Niente bisturi: nei bambini l’esofago interrotto e diviso in due si ripara con le super calamite

Un team dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma ha trattato con successo 5 bambini affetti da atresia esofagea grazie a una tecnica innovativa detta magneto-anastomosi. Due magneti posizionati nei monconi esofagei, attraendosi tra loro, sono in grado di avvicinare i due tratti dell’esofago fin quando non si rinsaldano insieme ridando continuità all’organo.
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Kevin Ben Alì Zinati 5 Ottobre 2022
* ultima modifica il 05/10/2022

È raro, rarissimo se pensi che può colpire da un massimo di un bambino su 2500 a un minimo di uno su 4000. Eppure succede: i bambini possono nascere con l’esofago interrotto e diviso in due. Si tratta di una patologia congenita chiamata atresia esofagea che impedisce la normale alimentazione attraverso la bocca.

Il trattamento solitamente prevede un intervento chirurgico ed è un approccio molto efficace. Sai bene che intervenire sul torace di un neonato o di un lattante di pochi chili di peso porta con sé anche una serie di rischi.

Oggi però abbiamo a disposizione una tecnica innovativa, meno invasiva e decisamente più sicura. I medici dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù l’hanno applicata con successo per la prima volta in Italia curando ben 5 bambini, tutti sotto i 4 mesi.

La nuova metodica si chiama magneto-anastomosi e permette di curare l’atresia dell’esofago grazie all’azione di due magneti che, posizionati alle estremità dei monconi esofagei, sono in grado di ristabilire la continuità dell’esofago senza ricorrere all’intervento chirurgico.

I primi 5 bambini trattati dal Bambino Gesù sono stati descritti sul Journal of Pediatric Surgery e rappresentano un quinto di tutti i casi ad oggi raccontati in letteratura a livello internazionale (solo 25).

L’atresia esofagea è una malformazione congenita che determina un’interruzione dell’esofago. Il tratto del tubo digerente che permette il passaggio del cibo dalla bocca allo stomaco resta così spezzato in due “monconi”. Quando questi si trovano a una discreta distanza tra loro si parla di atresia esofagea “long-gap”.

L’approccio terapeutico seguito dagli esperti del Bambino Gesù anziché l’intervento chirurgico invasivo sfrutta le potenzialità di due calamite di 0,5 centimetri di diametro posizionate nella parte finale dei due monconi non comunicanti dell’esofago.

Uno viene posizionato nel tratto superiore attraverso un sondino morbido che passa dalla bocca, l’altro invece viene inserito nel tratto inferiore grazie a una piccola apertura per l’alimentazione presente all’altezza dello stomaco.

Una volta che i due magneti sono a loro posto, cominciano ad attrarsi l’uno con l’altro portando i i due monconi dell’esofago ad avvicinarsi tra loro quanto basta perché si uniscano per mezzo della forza generata dal campo magnetico.

I due magneti, attraendosi, fanno avvicinare i due monconi esofagei fin quando non si rinsaldano insieme ridando continuità all’organo. Photo credit: Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.

Nel giro di una settimana, la pressione esercitata dai magneti “buca” in modo totalmente sicuro le pareti dell’esofago aprendo il passaggio tra moncone superiore e inferiore, che finiscono per saldarsi tra loro restituendo continuità all’esofago che torna dunque “pervio”, cioè aperto, e non più “atresico”.

Al termine di questo processo i due magneti vengono rimossi semplicemente sfilando il tubicino con cui erano stati posizionati e dopo alcune sedute di dilatazione dell’esofago i bambini tirannò ad essere alimentati per bocca.

«I vantaggi di questa nuova tecnica sono molteplici – spiega il professor Pietro Bagolan, direttore del Dipartimento medico-chirurgico del feto-neonato-lattante – Oltre a evitare lo stress e le possibili conseguenze come il dolore postoperstorio, di un intervento chirurgico classico o mininvasivotoracoscopico, i bambini hanno anche un decorso molto più semplice e spesso anche molto più rapido prima di poter finalmente mangiare naturalmente per bocca. Inoltre, non si creano cicatrici, neppure interne, legate all’accesso chirurgico classico. Questo rende più semplici ed agili eventuali futuri interventi per l’assoluto rispetto della anatomia del torace e del mediastino, la delicata regione anatomica in cui è alloggiato l’esofago”.

Fonte | Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma 

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