Maternità e tumore: la storia di Federica e dei due figli nati dopo (e nonostante) la malattia

Oggi è la Festa della mamma e non è semplicemente il giorno in cui i bambini consegnano i lavoretti che hanno fatto a scuola. È anche quello di chi i figli li vorrebbe, ma non riesce ad averli. O di chi ha temuto di non poterli avere mai. Come Federica Grioni, costretta a una menopausa farmacologica a causa di un tumore al seno, quando aveva 33 anni.
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Giulia Dallagiovanna 8 Maggio 2022
* ultima modifica il 08/05/2022
In collaborazione con il Prof. Matteo Lambertini Oncologo e ricercatore AIRC all'IRCCS Policlinico San Martino di Genova

Avere dei figli nonostante le cure per un tumore. E scoprire di avere un tumore dopo aver avuto due figli. La storia di Federica Grioni, 48enne originaria di Bergamo, ha un filo conduttore che emerge fin dalle sue prime parole: non ci si deve mai abbattere. "Bisogna almeno provarci, accettare che anche in quel ribaltamento di prospettive che si sta vivendo, possa esserci qualcosa di bello". Nel suo caso, il bello ha il volto di Maria Vittoria, 11 anni, e Tommaso, 10. Oltre naturalmente ad Alfredo, oggi suo marito, che le è rimasto accanto durante tutto il percorso. Non c'è modo migliore di festeggiare la Festa della Mamma, forse, che celebrando una nuova vita che arriva dopo una malattia così impattante come un cancro al seno.

È il 2006 quando Federica nota una piccola macchiolina, quasi una smagliatura, all'altezza del seno. Toccando, avverte anche un nodulo e decide di sottoporsi subito a un'ecografia durante una pausa dall'ufficio. In quegli anni infatti lavora per un'agenzia pubblicitaria di Milano, città dove è andata ad abitare e dove si è costruita una vita indipendente. Alfredo, invece, vive ancora a Roma. "A 33 anni non ci pensavo nemmeno alla possibilità di avere un tumore o alla necessità di fare dei controlli", ricorda. Ma quando il medico vede il referto dell'esame, le consiglia di farsi visitare da un senologo in un centro specializzato. Arriva così allo IEO (Istituto europeo dei tumori), dove le praticano subito un ago aspirato e alla fine le comunicano: bisogna operare. "Mi parlava di questo nodulino che doveva essere tolto, ma a quel punto avevo capito che si trattava di un cancro. Intanto il medico mi chiedeva da chi volevo farmi operare, una domanda spiazzante. Io dò sempre molto valore alla componente umana di una relazione e ho risposto che mi sarebbe piaciuto fosse stata una persona capace, ma anche con tanta umanità".

Quando apre la porta dell'ufficio al quale la indirizzano, Federica si trova di fronte Umberto Veronesi. "Ricordo che era una persona con un grandissimo carisma, sembrava quasi emanarlo dal corpo". Lui la rassicura, le dice che dopo l'intervento andrà tutto bene. Le praticano una quadrectomia con svuotamento ascellare per rimuovere anche i linfonodi sentinella. Seguono 13 giorni di radioterapia e 4 cicli di chemioterapia. "Devi avere la forza di andare avanti, per il semplice fatto che non puoi tirarti indietro, non puoi rimandare a domani. Attraversi tanti stati d'animo, perché sai che la chemio ti fa bene, ma allo stesso tempo non stai bene. E poi i capelli. Certo non sono la cosa più importante, ma quando arriva il momento pensi: ‘Ecco, devo affrontare anche questa".

La chemioterapia puà minare la funzionalità ovarica e mettere a rischio la fertilità

Sempre in quei giorni arriva la raccomandazione dei medici che la seguono: per 5 anni non avrebbe potuto provare ad avere figli. La priorità infatti è completare il percorso di guarigione, all'interno del quale sono compresi anche medicinali che bloccano il ciclo mestruale, inducendole una menopausa farmacologica. "È stato un aspetto molto difficile da accettare, anche perché ero proprio nell'età in cui si comincia a pensare a una famiglia". Ma di nuovo, Federica sceglie di vedere il buono in quella situazione e assieme ad Afredo decidono di viaggiare e di godersi più tempo insieme.

