Linfoma non Hodgkin: nuovo anticorpo efficace anche contro le forme più resistenti

Si chiama mosunetuzumab e al momento è stato testato solo in via sperimentale su 270 pazienti. Ha però dato ottimi risultati rispetto a forme refrattarie o con recidiva, oltre ad essere in grado di potenziare l’effetto del CAR-T. Dovranno però ancora essere valutati gli eventuali effetti collaterali.
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Giulia Dallagiovanna 10 Dicembre 2019
* ultima modifica il 22/09/2020

A sentire il nome potrebbe quasi suonarti meno grave rispetto ad altre forme di tumore. Il linfoma non Hodgkin è invece un termine ombrello che comprende tantissimi tipi di carcinomi e alcuni di questi non sono ancora curabili. Non solo, ma capita che vengano sviluppati anche linfomi resistenti, cioè che non rispondono più a nessuna terapia tentata, CAR-T compreso. C'è però un trattamento sperimentale che è stato presentato al congresso della Società americana di Ematologia a Orlando, in Florida. Si tratta di un nuovo anticorpo monoclonale, ovvero una molecola prodotta in laboratorio a partire da linfociti B e cellule tumorali del sangue appunto che danno vita a una nuova particella, la quale, a differenza dei suoi simili, non è destinata a morire. Il nome è mosunetuzumab e nel 22% dei casi ha addirittura portato a una remissione completa. Ma è ancora presto per festeggiare una vittoria definitiva.

I linfomi non Hodgkin colpiscono naturalmente il sistema linfatico e i linfonodi, ma possono svilupparsi anche in altre parti del tuo corpo, come stomaco, intestino o sistema nervoso. Tutto parte dai linfociti T e soprattutto da quelli B, la cui funzione di norma è proprio quella di produrre determinati anticorpi come le immunoglobuline. Di solito viene curato attraverso radio e chemioterapia, ma alcune persone non ottengono risultati duraturi e non riescono a reagire bene nemmeno ai farmaci integrati in seguito. Il CAR-T ha sicuramente rappresentato un passo avanti enorme per diversi di loro, ma continua ad esserci una porzione consistente di pazienti sui quali non si sa più come intervenire. Alcuni di loro, inoltre, si trovano giù in condizioni di salute troppo compromesse per poter proseguire con l'introduzione nel proprio corpo di linfociti ingegnerizzati, secondo la tecnica del CAR-T. Si tratta in particolare dei linfomi refrattari o con recidiva.

Nelle forme più resistenti è stata dimostrata una remissione completa nel 19% dei casi

Ed è proprio su questi che il mosunetuzumab va ad agire. Il suo scopo è quello di legarsi a due recettori presenti sulle cellule tumorali, il CD19 e il CD20, per uccidere per queste particelle. Al momento, lo hanno ricevuto circa 270 pazienti provenienti da 7 diversi Paesi del mondo, attraverso una serie di infusioni. E proprio in questo gruppo è stata dimostrata una riduzione del linfoma nel 37% dei casi, ma soprattutto una remissione completa nel 19%. Chi invece aveva una forma meno grave, definita indolente, ha notato una remissione completa addirittura nel 43% delle situazioni.

Inoltre, ed è un dato altrettanto importante, questa regressione del cancro perdura nel tempo, anche dopo sei mesi dall'ultima iniezione dell'anticorpo. Il 71% di chi lo ha ricevuto è infatti ancora libero dal patologia. Se poi era stato tentato un primo approccio con il CAR-T, il mosunetuzumab si è dimostrato in grado di aumentare il numero di linfociti ingegnerizzati che erano stati precedentemente introdotti. I presupposti per una nuova terapia integrativa ci sono tutti, ma resta da valutare quali e quanti effetti collaterali rischi di provocare e soprattutto se si dimostri efficace anche su numeri più grandi di pazienti.

Fonte| "6 Mosunetuzumab Induces Complete Remissions in Poor Prognosis Non-Hodgkin Lymphoma Patients, Including Those Who Are Resistant to or Relapsing After Chimeric Antigen Receptor T-Cell (CAR-T) Therapies, and Is Active in Treatment through Multiple Lines" pubblicato sul sito di ASH 2019, l'8 dicembre 2019

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