Leucemia linfatica cronica: una nuova terapia potrebbe bloccare la progressione della malattia

Lo studio è ancora in corso, ma i risultati finora sono più che soddisfacentI: tra i pazienti che hanno provato la nuova terapia, basata sulla combinazione tra venetoclax e obinutuzumab, l’88% non mostrava più alcuna progressione della malattia. Nessun trattamento utilizzato oggi ha fatto registrare questi numeri.
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Giulia Dallagiovanna 6 Giugno 2019
* ultima modifica il 17/05/2021

La leucemia linfatica cronica è una delle forme di leucemia più ricorrenti. In media, su tre pazienti, uno di loro avrà contratto questa tipologia specifica. Ma c'è una precisazione da fare: le persone più soggette sono quelle che si avvicinano o hanno superato la soglia dei 70 anni. Per questa ragione, quando si pensa a una possibile cura, bisogna anche ricordarsi che non vale la pena arrivare a dosi tossiche di farmaci, ma è meglio puntare a raggiungere un equilibrio fra possibilità di sopravvivenza e qualità della vita. E proprio in questa direzione va lo studio delle università tedesche di Colonia e Bonn, nel quale si dimostra come l'utilizzo di due farmaci in combinazione riduca del 65% la progressione della malattia.

Il primo di questi è il venetoclax e il suo compito è, in poche parole, indurre la morte nelle cellule maligne. Nella leucemia linfatica acuta, le particelle cancerogene presentano la proteina BCL2 che, di fatto, preclude il processo di disintegrazione naturale. Questo preparato è in grado di colpire la proteina e rimuovere il freno che impedisce la fine del ciclo vitale. In combinazione con l'obinutuzumab, già sperimentato in diversi studi, ha ridotto, quando non bloccato del tutto, la progressione del tumore.

Sono state coinvolte 196 istituzioni mediche da 21 diversi Paesi del mondo

La ricerca, tutt'ora in corso, ha coinvolto 196 istituzioni mediche di 21 diversi Paesi del mondo. In tutto sono stati esaminati 432 pazienti con un'età media di 72 anni. Alcuni hanno ricevuto un trattamento a base di venetoclax e obinutuzumab, ad altri invece il primo è stato sostituito con il clorambucil, un nome che a te probabilmente non dirà nulla, ma che in realtà aveva già dimostrato la propria efficacia in diversi test effettuati in precedenza.

Dopo 24 mesi di terapia, nel gruppo che aveva ricevuto le cure tradizionali il 64,1% non mostrava progressione della malattia. Un ottimo risultato, ma che è apparso insoddisfacente di fronte all'88,2% ottenuto grazie alla combinazione di venetoclax e obinutuzumab. E gli effetti collaterali che questi trattamenti spesso provocano erano praticamente identici per entrambi.

Se il proseguimento dello studio continuerà a riportare questi risultati, significa che saremo di fronte a una terapia più efficace di quelle mai sperimentate finora e che la leucemia linfatica cronica potrebbe far sempre meno paura.

Fonte| "Effect of fixed-duration venetoclax plus obinutuzumab (VenG) on progression-free survival (PFS), and rates and duration of minimal residual disease negativity (MRD–) in previously untreated patients (pts) with chronic lymphocytic leukemia (CLL) and comorbidities" pubblicato sul sito dell'American Society of Clinical Oncology il 4 giugno 2019 

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