L’ecografia dell’addome completo è un esame medico tra i più prescritti dai medici di famiglia e dagli specialisti nella diagnosi del dolore addominale. D’altra parte, è abbastanza frequente che i pazienti che soffrono di questo disturbo si autoprescrivano un’ecografia addome completo con la speranza di trovare la causa dei loro dolori.
L’ecografia dell’addome rientra ordinariamente tra gli esami di primo livello usualmente prescritti per questo motivo. Il limite di questa iniziativa condotta in autonomia risiede, semmai, nella scarsa consapevolezza circa i limiti e le potenzialità di questo esame e, di conseguenza, nell’incapacità di inquadrarne i risultati e di attribuirvi il giusto peso.
Quel che è peggio, questa mancanza di consapevolezza può talvolta tradursi in una sensazione di frustrazione, una sensazione di “essere presi in giro”, che rischia di sfibrare il rapporto tra il paziente e il medico e di incrinare la fiducia nella capacità della medicina di fornire risposte.
Il ragionamento è semplice: “Non è possibile, io avverto un dolore all’addome, l’ecografia studia l’addome, di conseguenza, se l’ecografista non ha visto niente allora l’esame è stato condotto male”. E così via, in un percorso infinito, da un’indagine all’altra, da uno specialista all’altro. Senza un filo conduttore che dia un senso a tutto il percorso, non solo si allontana la possibilità di trovare una risposta, ma si buttano tempo e denaro.
Affinché il referto di un’indagine, qualunque essa sia, acquisisca questo tipo di valore è necessario che questa venga richiesta e interpretata alla luce di un contesto, di un quadro clinico. Come ho accennato più volte negli articoli precedenti, la chiave per fare questo è conoscerne le potenzialità e i limiti. A questo proposito, il ruolo della visita medica non dovrebbe ridursi soltanto alla prescrizione dell’esame strumentale o di laboratorio, ma dovrebbe contemplare anche la formulazione di un quesito diagnostico, poiché laddove esiste un’ipotesi l’indagine assume un orientamento preliminare che aiuta il medico ecografista a formulare suo referto.
Purtroppo, la formulazione di un quesito specifico non è sempre possibile, e questo è particolarmente vero nel caso di un sintomo così frequente e generico come il dolore addominale, a volte mal definibile persino dagli stessi pazienti che ricorreranno ad espressioni come “fastidio”, “gonfiore”, “fitte”, “crampi” ecc. In certi casi la richiesta di ecografia giunge corredata dalla descrizione “dolori addominali di natura da determinare”. In realtà, anche se può sembrare un’informazione inutile, questa espressione informa l’ecografista del fatto che, nel corso della visita medica, lo specialista non ha rilevato informazioni, sintomi o segni clinici che gli hanno permesso di formulare un’ipotesi più specifica.
Prima di continuare a discutere il ruolo dell’ecografia nella diagnosi differenziale del dolore addominale, è opportuno accennare a una distinzione generale ma molto importante dal punto di vista clinico. Il dolore addominale può presentarsi come un sintomo isolato oppure associato a una variegata serie di altri disturbi. Le caratteristiche del dolore (durata, intensità, localizzazione, ecc.) e gli eventuali sintomi associati aiutano il medico ad orientarsi all’interno di un ventaglio di ipotesi.
Da una parte dello spettro troveremo il dolore addominale acuto che si accompagna a sintomi e/o segni “di allarme”. Si tratta di tutte quelle situazioni in cui già ad un inquadramento preliminare il paziente è meritevole di attento monitoraggio e approfondimento diagnostico. Generalmente vengono gestite in pronto soccorso.
All’estremo opposto troviamo il paziente con dolore addominale cronico (magari da anni), ricorrente-intermittente, non associato a sintomi o segni di allarme. L’obiettivo di questo distinguo è la stratificazione dei pazienti in base al rischio, in altre parole: in base al quadro clinico mi pongo obiettivi diversi e mi aspetto risultati diversi. In tutti i casi l’ecografia svolge un ruolo importante come esame di primo livello, ma diversi saranno gli obiettivi e i reperti riscontrati.
Pochi pazienti sanno che la maggior parte delle cause di dolore addominale è legata ad una patologia del tratto gastroenterico (gastrite, colite, ecc.) e che l’ecografia dell’addome completo non è un esame mirato allo studio del tubo digerente. Questo non significa, ovviamente, che si tratti di un esame inutile, tutt’altro.
