
L’embolia polmonare (anche chiamata trombo-embolia polmonare) è l’occlusione di uno o più di quei vasi che portano il sangue dal cuore al polmone: le arterie polmonari. Questa occlusione può essere acuta, cronica o presentarsi in modo ricorrente.
“Embolia” è una parola che deriva dal greco e significa “ciò che si inserisce”. Parlando di embolia polmonare ci riferiamo, infatti, all’embolo, un coagulo di sangue che si è formato lontano dal polmone e che ha deciso di trasferirsi proprio qui.
Il coinquilino indesiderato deriva il più delle volte da una malattia che colpisce le gambe e in misura minore la pelvi: la trombosi venosa profonda (TVP). La TVP, come suggerisce il nome, è la formazione di un trombo, un vero e proprio "tappo" nelle vene profonde delle gambe che provoca dei sintomi tipici. Per diverse cause, un coagulo di sangue si può staccare dal “domicilio principale” per percorrere la strada che separa le gambe dal polmone, andandosi a inserire nei rami arteriosi di questo distretto.
La trombosi delle vene delle braccia o del torace è invece una condizione meno comune, anche se ultimamente è in aumento a causa delle manovre invasive (come i cateteri venosi centrali utilizzati in ambito ospedaliero) ma che raramente causa il distacco dell’embolo ed embolia polmonare vera e propria.
La causa principale dell’embolia polmonare è la trombosi venosa profonda, una condizione derivante dall’alterazione della circolazione periferica del sangue, in particolare quella delle gambe e della pelvi. Per questo motivo dobbiamo ricercare le cause di questa malattia.
I meccanismi biologici che contribuiscono alla trombosi sono tre:
Esistono alcune situazioni, alcune genetiche e alcune acquisite, che contribuiscono a rendere il sangue meno “fluido” e aumentano il rischio che coaguli all’interno dei vasi (e non ad esempio quando si deve formare la “crosta” dopo una ferita).
Nonostante esistano dei geni responsabili dell’ipercoagulabilità del sangue, fortunatamente queste condizioni sono la minoranza delle embolie polmonari e, soprattutto, la maggior parte di chi ha la mutazione poi non sviluppa mai la malattia tromboembolica.
Una volta che il trombo si è formato, ad esempio in una vena del polpaccio, allora si ha un rischio molto alto che da qui si “stacchi” una piccola porzione, l’embolo, e che viaggi attraverso le vene del corpo per raggiungere il cuore, e dal cuore il polmone.
I sintomi dell’embolia polmonare dipendono dal fatto che la circolazione sanguigna del polmone è bloccata parzialmente o totalmente e quindi il tessuto può andare incontro a dei problemi anche molto gravi.
La circolazione sanguigna è il nutrimento di ogni organo del nostro corpo, e così anche del polmone. Se questa è compromessa allora le funzioni principali del polmone potranno esserlo a loro volta, come la capacità di ossigenare il sangue, regolare il diametro delle vie aeree, e distendere il tessuto polmonare.
Il danneggiamento delle funzioni polmonari è responsabile dei sintomi e segni principali dell’embolia polmonare, e la presentazione clinica dipenderà dalla gravità del quadro. Ricordiamo che a volte i sintomi possono essere vaghi e aspecifici.
I sintomi possono essere:
La dispnea e il dolore toracico sono i sintomi più frequenti, mentre altri sintomi meno abituali possono essere:
Nei casi di embolia massiva si hanno, oltre alla dispnea grave:
Una cosa molto importante da ricordare è che la compromissione importante e prolungata della circolazione polmonare può ripercuotersi “a monte” sul cuore, e per la precisione sul ventricolo destro.
Il ventricolo destro è la camera cardiaca in collegamento diretto con le arterie polmonari, proprio perché a questo livello il sangue passa dal cuore ai polmoni per essere ripulito dalle scorie del corpo e ossigenato. Se l’embolo impedisce la libera circolazione di sangue nei vasi polmonari in maniera prolungata, allora la pressione a monte dell’ostruzione aumenterà e, a lungo andare, potrebbe produrre una disfunzione ventricolare (chiamata anche scompenso cardiaco destro).
Lo scompenso cardiaco destro è il problema più grave nella malattia embolica polmonare e rappresenta la causa di morte più frequente.
Come abbiamo detto, esistono dei quadri clinici diversi secondo la gravità della malattia, che di conseguenza saranno più pericolosi a seconda del rischio:
La diagnosi di embolia polmonare è tipicamente fatta con gli esami strumentali. I sintomi e la clinica di per sé, infatti, spesso non danno la certezza di trovarsi di fronte a un’occlusione delle arterie polmonari, oppure a volte la persona potrebbe avere solo un po’ di tosse.
Ecco perché è importante l’indagine della storia personale del paziente alla ricerca dei fattori di rischio per trombosi venosa, lo studio dei sintomi e segni insieme a tutta una batteria di esami che vanno a confermare o escludere il sospetto del medico.
Gli esami diagnostici hanno lo scopo di ricercare i segni che l'embolia da di sé nel sangue e sono:
Ci sono poi altri esami per il cuore e le vene delle gambe che studiano rispettivamente la salute cardiaca e la localizzazione del trombo da cui è partito l’embolo. Questi esami sono:
Una volta trovato l’embolo nell’albero arterioso polmonare, il primo obiettivo è ovviamente quello di eliminarlo tenendo conto del rischio personale del paziente.
Il coagulo si può distruggere grazie ai farmaci che hanno come bersaglio proprio l’embolo (trombolisi), oppure è asportato con delle manovre più invasive (embolectomia). A volte, se il rischio individuale è basso, si possono utilizzano solo dei farmaci che rendono più fluido il sangue (gli anticoagulanti).
Per tutti noi è importante uno stile di vita sano fatto di attività fisica regolare, abolizione delle brutte abitudini (il fumo) e mantenimento del peso ottimale per la salute. Questi accorgimenti sono fondamentali per chi ha alcuni dei fattori di rischio per la trombosi venosa o, a maggior ragione, per chi ha avuto purtroppo un episodio.
Fonti| Principi di Medicina Interna, Harrison, McGrawHill, 2005; Malattie dell’apparato respiratorio, Harrison, Casa Editrice Ambrosiana, 2012