L’oblio oncologico: il diritto che in Italia (ancora) non abbiamo e di cui avremmo fortemente bisogno

Nel nostro Paese non c’è una legge che permetta di non menzionare un cancro pregresso quando richiesto in banca o agli sportelli delle compagnie assicurative. Qualcosa però sembra stia cambiando. Abbiamo provato a guardare il tema dell’oblio oncologico attraverso gli occhi di tre “combattenti” diversi: chi muove le fila della legislazione, chi lotta per questo diritto tra le stanze del Governo e chi invece lo fa dal palco di un teatro. Oggi, alla vigilia della giornata mondiale del malato, le loro parole fanno ancora più rumore.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Kevin Ben Alì Zinati 10 Febbraio 2023
* ultima modifica il 14/02/2023
In collaborazione con Laura Marziali; Giordano Beretta; Elisabetta Iannelli Attrice ed "ex malata" oncologica; Presidente Fondazione Aiom; Avvocato e segretario generale Favo

La vita di Laura è cambiata un’altra volta mentre si trovava seduta nel suo concessionario di fiducia. Da mesi aveva adocchiato un’auto che poteva fare al caso suo, così quel giorno aveva rotto gli indugi e si era decisa a entrare.

Avrebbe dovuto investire tanti soldi per diversi anni e questo un po’ la spaventava ma una macchina tutta sua era un passo importante e per il quale si sentiva pronta. Un’auto sarebbe stata poi anche uno strumento di lavoro notevole. Laura è un’attrice di teatro e fin da quando è piccola si sposta da un palcoscenico all’altro, nei confini di Roma o in giro per l’Italia. Potersi muovere con un mezzo proprio, senza più dipendere da treni o dagli altri, aveva le sembianze di una svolta.

Con le gambe incrociate sotto a un tavolino in legno e metallo, Laura ha quindi pianificato il proprio futuro. Avrebbe chiesto un prestito in banca, avrebbe aperto il finanziamento per comprare l’auto e con l’anticipo di poche migliaia di euro avrebbe affrontato delle rate mensili accessibili per i successivi quattro o forse cinque anni. Il piano, insomma, pareva semplice.

«Mi dispiace Laura, ma non puoi farlo». Il venditore aveva chiuso la telefonata con la banca di riferimento del concessionario e alzando gli occhi dal preventivo aveva incrociato lo sguardo corrucciato con quello incredulo di Laura. «Forse è meglio se intestiamo tutto a tua mamma».

Laura non capiva. Aveva tutti i requisiti per portare a termine il suo piano. Certo era una libera professionista e gli scarsi guadagni dei mesi precedenti dovuti alla pandemia potevano dare l’idea di una lavoratrice economicamente ancora poco stabile ma le cose avevano ripreso a girare. «Sei una ex paziente oncologica, Laura, cerca di capire…». 

«Ex»

Ex. Ex fidanzato, ex calciatore, ex direttore del reparto di neurochirurgia. Ex malato oncologico. Spesso utilizziamo queste due lettere appiccicandole a un altro sostantivo come un’etichetta, una bussola per orientare il cervello e guidarlo dentro un flusso di ragionamenti più complesso ma a volte i suoi confini semantico-linguistici vengono stravolti ed «ex» assume significati alterati.

Laura Marziali
Laura Marziali oggi ha 33 anni ma quando ne aveva 28 le è stato diagnosticato un tumore della cervice uterina non HPV correlato. Oggi sta bene ed è "guarita"

Succede insomma che il senso di giusta compiutezza che porta con sé finisce per perdersi e assumere la forma di una continuità beffarda, indesiderata, ostile. Di un disagio quando invece dovrebbe sapere di sorriso. Il sorriso, per esempio, di chi si è lasciato alle spalle un tumore.

Sì, Laura Marziali, che oggi ha 33 anni, è una ex paziente oncologica. Quando di anni ne aveva 28, le era stata stravolta la vita perché le avevano diagnosticato un cancro della cervice uterina non HPV correlato e nel giro di pochi mesi era stata operata ed era stata sottoposta a chemioterapia e radioterapia e aveva passato i successivi cinque anni in follow up.