È necessario fare i conti con il dato clinico che esiste una quota di significativa di pazienti che, a fronte di sintomi che sono ben noti (soprattutto a loro stessi), rimarrà “delusa” nel trovarsi di fronte ad un referto di normalità. Secondariamente, è bene ricordare che anche un referto negativo (ovvero che non descrive rilievi patologici) è comunque un tassello importante all’interno di un percorso diagnostico, poiché permette di escludere con ragionevole certezza alcune condizioni, di allontanare l’ipotesi di altre: in sintesi, consente di liberare delle risorse da convogliare sulle ipotesi restanti.
L’ecografia può individuare o sospettare solo alcune cause di dolore addominale. La sua importanza nel percorso diagnostico è dovuta al fatto che si tratta di un esame quasi sempre disponibile, non invasivo e ripetibile all’occorrenza.
In alcuni pazienti la sintomatologia depone per un particolare sospetto diagnostico, per esempio, una colica renale. In questi casi l’indagine ecografica è orientata innanzitutto a ricercare i segni ecografici che confermano l’ipotesi e in un secondo tempo può essere estesa a una valutazione generale delle altre strutture.
Nel caso di una colica biliare secondaria alla calcolosi della colecisti, l’ecografia rappresenta quasi sempre un esame risolutivo per porre la diagnosi e iniziare un trattamento.
Lo stesso accade, per esempio, nel caso di grossolane formazioni litiasiche (calcoli) renali che causano una dilatazione delle vie urinarie. Non sempre tuttavia la risposta è così evidente.
Voglio ora prendere in considerazione quella che è una casistica molto vasta: si tratta di pazienti che non hanno un dolore acuto, ma che piuttosto raccontano di convivere con questo disturbo per mesi o anni. Nella maggior parte dei casi, dopo aver svolto svariate indagini, lo specialista gastroenterologo o il medico curante pongono una diagnosi di “colon irritabile” o questi sintomi sono correlati a disturbi “funzionali”, un’espressione a volte utilizzata in modo superficiale o improprio che rimanda a tutta una serie di condizioni in cui la funzionalità dell’organo è sub-ottimale a causa di fattori concomitanti (ormoni, alimentazione, stress) in assenza di una causa organica rilevabile. Per causa organica si intendono per esempio una massa, un calcolo, un’ostruzione meccanica.
Si tratta, ovviamente, di una distinzione un po’ pressapochistica (il discorso è molto più complesso e la linea di demarcazione tra questi due ambiti non è così netta, qualora volessimo affrontarla con il rigore che è richiesto al linguaggio scientifico). Ebbene, in tutti questi casi, il ruolo dell’ecografia è soprattutto un ruolo di esclusione, vale a dire: escludere altre cause di dolore addominale che l’ecografia riesce a ordinariamente a individuare o sospettare.
L’esempio tipico è quello di un paziente, più frequentemente donna in giovane età, con dolore addominale ricorrente da mesi o anni e localizzato ai quadranti superiori dell’addome. In assenza di altri segni o sintomi particolari, spesso in questi casi l’ecografia consegna un referto di assoluta normalità. Verosimilmente, l’indagine si sposterà sul fronte gastroenterologico e molto spesso porta ad una diagnosi di “colonpatia su base funzionale”.
Diverso è il caso del paziente con dolore addominale localizzato elettivamente nell’ipocondrio destro (al di sotto dell’arcata costale), il quale chiaramente suggerisce l’ipotesi di calcolosi della colecisti. In questi casi il medico è in grado generalmente di formulare un sospetto diagnostico più preciso (in questo caso la calcolosi della colecisti) e, nella stragrande maggioranza dei casi, l’ecografia è in grado di confermare o smentire tale sospetto, ed eventualmente di avviare il paziente alla valutazione chirurgica.
Come medici clinici, è spesso difficile rapportarci con la frustrazione del paziente che lamenta un dolore addominale da anni e si sente dire “l’esame è normale”. Purtroppo, come cerco sempre di spiegare alla fine di ogni esame, l’ecografia dell’addome è un esame mirato soprattutto allo studio degli organi solidi, e le patologie a loro carico rappresentano solo una quota, seppure non trascurabile, delle cause di dolore addominale.
Questo dato non indebolisce in alcun modo il razionale clinico che vede l’ecografia tra gli esami di primo livello all’interno di un percorso diagnostico, semmai lo rafforza: non c’è motivo di non impostare un percorso diagnostico proprio dalla ricerca di tutta una serie di condizioni che sono potenzialmente diagnosticabili con un esame versatile, non invasivo e dal costo limitato.