Sicuramente hai già sentito parlare di leucemia. Ma sai che ne esiste più di un tipo? In questo caso ti parleremo della forma linfatica cronica, un tumore del sangue che provoca un eccessivo accumulo di linfociti. Come potrai immaginare, stiamo parlando di una tipologia che si differenzia da quella acuta e colpisce soprattutto le persone più anziane. Approfondiamo.
La leucemia linfatica (o linfocitica) cronica è una patologia in cui i linfociti B maturi (ossia quelle cellule che producono gli anticorpi) si accumulano nel sangue, nel midollo osseo, nei linfonodi e nella milza. Ma perché viene definita cronica? Il motivo è semplice: il suo decorso è molto lento, spesso non mostra sintomi se non in fase avanzata, quindi chi si ammala in molti casi può continuare a svolgere una vita normale per molti anni, senza fare ricorso ad alcuna terapia e soprattutto senza accorgersi di essere malato.
In questo caso specifico, i linfociti anche se si presentano come normali non sono però in grado di difendere a dovere l’organismo. Così, crescono eccessivamente in termini numerici e finiscono con il gonfiare i tessuti in cui si accumulano. Gli stadi in cui si sviluppa la malattia sono quattro.
Per quanto riguarda le cause della leucemia linfatica cronica, non si conoscono con certezza. Un’ipotesi potrebbe essere l’esposizione ad alcuni fattori ambientali, ma è ancora tutto da dimostrare. Quello che è certo è, invece, che anche se non si tratta di una malattia genetica, la familiarità ha un suo peso tra i parenti di primo grado del malato. Se quindi sei a conoscenza di un tuo familiare con questa diagnosi, ti consiglio di prestare più attenzione ad aventuali sintomi e di eseguire qualche controllo periodico mirato.
Vediamo ora a quali sintomi devi prestare attenzione per dubitare della presenza di questa patologia, anche se, come ti vogliamo sottolineare, spesso nelle fase iniziali è una malattia asintomatica. Quindi, non avvertirai alcun particolare segnale sospetto e la tua salute sarà la stessa di sempre. Negli stadi iniziali della LLC, l’unico segnale viene dalle analisi del sangue, con l’aumento della conta leucocitaria. Nelle fasi più avanzate, invece, si presenteranno anche manifestazioni specifiche. Ecco le principali e più frequenti:
Molto frequente è anche l'ingrossamento di due organi: milza (splenomegalia) e fegato (epatomegalia). A tutto questo si può aggiungere, a causa dell’aumento dei linfociti che fa sì che il midollo osseo non produca nuove cellule di difesa, altri disturbi come infezioni frequenti, febbre e sudorazione.
Il primo esame che sicuramente il medico prescrive è quello del sangue, per valutare il numero delle cellule. Se i linfociti che hai nel sangue sono maggiori di 5.000/mmc il sospetto sarà forte. Tuttavia, come potrai immaginare, il medico ti chiederà di svolgere ulteriori approfondimenti per avere la certezza. Ecco quindi che partirà un iter ben preciso che ha inizio con un esame morfologico, ossia l’osservazione dello striscio di sangue al microscopio, e l’immunofenotipo (sempre eseguito sul sangue periferico), che serve per fare una distinzione tra le cellule di LLC e i linfociti normali da altre forme di linfoma.
Quando poi la diagnosi viene confermata, devi sapere che è molto importante capire a quale stadio è la patologia, e quindi servono altri approfondimenti:
A questi poi, prima di iniziare qualsiasi trattamento vengono di solito accostati l’agoaspirato del midollo osseo e la biopsia ossea. È, invece, piuttosto rara la biopsia dei linfonodi proprio perché viene effettuata solo quando le risposte dagli esami del sangue non sono soddisfacenti.
Quando si sta curando questo tipi di leucemia raramente si ricorre a chirurgia e radioterapia. Ecco quali sono di norma le scelte in fatto di cure. Stiamo parlando una patologia cronica che ha normalmente un decorso piuttosto lento, a tal punto che a volte non si parte con una cura ma lo specialista preferisce osservare la sua “maturazione”, in termini tecnici, appunto, il suo decorso grazie a precisi e puntali controlli.
In alcuni casi viene anche scelta la chemioterapia (talvolta in abbinamento ad anticorpi monoclonali), che può essere somministrata per bocca, per vena o anche usando un catetere che viene messo tra due vertebre lombari. L’associazione ai monoclonali avviene proprio perché questi ultimi aiutano l’organismo a riconoscere e combattere le cellule tumorali, quelle “cattive” per intenderci. Per chi poi, non risponde bene alla chemioterapia c’è un’altra soluzione, ossia le cellule staminali. Ma come funzionano? Si trapiantano delle cellule sane, naturalmente da donatore compatibile, in modo tale che sostituiscano quelle malate e che l’organismo sia stimolato a reagire.
Fonti| Fondazione Veronesi, Airc