Alla luce delle numerose peculiarità dell’ecografia, non deve stupire che lo studio ecografico della regione addominale sia una delle indagini diagnostiche più richieste dai medici di famiglia e dagli specialisti. Inoltre, trattandosi di un’indagine non invasiva e dal costo limitato, viene spesso auto-prescritta dai pazienti, per i motivi più svariati, frequentemente motivata con un generico obiettivo di “prevenzione”.
Quando prescritta dal medico, la richiesta di ecografia dell’addome viene generalmente formulata, insieme agli esami di laboratorio, come indagine di prima istanza all’inizio di un percorso diagnostico (tipicamente, nella diagnosi differenziale del dolore addominale) oppure nell’ambito di un percorso di monitoraggio di una condizione già nota in precedenza (per esempio, un follow-up oncologico). In alcuni contesti l’ecografia rappresenta un esame complementare ad altre indagini di diagnostica per immagini, in virtù della sua versatilità e prestazioni, che rendono questa metodica uno strumento sempre più insostituibile nella pratica clinica.
Proverò quindi a spiegare i limiti e l’ambito di applicazione dell’ecografia nello studio della ragione addominale, allo scopo di favorire una maggiore consapevolezza da parte dei pazienti rispetto al ruolo dell’indagine ecografica all’interno del percorso diagnostico. Quello che faremo sarà quindi dare un orientamento preliminare a partire dalla domanda: “Cosa studia l’ecografia dell’addome?”, la quale può essere opportunamente riformulata come segue “Cosa è legittimo aspettarsi di “vedere” con l’ecografia dell’addome? E cosa invece non rientra nell’ambito di applicazione usuale di questa metodica?”.
Per tutta una serie di ragioni, l’espressione “ecografia dell’addome” può risultare fuorviante ai non addetti ai lavori. A questo proposito, quando si parla di ecografia dell’addome, è importante sottolineare che essa non offre informazioni su tutte le strutture che fanno parte di questo distretto anatomico. Questo dipende da ragioni tecniche, relative cioè ai principi di funzionamento della metodica, ma non solo.
In primo luogo, l’ecografia è un esame molto prezioso per studiare alcuni aspetti del nostro organismo e pressoché inutile per altri. Secondariamente, quando parliamo di “ecografia addominale”, ci riferiamo specificamente all’ambito dell’ecografia internistica, ovvero della diagnostica ecografica applicata ai problemi della medicina interna.
Per fare un esempio, lo studio di un’ernia ombelicale può essere effettuato in maniera efficace attraverso l’ecografia, ma non rientra ordinariamente nell’ambito della cosiddetta "ecografia internistica", che si rivolge ovvero allo studio degli organi interni, le cui affezioni sono generalmente appannaggio di questa branca della medicina. Di conseguenza, sarebbe scorretto prenotare un’"ecografia addome completo" con l’aspettativa di ottenere una refertazione dell’ernia ombelicale, perché lo studio delle ernie rientra nell’ambito dello studio della "parete addominale".
Queste premesse sono utili per sgomberare fin da subito il campo da possibili equivoci: l’oggetto di quell’indagine ecografica che rientra convenzionalmente sotto l’espressione di “ecografia dell’addome”, sono gli organi solidi contenuti all’interno della cavità addominale.
In realtà, a voler essere rigorosi dal punto di vista anatomico, vi sono alcune eccezioni, come la cistifellea, la vescica e l’aorta addominale. La cistifellea e la vescica infatti sono organi cavi, tuttavia, se il paziente esegue la preparazione adeguatamente, le pareti di questi organi risultano distese dal contenuto al loro interno, rispettivamente la bile e l’urina, e pertanto possono essere studiate efficacemente. L’aorta addominale invece è il vaso sanguigno di calibro maggiore del corpo umano ed è attraversato da un elevato flusso sanguigno (ha pertanto contenuto liquido) che lo rende quasi sempre esplorabile nel suo tratto addominale.
Il tratto gastrointestinale (stomaco, intestino) può apparire come il grande escluso da questo elenco, dal momento che il sintomo principalmente associato all’addome, e cioè il dolore addominale, risulta spesso collegato a patologie a suo carico. Si potrebbe archiviare la questione richiamando il fatto che non si tratta di organi solidi, bensì cavi, ma la questione è più complessa e verrà ripresa più avanti.
Generalmente, lo studio ecografico dell’addome viene condotto in modo differenziato e mirato a seconda del distretto di interesse, per cui si distinguono l'ecografia addome completo, l'ecografia addome superiore, l'ecografia addome inferiore.
Si tratta, ovviamente, di diciture generiche e convenzionali, ogni centro diagnostico ospedaliero o sul territorio può infatti identificare diciture più specifiche, per esempio “ecografia apparato urinario”, “ecografia renale” ecc., che riguardano specificamente alcuni sotto-distretti in particolare.
Per questo motivo è importante che la richiesta di indagine sia accompagnata dal quesito diagnostico: solo in questo modo lo specialista può infatti orientare la sua ricerca in modo efficace. Altrimenti, l’esplorazione di un distretto vasto e ricco di “trappole” quale è quello addominale, può portare non solo a una mancata risoluzione del problema, ma a disorientare il percorso diagnostico con il rinvenimento di reperti incidentali.
In linea generale, possiamo affermare che il referto di un’ecografia addominale dovrebbe ricomprendere una menzione di tutte le strutture indicate nella prima parte di questo articolo. Dovrebbe risultare ormai ovvio che, anche tra gli organi che sono oggetto di indagine nell’ambito dello studio dell’addome, non tutti possono essere indagati con lo stesso livello di approfondimento. In altre parole, questo significa che l’ecografia è un’indagine molto indicata per offrire risposte a quesiti specifici e inappropriata per altri.
