L’infermiere territoriale: cosa fa la figura istituita per legge dal Decreto Rilancio

Un infermiere che viene direttamente a casa tua per aiutarti ad assumere le terapie o a cambiare un’eventuale medicazione. In alcune regioni questa figura era già attiva e faceva parte dell’ADI, l’Assistenza domiciliare integrata, ma con il nuovo decreto viene estesa a tutto il territorio nazionale.
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Giulia Dallagiovanna 15 Maggio 2020
* ultima modifica il 22/09/2020

Quella dell'infermiere territoriale è una figura che esiste già in alcune regioni, ma con il Decreto Rilancio, firmato il 13 maggio 2020, viene ufficialmente istituita per legge ed estesa a tutta l'area nazionale. Come forse potrai immaginare, si tratta di un professionista che assiste il paziente direttamente a domicilio, trasformando quindi le varie case in "ospedali in miniatura".

E questa possibilità offre diversi vantaggi, prima di tutto dal punto di vista del risparmio. Si riducono infatti i codici bianchi nei pronto soccorsi, non si rischia di occupare tutti i letti disponibili in un ospedale e si riesce meglio a prevenire la progressione della malattia. E poi rappresentano un supporto emotivo e psicologico anche per la famiglia, che può rimanere unita e non sentirsi sola.

Fino a questo momento, l'infermiere territoriale lavorava soprattutto con malati cronici, oncologici oppure disabili. Ora si è pensato di destinarlo anche all'assistenza di persone affette da Covid-19 o in isolamento domiciliare, proprio per alleggerire la pressione sugli ospedali che ha provocato il tutto completo nei reparti già durante le prime settimane di epidemia.

Chi è

L'infermiere territoriale, definito anche "di famiglia" o "di comunità", è una figura che lavora in stretta collaborazione con il medico di Medicina Generale e che rimane fuori dall'ospedale e da altre strutture sanitarie. Il suo ruolo infatti è quello di assistere il paziente a domicilio. Entra insomma in casa tua per aiutarti ad assumere le terapie o per controllare eventuali medicazioni. Si rivolge ai pazienti cronici o disabili. A tutti coloro i quali, insomma, non hanno bisogno di un ricovero vero e proprio ma non possono fare a meno del supporto quotidiano di un professionista.

Di norma è parte di una mini equipe che va a costituire l'ADI, l'Assistenza domiciliare integrata. A capo rimane il medico che prescrive la cura da seguire, mentre all'interno di questa interagiscono alcuni professionisti sanitari, come appunto l'infermiere o il fisioterapista. Proprio come il medico di famiglia, l'infermiere è un libero professionista che lavora in convenzione con il Sistema sanitario nazionale.

Cos'è l'ADI

ADI è una sigla che sta per Assistenza domiciliare integrata, anche se magari tu comunemente le chiamerai cure domiciliari, ed è attuata dall'equipe di cui ti parlavo prima. Lo scopo è quello di valutare la persona, le sue condizioni di salute e le sue necessità e attivare poi un'assistenza specifica e personalizzata.

L'ADI può arrivare a comprendere anche le cure palliative

Questo intervento può articolarsi in diversi livelli, fino ad arrivare alle cure palliative. In alcune regioni d'Italia vengono messi in campo veri e proprio interventi specializzati per i malati che hanno bisogno di cure intensive, ma non del ricovero, in quanto considerati stabili o cronici e per chi è affetto da tumore.

A fianco all'ADI esiste anche l'Assistenza Domiciliare Prestazionale, che si articola però in visite occasionali o che vanno avanti solo per un breve periodo.

Cosa fa l'infermiere territoriale

Prima che il lavoro dell'infermiere territoriale cominci, deve essere approvato un PAI, cioè un Piano di assistenza individuale, che viene compilato da parte di un'Unità di valutazione territoriale inviata dall'azienda sanitaria della zona e del medico di famiglia. È solo a quel punto, interviene l'infermiere.

Il suo tipo di assistenza è sicuramente sanitaria, ma questa figura può diventare un supporto anche dal punto di vista psicologico, per aiutare le famiglie a convivere con il peso della malattia e a non sentirsi da sole. Nella pratica, si occupa di somministrare terapie per via infusiva, effettuare medicazioni semplici o complesse quando sono presenti lesioni, prelevare il sangue per le analisi se necessario, gestire presidi necessari al paziente come il catetere vescicale, la PEG, una sonda per la nutrizione artificiale e così via.

Come potrai immaginare, se il paziente è in terapia intensiva avrà invece bisogno di cure più specialistiche, ma anche l'approccio emotivo e psicologico risulterà più complesso.

Cosa prevede il decreto

Con il decreto Rilancio questa figura, già presente in diverse regioni d'Italia, viene invece istituita per legge, con particolare riferimento all'emergenza coronavirus. L'articolo 1, in particolare, prevede che le aziende sanitarie territoriali possano assumere lavoratori autonomi per attivare l'assistenza domiciliare per un arco di tempo compreso tra il 15 maggio e il 31 dicembre 2020, mentre a partire dal nuovo anno potranno avere un contratto a tempo indeterminato. Saranno 9.600 gli infermieri che potranno prendere servizio a livello nazionale, per un massimo di 8 ogni 50mila abitanti. Decisamente meno, però, rispetto a quanto suggeriva FNOPI (Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche): 31mila infermieri in tutto, in modo da averne 1 ogni 500 pazienti.

Secondo il provvedimento, queste nuove figure dovranno prendere in carico il paziente affetto da Covid-19, ma che non ha bisogno del ricovero in ospedale, oppure una persona in isolamento domiciliare per garantirgli assistenza. In poche parole, rimanere sempre informato rispetto a temperatura corporea e saturazione e aiutare nella somministrazione delle terapia o nell'apporto di ossigeno in caso di insufficienza respiratoria.

Oltre a loro, dovranno anche occuparsi dei malati cronici, disabili e persone con disturbi mentali o situazioni di fragilità.

Fonte| FNOPI

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