Quello che tutti temevano, alla fine si è concretizzato: per Covid-19 possiamo ora parlare di pandemia. Il direttore generale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha infatti annunciato il passaggio dalla fase 5 alla fase 6, che dà ufficialmente il via al "periodo pandemico" per quanto riguarda il nuovo coronavirus.
Il direttore generale dell'Oms ha dichiarato che a pesare su questa decisione è stata la presenza del virus in tutti i continenti, a parte l'Antartide. In particolar modo sono stati molto incisivi i trend di crescita dei contagi prima in Cina, e adesso in Italia, Iran e Corea del Sud. I Paesi del mondo colpiti da Covid-19 sono al momento più di 110. La dichiarazione dello stato di pandemia va letta anche come un monito rivolto ad altri stati che non hanno ancora adottato misure drastiche di contenimento, sottovalutando la minaccia.
Nella fase 5 si parla di adattamento del virus alla specie umana ("rischio pandemico sostanziale") e siamo in presenza di grandi cluster epidemici, ma la trasmissione è ancora abbastanza localizzata. Passare alla fase 6 significa sostanzialmente ammettere che non è più possibile bloccare e circoscrivere il virus e che bisogna adottare contromisure per minimizzare l'impatto dovuto alla sua diffusione e impedire a tutti i costi che dilaghi.
Per fare questo l'Oms può imporre a singoli Stati (anche all'Italia, visto che è la seconda nazione con il maggior numero di casi confermati e di morti dopo la Cina) l'applicazione di misure straordinarie, come l'interruzione delle attività produttive o la limitazione dei trasporti via terra. Trattandosi di provvedimenti emessi da un ente internazionale, il non rispettarle significa possibili sanzioni per il paese inadempiente.
L'ultima volta che è stata dichiarata una pandemia risale all'11 giugno 2009, quando l'Oms decise di passare alla fase 6 per combattere l'influenza di tipo 1 H1N1, meglio nota come "influenza suina"; poco più di un anno dopo, il 10 agosto 2010, l'allora direttore generale dell'Oms Margaret Chan dichiarò conclusa la fase 6, sancendo di fatto l'ingresso nella fase post-pandemica.
Non fu dichiarato invece lo stato di pandemia per la Sars nel 2002-2003. Ricordiamo infatti che la pandemia non ha nulla a che vedere con l'aggressività di una malattia (il tasso di letalità della Sars era del 9,6%, molto più alto di Covid-19), ma con la sua diffusione geografica: tieni sempre bene a mente la distinzione tra epidemia, pandemia e malattie endemiche di cui ti avevamo parlato un po' di tempo fa. Ricordiamo inoltre che purtroppo per il nuovo coronavirus non è ancora disponibile un vaccino.
La decisione presa dall'Oms può comportare la richiesta per alcuni stati di esecuzione di uno specifico protocollo che però non è detto che i sistemi sanitari dei vari paesi nel mondo siano pronti a recepire per affrontare una situazione di pandemia. Il rischio è un eventuale collasso dei servizi di assistenza sanitaria.
Se andiamo a vedere il Global Health Security Index 2019 realizzato dal Johns Hopkins Center for Global Health Security in collaborazione con la Nuclear Threat Initiative (NTI) e l'Economist Intelligence Unit (EIU), troviamo l'Italia al 31esimo posto nella classifica generale (su 195 paesi); risultiamo però sedicesimi, e quindi tra i migliori, nella categoria "early detection and reporting for epidemics of potential international concern", ossia nel rilevare e fornire un resoconto su epidemie di potenziale interesse internazionale. Il paese più preparato a livello generale sarebbero comunque gli Stati Uniti, che però presentano altre problematiche, soprattutto per quanto riguarda l'accesso al servizio sanitario.
Fonte | Organizzazione Mondiale della Sanità