E quindi?

Un’ombra sempre presente

Al telefono Laura ci ha raccontato che oggi sta bene. Continua a fare i conti con le conseguenze correlate al suo tumore, come il radicale cambiamento del corpo a causa della menopausa completa indotta dall’intervento e dalle terapie (“una rivoluzione che a nemmeno 30 anni può avere un impatto psicologico non indifferente ha ammesso) ma per fortuna non deve più sottoporsi a trattamenti.

Tutto sta andando per il verso giusto. Anzi: di recente ha superato anche l’ultimo controllo, una risonanza magnetica unita a una tomografia a emissione di positroni, e ora potrà rallentare il follow up.

Laura quindi ha avuto e superato una neoplasia e da cinque anni non ha più dentro di sé alcuna traccia di malattia eppure è costretta a farci ancora i conti. Da incubo, il suo tumore si è trasformato in un’ombra inseguitrice sempre presente.

Uscita dal concessionario, quel giorno, Laura ha poi ritrovato lo stesso ostacolo più volte lungo la propria strada. “Quando ho fatto richiesta per il prestito mi hanno risposto che se mai la pratica fosse passata, non avrei comunque avuto una copertura assicurativa ci ha raccontato. Stesso discorso anche al momento di sottoscrivere un’assicurazione sulla vita: “Come se aver avuto un tumore fosse una colpa.

Laura Marziali
Di recente Laura ha superato anche l’ultimo controllo e ora potrà rallentare gli esami previsti dal follow up.

Questo succede perché in Italia non esiste il diritto all’oblio oncologico. Non c’è una legge che permetta di non menzionare un cancro pregresso quando richiesto, come può succedere in banca o agli sportelli delle compagnie assicurative.

Questi istituti finanziari per accedere a determinati servizi chiedono (a volte impongono) una copertura assicurativa e per la loro stipula pretendono informazioni sullo stato di salute di chi si presenta al loro cospetto, e quindi anche se quella persona ha avuto un tumore o meno.

Usano quei dati per stimarne l’aspettativa di vita. Devono farlo «per tutelarsi». Buttano queste informazioni dentro a un software e le sfruttano per valutare quanto rischiosi potrebbero essere il prestito o la polizza.

In questo vorticoso algoritmo ci è finita anche Laura, che secondo i calcoli non sarebbe stata in grado di offrire le garanzie necessarie per sostenere determinati impegni finanziari. Laura, senza giri di parole, è stata giudicata una persona un po’ più vicina alla morte di altri, quelli «sani», e quindi «meno affidabile».

Il diritto alloblio oncologico e la guarigione

Nella nostra giurisprudenza esiste già il diritto all’oblio. Si tratta di una particolare forma di tutela cresciuta di pari passo con internet, alla quale ciascuno di noi può fare ricorso. Prevede la possibilità di eliminare tutto il materiale online ritenuto sconveniente, pericoloso o dannoso pubblicato, chiaramente qualora non ostacoli il diritto di cronaca.

Quando e se il diritto all’oblio oncologico verrà introdotto in Italia, funzionerebbe allo stesso modo: a finire nel dimenticatoio sarebbero però tutte quelle informazioni – private e non necessarie agli altri – relative allo stato di salute di una persona.

In Italia non c'è il diritto all’oblio oncologico, non esiste una legge che permetta di non menzionare un cancro pregresso quando richiesto

Una simile tutela garantirebbe quindi di oscurare le informazioni su un tumore o una malattia superata. Permetterebbe a una persona, insomma, di non essere più considerata un paziente oncologico e di sentirsi «guarito» anche dal punto di vista giuridico.

Ma chi può considerarsi libero da un tumore? Quando si può parlare di guarigione? Il dottor Giordano Beretta, presidente della Fondazione Aiom che nel 2022 ha guidato la prima campagna nazionale per il diritto all’oblio oncologico, ci ha spiegato che “la guarigione in questo senso è un concetto statistico che arriva quando un paziente che ha avuto una storia di cancro raggiunge la stessa spettanza di vita di una persona che il cancro non l’ha mai avuto”. 

