L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto ufficialmente il Burnout, lo stress sul lavoro

Lo stress lavoro correlato si verifica quando non intravedi più lo scopo per cui eserciti quella professione, quando ogni attività ti sembra un peso insostenibile, quando non riesci più ad avere a che fare con i colleghi. L’ultimo passaggio di questo processo è il Burnout, cioè l’esaurimento. Prevenirlo è fondamentale e questo riconoscimento segna un punto fondamentale di una presa di coscienza.
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Giulia Dallagiovanna 29 Maggio 2019
* ultima modifica il 22/09/2020
Con la collaborazione della Dott.ssa Samanta Travini Psicologa

"Burn out" significa "bruciato" ed è sicuramente il termine che descrive al meglio l'ultimo passaggio dello stress lavoro correlato. Quando ti senti esaurito, non riesci più a comprendere lo scopo della tua professione e ogni attività la vivi come se fosse un peso insostenibile, significa che hai sviluppato questa sindrome. Sì, da oggi si parla di sindrome, perché l'Organizzazione mondiale della sanità l'ha ufficialmente riconosciuta come disturbo medico. Non una vera e propria malattia, ma un "problema associato alla professione". In ogni caso, un primo passo verso una presa di coscienza vero una condizione che può anche portare a comportamenti aggressivi e nascondersi dietro ad alcuni terribili cari di cronaca che si leggono sui giornali, come maltrattamenti negli asili o nelle case di riposo.

Cerchiamo allora di capire meglio cosa sia il Burnout e perché è importante questa ufficializzazione. Come sottolinea l'OMS, si tratta di uno stress legato esclusivamente alla condizione lavorativa e, di norma, colpisce soprattutto chi esercita una delle cosiddette professioni d'aiuto: infermiere, insegnante, educatore, operatore socio sanitario, medico e via dicendo. Come potrai notare, si tratta di situazioni in cui bisogna prendersi cura degli altri, un concetto che a prima vista suona meraviglioso. Prova però a pensare che questi altri siano una classe di bambini piuttosto vivaci, e magari nemmeno troppo educati. Oppure persone affette da demenza, che reagiscono male a ogni tentativo di aiuto da parte tua. Aggiungi poi che i tuoi colleghi, quando accenni al fatto di sentirti un po' stanco, ne approfittano per ricordarti che hai un carattere troppo debole, che sei pigro e provano pure ad approfittare della situazione per farti le scarpe. Infine, condisci il tutto con la mancanza di risultati: in classe continua a essere impossibile fare lezione e l'anziano, a causa della malattia, non potrà far altro che peggiorare. Suona già molto meno meraviglioso, vero?

Il problema è che non ti rendi conto di aver sviluppato un disturbo vero e proprio

Ma il vero problema non sono né gli alunni, che magari hanno solo bisogno di un diverso tipo di approccio, né una persona affetta da Alzheimer, che può esercitare alcun tipo di controllo sul proprio comportamento. Il punto è che tu non sai di avere sviluppato una sindrome, il Burnout appunto, e che nessuno ti ha fornito gli strumenti per prevenirla, come invece la legge prescriverebbe. Secondo l'articolo 6 dell'Accordo Europeo sullo stress lavorativo, il datore di lavoro ha il dovere di attuare delle misure per prevenire lo stress dei dipendenti. Nel 2008 invece il decreto legislativo "per la tutela della salute nei luoghi di lavoro" ha inserito il Burnout tra i rischi per la sicurezza del lavoratore.

Queste misure prevedono, ad esempio, la presenza di uno psicologo o di uno specialista, che fornisca il supporto necessario a chi ne ha bisogno. Ma non tutte le strutture, scolastiche o sanitarie, se ne sono dotate. E anche quando è presente, le persone si vergognano di quello che provano e non vi si rivolgono. Lo stress lavoro correlato, però, se non trattato in tempo può sfociare in crisi di ansia, attacchi di panico e depressione. Quando va bene. Se il problema peggiora ulteriormente, si può arrivare anche ad attuare comportamenti aggressivi, sia dal punto di vista verbale che di veri e propri gesti violenti.

Questo riconoscimento ufficiale è dunque importante soprattutto perché permette di superare il pregiudizio e guardare al Burnout come un vero e proprio disturbo. Se quindi ti accorgi di provare alcune delle sensazioni descritte, non autocolpevolizzarti e non giudicarti. Rivolgiti piuttosto a uno specialista che ti possa aiutare a trovare il percorso giusto. E poi parlane al tuo datore di lavoro: sicuramente qualche giorno di pausa potrebbero essere già una prima soluzione.

Il parere dell'esperto

Abbiamo chiesto alla dottoressa Samanta Travini, psicologa, di spiegarci meglio come si potrebbe intervenire per prevenire e contrastare il Burnout nel corpo insegnante:

"Innanzitutto serve avere una conoscenza della sindrome da Burnout. La presa di coscienza è fondamentale, servono per questo psicologi nelle scuole. Bisognerebbe migliorare le capacità comunicative del singolo docente al fine di favorire una relazione interpersonale serena tra colleghi, alunni, famiglie, dirigente e personale amministrativo. 

Gruppi di auto-aiuto, sportelli di ascolto o network tra scuole potrebbero essere un’iniziativa per far uscire dall’isolamento e dal ritiro psicologico chi è colpito dalla sindrome. Corsi di psicopedagogia e metodologia didattica potrebbero aiutare i lavoratori “alienati” a individuare percorsi che permettono di trovare una migliore continuità educativa tra società moderna e programmi didattici.

Non bisogna inoltre dimenticare ciò che il singolo può fare per sé: lo stress è inevitabile e bisogna imparare a gestirlo anche conoscendo meglio se stessi, aiutati da uno stile di vita sano e da una buona gestione del tempo libero che lascia spazio a hobby e interessi personali, che permettono di liberare la mente".

Fonte| Organizzazione mondiale della sanità

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