Poi, nel 2010, la bella notizia: Federica può interrompere i farmaci con un anno e mezzo di anticipo e subito le tornano le mestruazioni. Dopo qualche tempo, lei e Alfredo provano ad avere figli. Tra un tentativo e l'altro, lui decide di seguire un amico in un pellegrinaggio a Lourdes per ringraziare che il percorso di cura della fidanzata fosse andato per il meglio. È l'amico a dirgli: "Quando tornerai a casa, vedrai che Federica sarà incinta di una bambina. L'ho sentito chiaramente".

Due giorni dopo il ritorno di Alfredo, lei fa un test di gravidanza: è positivo. La successiva villocentesi conferma che si tratta di una femmina. E così arriva Maria Vittoria, il cui nome testimonia il successo contro la malattia e la gratitudine verso la Madonna. "Quando ero ancora in ospedale, ricordo di essere uscita dalla stanza e ho proprio chiesto il Suo aiuto per poter affrontare tutto questo. Ed è arrivato". Sei mesi dopo la nascita di Maria Vittoria, un secondo test positivo: stanno per accogliere anche Tommaso. "Avrei voluto avere il terzo, ma dopo un consulto con la mia ginecologa ho deciso di fermarmi e di riprendere le cure".

Oltre alla menopausa farmacologica, vanno considerate le ripercussioni della chemioterapia, che può avere un effetto negativo sulla funzionalità ovarica e minare la possibilità di future gravidanze. Oggi però esistono almeno due tecniche che permettettono di aggirare questo rischio in modo efficace. La prima è la crioconservazione degli ovociti: dopo un periodo di stimolazione ormonale di due settimane, vengono prelevati gli ovuli e congelati. Il tutto prima di iniziare le cure, in modo che, qualora la paziente non riuscisse più a rimanere incinta, si potesse procedere con una fecondazione in vitro.

La seconda invece si chiama crioconservazione del tessuto ovarico: "Non richiede nessuna stimolazione e non bisogna quindi attendere due settimane -, ci spiega il professor Matteo Lambertini, oncologo e ricercatore al Policlinico San Martino di Genova. – È un metodo più invasivo, perché è necessario un intervento vero e proprio per rimuovere piccoli frammenti da entrambe le ovaie. Il vantaggio, però, è che una volta effettuato, si può già iniziare con la chemio. Viene quindi riservato a pazienti per le quali esiste una certa urgenza di intraprendere il percorso di cura".

Esiste infine una terza via, che prevede la somministrazione dell'ormone GnRh in corso di chemioterapia, in modo da mettere a riposo le ovaie e renderle meno sensibili all'effetto tossico dei farmaci. Non si tratta di una vera e propria tecnica di preservazione delle fertilità, ma riduce il rischio di una menopausa indotta dalla terapia e quindi anche di doverne accusare tutti gli effetti collaterali.

Il professor Lambertini sta coordinando un progetto di ricerca, finanziato da Fondazione AIRC, che ha lo scopo di capire se anche le target therapy, tra cui troviamo ad esempio l'immunoterapia, possano avere una ripercussione sulla fertilità della paziente.

Oggi Federica sta bene, anche se qualche anno fa il tumore purtroppo è tornato. Lo ha scoperto nel 2017, mentre si trovava a New York per lavoro. Solo che a differenza di prima, non era più da sola. Ora era madre e aveva una responsabilità nei confronti dei suoi due bambini. "È stato un momento tosto, perché ho avvertito quanto questa cosa poteva impattare anche sulla loro vita. Ho detto a mio marito che se fosse andata male avrei voluto che si sposasse di nuovo. Mi ha pesato, ovviamente, ma sentivo che era una cosa che dovevo fare come mamma, proprio per i nostri figli".

Il cancro questa volta non è da operare. Si ricorre quindi a una terapia per farlo andare in remissione e cronicizzarlo. Così oggi Federica ha imparato a conviverci e a come raccontarlo ai bambini. "Ora sono più grandi, hanno visto qualche foto vecchia, sanno che devo fare delle punture, quindi hanno inziato a capire. A poco a poco è entrato anche nelle loro vite e non è più un segreto".

Durante tutta la giornata di oggi i volontari di AIRC saranno nelle piazze con l'Azalea della Ricerca, allo scopo di raccogliere fondi per continuare a finanziare progetti come quello del professor Lambertini.

Credits photos: foto di Federica Grioni

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