Puoi intuire che si tratta di un concetto variabile da tumore a tumore. Ci sono forme per le quali basta un anno per tornare allo stesso rischio di morte di chi non ha incontrato la malattia e altre che invece richiedono più di 10 anni.

“Quello dei 10 anni resta un paletto fondamentale per l’intero sistema del diritto all’oblio oncologico – ha specificato il dottor Beretta – Superata questa soglia, tendenzialmente una persona non ha più bisogno di alcuna certificazione che attesti la sua guarigione”. 

Per uniformare il meccanismo, è stato comunque proposto un sistema per la valutazione dello stato di guarigione di un paziente oncologico. Nel caso di un cancro della tiroide bastano meno 5 anni e meno di 10 se una persona ha superato un tumore del colon o il melanoma.

Servono invece più di 15 anni nel caso di tumori alla vescica e al rene, linfomi non-Hodgkin (in particolare i linfomi a grandi cellule B o follicolari), mielomi e leucemie, specialmente quelle croniche.

Si parla di 20 anni, invece, per tumori più frequenti come quelli della mammella e della prostata. Il rischio di una recidiva, in questi casi, può durare molto più a lungo.

“In Italia 3,4 milioni di persone vivono con una diagnosi di cancro e il 27% di queste è guarito. A 10 anni dalla diagnosi circa 1 milione e 400mila persone è vivo e una grossa quota di queste ha lo stesso rischio di chi il cancro non l’ha mai avuto. Stiamo parlando di 997mila persone ha aggiunto il dottor Beretta. Se ci fosse il diritto all’oblio oncologico, potrebbe accedervi insomma quasi un milione di persone.

Il fuoco dentro

La diagnosi di tumore, per Laura, non è stata un fulmine a ciel sereno. Aveva avvertito che qualcosa non andava già tempo prima e nell’estate del 2017 la sua pro-attività l’aveva portata a sottoporsi a tre visite specialistiche mirate. “Ho prenotato un’ecografia al seno, una visita ginecologica e un’eco alla tiroide. Il giorno in cui ho scoperto che quella sensazione strana era un tumore ho pianto”.

Laura ci ha confessato che per prima cosa ha chiesto alla sua dottoressa se sarebbe morta nel giro di poco tempo. Suo padre è scomparso quando lei aveva 19 anni, anche lui a causa di un cancro e quando il tumore infila il naso nella tua vita l’irrazionale paura che le cose possano degenerare in fretta può prendere alla gola. “La dottoressa però mi rassicurò subito: se avessi fatto tutto quello che avrei dovuto, disse, ne sarei uscita”.

Laura Marziali

Animata da un fuoco fino a quel momento sconosciuto, Laura ha così iniziato il suo percorso terapeutico e dopo poche settimane è stata operata ad Aviano, in Friuli Venezia Giulia, un territorio presto divenuto «casa» per il suo essere “un luogo ai confini di tutto, un posto che per raggiungerlo un po’ te lo devi guadagnare.

I successivi cicli di radio e chemioterapia per cancellare ogni traccia della malattia non sono stati una passeggiata. A ogni infusione Laura sentiva il corpo stringersi sotto la morsa del dolore e anche il solo parlare o ridere le accendeva una scarica elettrica che dal basso ventre esplodeva in tutto il corpo come fuochi d’artificio.

Il giorno in cui ho scoperto che quella sensazione strana era un tumore ho pianto

Laura Marziali

Giorno dopo giorno si è avvicinata allo spartiacque della propria vita, simbolicamente individuato come «a.C» e «d.C.», ovvero prima e dopo il cancro, e il primo passo nel nuovo tempo, nel d.C., è arrivato solo un anno dopo lo stop alle terapie.

Era il 2019 e in quell’ottobre Laura ha debuttato per la prima volta sul palco con il suo spettacolo itinerante. Durante i mesi di terapie e dolore, aveva scritto un’opera autobiografica sulla propria storia con il cancro per raccontare la paura, la malattia che prende possesso del corpo, i sogni infanti (“Non avere la possibilità di qualcosa che un giorno avrei potuto desiderare, come una gravidanza, non mi faceva sentire libera. Oggi ci ho fatto pace).

