ci ha raccontato il professor Fazioli, servirà snellire i processi burocratici di attivazione dei progetti sostenibili e superare alcune lacune logistiche e tecnologiche insite nel Dna di queste risorse. In primis l’ammodernamento della rete e l’energy storage, ovvero la capacità di immagazzinamento e riutilizzo dell’energia prodotta scongiurando la i rischi della discontinuità.

Se è vero, ipotizziamo, che il nostro futuro energetico per l’80% dipenderà dalle rinnovabili, è altrettanto vero tuttavia che quel gap andrà colmato in qualche modo. Con il nucleare?

Di certo, non con i reattori “tradizionali”, quelli sì poco sostenibili economicamente e dal punto di vista ambientale. Magari puntando invece sulle tecnologie di IV generazione? Vedremo.

Il punto resta però fermo: non siamo “pro nucleare”, per niente, ma siamo per il futuro sostenibile.

Aspettiamo lo sprint decisivo sulle rinnovabili e nel frattempo siamo per un dibattito sano e onesto, che prenda in considerazione tutte le opzioni in grado di contribuire a respingere indietro la crisi climatica, senza demonizzarne nessuna a priori. Lo dobbiamo a noi stessi e al Pianeta.

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Giornalista fin dalla prima volta che ho dovuto rispondere alla domanda “Cosa vuoi fare da grande”. Sulla carta, sono pubblicista dal altro…