Ogni giorno, in tutto il mondo, milioni di persone si prendono cura di un malato senza averlo scelto. Non sono medici, non sono infermieri e nemmeno operatori socio-sanitari. Eppure di competenze ne hanno, eccome. Perché i malati di cui si prendono cura sono spesso i loro nonni, i loro genitori, i loro mariti e le loro mogli, i loro figli. E loro non possono lasciarli soli, improvvisandosi medici, infermieri, operatori socio-sanitari.
Queste figure hanno un nome, si chiamano “caregiver”, e nonostante secondo i dati Istat solo in Italia raggiungano gli 8 milioni il loro riconoscimento è ancora molto sfumato. E non si tratta dell’unico problema. Molti caregiver lo diventano all’improvviso, da un giorno all’altro, senza alcuna competenza e senza sapere dove trovare supporto. E la loro difficile realtà spesso rimane sconosciuta a molti, perché da fuori risulta quasi scontato occuparsi di un familiare malato. Senza considerare che anche la vita del caregiver, con l’arrivo della malattia, non sarà più la stessa. Il 79% di loro, infatti, ha dichiarato che questa condizione ha avuto ripercussioni sulla loro salute.
Per portare il ruolo del caregiver al centro di un dibattito, stimolando attenzione e aumentando la sua valorizzazione all’interno del panorama socio-sanitario, è stata da poco inaugurata la Neuroscience Caregiver Academy, un progetto dedicato proprio alla figura del caregiver, nello specifico in riferimento al morbo di Parkinson. Secondo i dati Censis, infatti, i caregiver che si occupano di questa patologia sono circa 500.000.
Organizzata da AbbVie, Accademia LIMPE-DISMOV, Fondazione LIMPE per il Parkinson Onlus e ANIN, la Academy nasce con l’intenzione di offrire ai caregiver una formazione a 360 gradi sulla cura del malato in casa, ma anche di far arrivare alle istituzioni un segnale di necessità di valorizzazione del ruolo di questa figura che ormai risulta necessaria e imprescindibile nel panorama italiano di cura. Concretamente, la Academy si articola in una serie di incontri della durata di due giorni, che si tengono in diverse città e in cui vengono affrontati vari temi riguardanti il ruolo e le sfide del caregiver. Un modo utile e intelligente di diffondere informazione e soprattutto formazione e consentire a queste persone, troppo spesso lasciate nell’ombra, di tornare alla luce e ottenere uno spazio che troppo spesso viene loro negato.
"La necessità principale da cui nasce l'Academy è quella di formare i caregiver, quindi le persone, spesso familiari, che si occupano di pazienti con patologie neurologiche croniche." Ci ha spiegato Leonardo Lopiano, Professore di neurologia all'Univeristà di Torino e direttore di neurologia universitaria presso la Città della Salute e della Scienza. "La patologia di riferimento dell'iniziativa è il Parkinson e lo scopo è quindi quello di aiutare il caregiver nel suo ruolo di assistente domiciliare di pazienti che manifestano una crescente disabilità, caratterizzata anche da importanti disturbi del movimento, come è noto, ma anche da tante altre problematiche non motorie, che vanno dai disturbi gastrointestinali, del sonno, della vescica, della pressione, dolore. Il Parkinson è infatti una malattia complessa soprattutto nelle fasi avanzate."
"Più che competenze noi vogliamo offrire delle conoscenze, un'infarinatura che consenta di mettere in pratica un'assistenza di base del proprio congiunto o assistito", aggiunge Cristina Razzini, presidente di ANIN. "Allo stesso tempo è necessario spingere verso un'aderenza terapeutica migliore, così da abbassare l'ospedalizzazione. Se il caregiver riesce a rispondere alle esigenze primarie, gli accessi in ospedale sono più ridotti e controllati e risulta anche più chiaro capire quando chiamare un professionista e soprattutto a quale figura bisogna rivolgersi."
Una conoscenza maggiore, quindi, per affrontare tutte le difficoltà in cui il Parkinson può trascinare chi ci ha a che fare.
"Le difficoltà di gestione di un malato affetto dal morbo di Parkinson sono diverse", continua Cristina Razzini, "e vanno dalla necessità di imparare come mobilitare una persona fino a capire come e cosa bisogna cucinare per adattare l'alimentazione alle esigenze della persona assistita. Inoltre, i caregiver sono spesso persone già di una certa età che si trovano a doversi occupare dei loro congiunti e all'improvviso sono molto sole, senza sapere a chi fare affidamento davanti a un problema, anche magari fuori dall'orario dei centri di supporto. I caregiver tendono ad ammalarsi maggiormente perché sottoposti a stress, dormono poco, faticano a gestire le proprie emozioni. Quest'ultimo punto è molto importante, perché una delle priorità contemporanee è aiutare queste persone a ritagliare dei momenti solo per se stessi, combattere il senso di colpa se desiderano semplicemente dormire una notte intera, andare dal parrucchiere o fare due passi. Questa è una cosa che va guidata, bisogna insegnare loro che possono appoggiarsi ad altri, chiedere aiuto, ottenere sostegno. Le giornate che abbiamo organizzato servono anche a questo, ad aiutare i caregiver a conoscere i propri diritti e i servizi a loro supporto. E poi, ovviamente, a fare rete."
"A questo si aggiunge la questione del riconoscimento di queste figure" prosegue Leonardo Lopiano. "Il problema infatti è che si tratta di un ruolo, il caregiver, ancora non ufficialmente riconosciuto e questo corso ha portato anche l'attenzione a livello delle istituzioni. Valorizzare questo ruolo è importante, perché si tratta di persone che da un giorno all'altro, senza alcuna competenza, si trovano a dover diventare psicologi, infermieri, assistenti sanitari. Lo scopo della nostra iniziativa è proprio riuscire a offrire loro le basi per farlo.
Il progetto, organizzato su scala nazionale, consiste in un programma elaborato dalla nostra società scientifica e dall'ANIN e articolato in due giornate, che ha lo scopo di toccare tutti gli aspetti, per una formazione a 360 gradi." Spiega Lopiano. "Valore aggiunto del corso è l'intervento di vari esperti, figure professionali che intervengono nella gestione multidisciplinare del Parkinson, come assistenti sociali, avvocati, psicologi. Il primo appuntamento, avvenuto a Torino, è stato molto interattivo, con una buona comunicazione tra caregiver ed esperti."
"Nel primo incontro eravamo tutti partiti con l'idea che fossimo lì per loro, per aiutare i caregiver", conclude Cristina Razzini. "Alla fine di questi due giorni ho realizzato che non eravamo lì per loro, ma con loro. Ne siamo tutti usciti arricchiti, a questo aspetto umano, il valore del loro vissuto è stato la dimostrazione che può esistere una sanità partecipata, attraverso la quale tutti insieme si va verso un obiettivo, facendo in modo che i percorsi siano più a misura d'uomo e a misura della necessità delle persone".
Fonte | FNOPI