Ovviamente questo aspetto trova la sua trasposizione nell’atto della refertazione. Senza entrare nel merito dei dettagli tecnici, offrirò alcuni esempi per chiarire quanto sto dicendo.
Il fegato, per esempio, potremmo definirlo come l’organo “principe” dello studio ecografico: la sua collocazione anatomica, le sue dimensioni e la natura parenchimatosa (ovvero “solida”, “piena”) lo rendono infatti un organo ideale per essere studiato con questa metodica. Questo non significa, ovviamente, che sia sempre possibile studiarlo nel suo complesso o che la diagnostica ecografica possa in alcun modo sostituirsi ad altre metodiche, cosiddette di II livello, come la TC e la RMN.
I reni sono un altro esempio di organi suscettibili di essere studiati in modo esaustivo con l’ecografia. Accade talvolta, in alcuni pazienti obesi o estremamente meteorici (ovvero con molta aria intestinale), che la valutazione di questi organi sia limitata o parziale. In questi casi, a seconda del quesito diagnostico, potrà essere opportuno ripetere l’esame in un secondo momento o orientarsi verso un’altra metodica.
Un discorso a parte deve essere fatto, per esempio, per la regione pancreatica. Purtroppo, le malattie neoplastiche del pancreas sono tristemente note per essere spesso associate ad una prognosi infausta. Per questa ragione non è infrequente che alcuni pazienti scelgano in autonomia di sottoporsi a un’ecografia dell’addome a scopo “preventivo”, con l’obiettivo dichiarato di escludere la presenza di patologie a carico del pancreas.
Purtroppo, fatta la debita premessa che non esiste alcuna indagine diagnostica in grado di escludere con certezza assoluta la presenza di cellule cancerose all’interno di un determinato organo, la questione risulta ancora più scivolosa per quanto riguarda il pancreas. Lo studio ecografico del pancreas infatti è limitato dalle dimensioni, relativamente piccole, dell’organo, dalla sua composizione, e soprattutto dalla sua collocazione.
Come si evince osservando una qualsiasi tavola anatomica, il pancreas è l’organo più profondo della cavità addominale e si localizza dietro il fegato, parte dello stomaco e della matassa intestinale, per questo motivo la sua visualizzazione è inficiata dall’interferenza acustica prodotta dalle altre strutture.
Nella maggior parte dei casi, il pancreas può essere visualizzato solo in parte, più frequentemente a livello della porzione centrale, il cosiddetto “corpo” del pancreas. Per questo motivo, nei referti ecografici, in alcuni casi si preferisce riferirsi genericamente non tanto all’organo in sé, ma alla loggia pancreatica, ovvero la regione anatomica dove usualmente risiede.
In questi casi, più che allo studio del pancreas come organo in sé, la valutazione viene condotta rispetto all’esplorazione della regione nel suo complesso, rispetto alla quale può essere necessario limitarsi ad escludere la presenza di abnormi tumefazioni che ne occupano lo spazio.
Un discorso per certi versi analogo può essere fatto per la prostata o i genitali interni nella donna. In entrambi i casi si tratta di strutture relativamente profonde e dalle dimensioni contenute, per questo solo parzialmente accessibili al fascio ultrasonoro. La valutazione per via sovrapubica, ovvero con la sonda appoggiata sulla pancia, presenta dei limiti tecnici rappresentati dall’interferenza della parete addominale e delle strutture interne, generalmente l’intestino. Uno studio più approfondito di queste strutture viene condotto con un approccio “interno”, rappresentato rispettivamente dall’ecografia transrettale nell’uomo e dall'ecografia transvaginale nella donna.
Una volta eseguito l’esame, il referto dell’indagine ecografica, affinché possa offrire informazioni utili alla soluzione di un problema diagnostico, dovrebbe sempre essere interpretato alla luce della clinica, ovvero delle condizioni generali del paziente, dell’anamnesi (la sua storia) e dei risultati di indagini complementari (per esempio, gli esami di laboratorio).
Come accennato in precedenza, tra gli organi oggetto d’indagine nell’ambito dell’ecografia dell’addome non è stato menzionato l’intestino. Quando un paziente pensa all’addome, alla “pancia”, la prima cosa che viene in mente è l’intestino, ovvero quel lungo tubo di circa sette metri che presiede ai processi digestivi e all’assorbimento dei nutrienti.
In realtà, trattandosi di un organo cavo, le metodiche di scelta per studiarlo sono quelle di tipo endoscopico, ovvero che entrano all’interno dell’organo con una sonda e osservano la mucosa dal suo interno (rispettivamente, colonscopia per la parte “bassa” e gastroscopia per quella “alta”).
In tempi più recenti, si è capito che in alcuni casi le patologie che interessano l’intestino determinano delle alterazioni della parete del viscere, causandone, per esempio, un ispessimento locale della stessa. Queste alterazioni focali del viscere sono in alcuni casi apprezzabili all’indagine ecografica, che può dunque rappresentare una buona metodica di primo livello per lo studio di alcune patologie intestinali (e in particolare dunque quelle che determinano alterazioni della parete).
Lo studio ecografico dell’intestino rientra generalmente sotto la dicitura di Ecografia delle anse intestinali, che esula dall’ecografia addome completo, e rappresenta un esame estremamente “fine” dal punto di vista della sua esecuzione e interpretazione, per questo motivo la richiesta di questa indagine dovrebbe sempre essere adeguatamente circostanziata in ambito gastroenterologico.