Con il tempo però è diventato uno spettacolo di sensibilizzazione sulla materia oncologica in generale, i diritti e gli ostacoli che incontrano gli «ex pazienti» come, per esempio, quelli che vivono le conseguenze di una neoplasia senza una legge per il diritto all’oblio oncologico.

La zona grigia

Se fai i conti con le date, puoi capire che Laura si trova in una situazione ancora peggiore. Quando si è presentata in concessionario e in assicurazione non erano ancora passati i dieci anni necessari per certificare la guarigione dopo il tumore della cervice uterina che l’aveva colpita.

Ciò significa che se «domani» venisse approvato il diritto all’oblio oncologico, lei ne sarebbe comunque esclusa.

Laura oggi appartiene alla «categoria» dei «malati a lungo termine», ovvero a quel gruppo di persone che non hanno più evidenze di malattia da anni ma a che causa del tipo del proprio tumore restano più suscettibili a recidive o neoplasie secondarie.

Delimitare i confini dentro cui raggruppare chi ha una avuto storia di tumore è diventato necessario per trovare un modo di definire chi può considerarsi guarito e chi no.

Così come distinguere tra i pazienti «acuti», coloro che hanno ricevuto da poco la diagnosi e sono ancora sotto trattamento e i «cronici», cioè chi convive con il tumore per anni tra remissioni e recidive.

Ecco: Laura oggi rappresenta l’estrema condizione in cui versano molti, vive cioè in una «zona grigia» dove resta chi non ospita più la malattia dentro di sé ma, in qualche modo, sta ancora pagando il conto della stanza. Chi è «guarito» ma non può esserlo considerato «tecnicamente».

Il diritto oggi, tra proposte e prime soluzioni

«Se domani venisse approvata la legge sul diritto all’oblio oncologico». In questa frase il condizionale è d’obbligo perché, come ti dicevo prima, questo diritto in Italia oggi ancora non c’è. Non esistono leggi in grado di indicare chi può essere considerato guarito da un tumore né quando.

Una mancanza che getta il nostro Paese in fondo alla classifica europea dietro a Paesi come la Francia, il Lussemburgo, il Belgio, l’Olanda e il Portogallo, dove il diritto all’oblio oncologico è già una realtà. L’intenzione però c’è.

La campagna nazionale di Aiom, per esempio, ha raccolto un larghissimo consenso popolare. “Abbiamo raccolto quasi 100mila firme – ha raccontato il presidente della Fondazione AIOM Beretta – e le porteremo al Presidente della Repubblica, del Consiglio e della Salute appena possibile. Penso che arrivare al diritto all’oblio oncologico sia fattibile: nella passata legislatura sono state presentate quattro diverse proposte di legge sul diritto all’oblio oncologico da differenti forze politiche: PD, Forza Italia, Italia Viva e M5S. Mi sembra che ci sia una condivisione sul tema da parte di tutto l’arco parlamentare”.

A febbraio 2022 Paola Boldrini, senatrice PD e all’epoca vicepresidente della Commissione Sanità, ha infatti presentato in Senato un dl sul diritto all’oblio che a giugno era finito sui tavoli della Commissione Giustizia: la crisi di Governo e il successivo cambio dell’esecutivo hanno però messo tutto in stand-by.

Per questo diritto si sta combattendo su più fronti e tutto fa pensare che presto anche l’Italia potrà munirsi di un simile strumento di uguaglianza e inclusione: nel frattempo molto è già stato fatto anche per le persone, come Laura, che non hanno più evidenza della malattia ma non possono essere ancora considerate guarite da un tumore.

Penso che arrivare al diritto all’oblio oncologico, in Italia, sia fattibile

Dott. Giordano Beretta, presidente Fondazione Aiom

La Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (o Favo) da anni lavora per arginare le ricadute sociali delle malattie oncologiche e rimediare alle difficoltà incontrate dai «pazienti a lungo termine» nel sottoscrivere una copertura assicurativa o una polizza vita per il «caso morte», spesso necessaria per accedere a mutui o finanziamenti.

Il suo lavoro, insieme a quello di tutte le altre realtà di volontariato oncologico, ha portato le compagnie assicuratrici a prendere coscienza del problema e studiare soluzioni per adeguare le proprie polizze assicurative al fine di renderle accessibili anche a chi ha avuto un tumore.

“Nelle interlocuzioni avute come Favo con le assicurazioni e con l’ANIA, abbiamo lavorato per trovare soluzioni che consentissero anche ai lungoviventi oncologici non ancora completamente guariti (ovvero ancora a rischio di ricaduta o progressione della malattia) di poter accedere ad un’assicurazione sulla vita – ha spiegato Elisabetta Iannelli, avvocato e segretario generale della Favo – Le compagnie assicurative dovrebbero valutare le condizioni intermedie tra fase acuta di malattia e guarigione dal tumore considerando il rischio di salute ancora alto (ad esempio a pochi anni dalla diagnosi) e, conseguentemente, dovrebbero offrire la copertura assicurativa con una maggiorazione del premio che poi, ai successi rinnovi contrattuali, andrebbe progressivamente diminuito in correlazione alla riduzione del rischio di ripresa di malattia che diminuisce con il passare degli anni, fino alla completa guarigione”.

Questa spinta ha quindi portato le compagnie a strutturare polizze vita su parametri oggettivi, estremamente dettagliati e aggiornati e a formulare offerte personalizzate, magari con costi più alti, come prospettato a Laura.

Per molto tempo si è pensato che le polizze caso morte fossero impossibili per chi aveva una pregressa storia oncologica ma grazie anche al lavoro delle associazioni dei malati di cancro riunite nella Favo sono diventate realtà concrete e accessibili.

Abbiamo dato soluzioni ai lungoviventi oncologici per avere all’assicurazione sulla vita

Elisabetta Iannelli, segretario generale Favo

“Il sentimento e la sensazione di essere discriminati purtroppo possono arrivare in ogni fase della vita successiva a una diagnosi oncologica. Nel caso dei guariti, la pregressa malattia spesso risulta come uno stigma cucito addosso e dal quale sembra difficile liberarsi. Il problema – ha ribadito il segretario generale della Favo – è culturale, ma non solo. Si tratta di un problema multifattoriale, così come le sue soluzioni. «Domani», quando ci sarà il diritto all’oblio, i guariti avranno una tutela adeguata, ma dobbiamo pensare anche a tutelare chi ancora non può essere considerato guarito dal cancro perché possa continuare a vivere senza essere discriminato. La contrattazione della polizza con un premio maggiorato rappresenta già una soluzione eticamente e giuridicamente possibile e giusta”.

Dobbiamo concentrarci prima sul diritto all’oblio: arriverà, in questo caso ce la sentiamo di dire che è davvero una questione di quando e non di se. A quel punto toccherà alla «zona grigia». La zona di Laura. Un passo alla volta riusciremo a tappezzare tutte le falle che minano la navigazione, nel mare della vita, di quelle persone che vivono, o hanno vissuto, con un tumore.

“Quello che stiamo facendo oggi servirà, più realisticamente, a chi verrà «domani». E non possiamo permetterci di far trovare a questo domani un mondo cronicizzato dalle discriminazioni, dalle disuguaglianze e dallo stigma della malattia. Chi ha avuto il cancro vive nell’invisibilità delle proprie conseguenze fisiche, emotive e psicologiche, vive la disabilità e vive l’esistenza per come non se l’era immaginata. Non possiamo aggiungere invisibilità ad invisibilità. Non ci servono superpoteri. Ci serve rispetto delle possibilità. Siamo umani? Bene, bisogna esserlo fino in fondo e per davvero” è il messaggio forte, urlato di Laura.

Laura Marziali
Laura sta combattendo per il diritto all’oblio oncologico e lo fa a modo suo: piangendo e sorridendo sul palcoscenico.

Non servono superpoteri, insomma. Servono pazienza, determinazione, sacrificio e coraggio. E fiducia. Perché lottare senza demordere è necessario ma a volte bisogna anche sforzarsi di guardare il bicchiere mezzo pieno se vogliamo arrivare a riempirlo per davvero.

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.