Niente cicatrici, tempi di recupero dimezzati e zero dolore: con la chirurgia robotica, il futuro della cura della valvola mitrale è già qui

La valvola mitrale è una delle quattro valvole cardiache e ha un ruolo decisivo perché permette al sangue il giusto percorso in ogni angolo del corpo. Ma è anche tra i suoi componenti più esposti a danni, come il prolasso. Si tratta di una patologia assai diffusa che colpisce più di 1 milione di italiani. Oggi, nella giornata mondiale del cuore, ti portiamo alla scoperta della cardiochirurgia robotica: l’innovativa metodica che permette di riparare la valvola con un intervento assolutamente poco invasivo e ricco di vantaggi per i pazienti.
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Kevin Ben Alì Zinati 29 Settembre 2022
* ultima modifica il 29/09/2022
Intervista al Dott. Alfonso Agnino Direttore della Cardiochirurgia robotica e mininvasiva di Humanitas Gavazzeni di Bergamo

Non la vedi, e nemmeno la senti. Ma si apre e si chiude più di 100mila volte al giorno e controlla il flusso di sangue tra l’atrio di sinistra e il ventricolo di sinistra permettendogli di compiere il percorso giusto sulle autostrade del tuo organismo.

La valvola mitrale è una delle quattro valvole che contraddistinguono l’architettura del tuo cuore e rappresenta uno dei principali motori del tuo corpo.

Essenziale e fondamentale, eppure la valvola mitrale è anche uno degli elementi più delicati e fragili  del cuore. Molto spesso, infatti, si trova soggetta a danni e alterazioni in grado di comprometterne il funzionamento: il più frequente di questi è il cosiddetto prolasso.

Si tratta di una condizione congenita che oggi colpisce circa il 2-3% della popolazione mondiale. Probabilmente ne hai sentito parlare perché se guardi bene dentro la lente d’ingrandimento vedrai che circa 180 milioni di persone nel mondo ne sono affetti, oltre 1 milione in Italia con circa 230mila casi in Lombardia.

Pensa che nella sola provincia di Bergamo più di 2mila persone convivono con questa patologia. Non ho citato Bergamo a caso. Qui ha sede l’ospedale Humanitas Gavazzeni, uno dei centri più all’avanguardia a livello internazionale per quanto riguarda lo studio e il trattamento della valvola mitrale.

Dal 2019 infatti è attivo un programma di Cardiochirurgia robotica all’interno del quale, ad oggi, sono state curate con successo oltre 150 valvole mitrali.

Il programma di cardiochirurgia Robotica dell’Humanitas Gavazzeni di Bergamo, dal 2019 ad oggi, ha curato con successo più di 150 valvole mitrali. Photo credit: Humanitas Gavazzeni di Bergamo.

Sotto la guida del dottor Alfonso Agnino, il programma ha anche permesso di sperimentare le più innovative metodiche chirurgiche a distanza, come gli smart glasses e il telementoring.

Ti ricorderai del primo intervento europeo di telementoring in cardiochirurgia robotica: un’operazione di riparazione della valvola mitrale che il team del dottor Agnino, nel 2021, ha portato a termine grazie a un innovativo sistema di telecamere con cui è stato creato un collegamento tra Bergamo e un’équipe medica all’Università di Rennes, a più di 1.200 chilometri di distanza.

“La robotica è lo strumento che ci permette di risolvere problemi seri come quelli alla valvola mitrale a bassissimo impatto ci racconta il dottor Alfonso Agnino, direttore della Cardiochirurgia robotica e mininvasiva di Humanitas Gavazzeni di Bergamo oggi, nella giornata mondiale dedicata proprio al cuore.

Dottor Agnino, stiliamo l’identikit della valvola mitrale: cos’è e qual è il suo ruolo all’interno del cuore? 

La valvola mitrale è una sorta di porta a due ante che si aprono e si chiudono a ogni contrazione cardiaca. Noi abbiamo 70 battiti al minuto, che moltiplicato per 24 ore dimostra che tutte le valvole, compresa la mitrale, si aprono e si chiudono 100mila volte al giorno. Si trova tra l’atrio di sinistra e il ventricolo di sinistra, quindi nella parte sinistra del cuore. Quando il sangue ossigenato arriva nell’atrio di sinistra attraverso i polmoni, la valvola mitrale si apre e permette che questo passi nel ventricolo sinistro, che si contrae. A questo punto la la valvola aortica si apre, permettendo al sangue ossigenato di entrare nell’aorta, ovvero il tubo più importante del nostro corpo che trasporta il sangue in ogni angolo del corpo. A questo punto la valvola mitrale dunque si chiude, evitando che il sangue torni indietro verso i polmoni.

irettore della Cardiochirurgia robotica e mininvasiva di Humanitas Gavazzeni di Bergamo

Ha un ruolo fondamentale, insomma.

Come tutte le valvole cardiache. Quelle che però si trovano nella parte sinistra del cuore hanno un ruolo ancora più importante perché il loro corretto funzionamento permette la corretta perfusione di tutto l’organismo. Queste valvole inoltre sono sottoposte a uno stress maggiore perché le pressioni del ventricolo di sinistra sono molto più alte di quelle di destra. Nel ventricolo di sinistra abbiamo pressioni intorno ai 110-120 mm di mercurio, a destra siamo tra i 25-30mm. In più, la mitrale è l’unica valvola che ha due ante, tutte le altre ne hanno tre.

Questa differenza che cosa comporta?

Lo stress a cui è sottoposta è maggiore perché è distribuito su due ante anziché tre. La mitrale poi morfologicamente è caratterizzato da una serie di corde che entrano all’interno del ventricolo determinando la posizione e allo stesso tempo stabilizzandone l’architettura. La sua importanza nel mantenimento della funzione del ventricolo è dunque fondamentale.

Le due porte e la maggior pressione cui è sottoposta rendono la valvola mitrale dunque più esposta a rischi. Parliamo della condizione più frequente cui potrebbe andare incontro: il prolasso. 

Questa condizione ereditaria determina che le due ante della valvola, nella fase della contrazione del ventricolo, invece di fermarsi nel ventricolo entrano nell’atrio. È una condizione abbastanza frequente e non va confusa con l’insufficienza valvolare mitralica.

Che differenza c’è?

La maggior parte dei prolassi per fortuna non dà luogo al corretto funzionamento della valvola mitralica perché nonostante le due ante entrino nell’atrio riescono comunque a chiudersi perfettamente. Ci sono però altre condizioni in cui le due ante o una delle due entrano talmente tanto nell’atrio di sinistra che non riescono più a trovarsi tra di loro causando un ritorno di sangue verso i polmoni. In questo caso si parla di insufficienza mitralica da prolasso. Faccio un esempio per spiegarmi meglio.

Prego.

Se una persona soffre di piedi piatti riesce comunque a camminare e correre. Questo è un paramorfismo: significa che nonostante non abbia una morfologia normale del piede, riesce comunque a fare tutto. Può succedere però che con il passare del tempo, il non avere l’arco plantare causi dolore costringendo la persona a utilizzare il plantare. Ecco: il prolasso è il piede piatto mentre l’insufficienza è quando questa condizione comincia a dare problemi.

Cosa determina l’insorgenza di un prolasso della valvola mitrale?

Fondamentalmente solo l’ereditarietà genetica. Il prolasso valore mitralico è legato a una condizione detta “a trasmissione autosomica recessiva”. In sostanza vi è un eccesso di produzione di filamina, una proteina che costituisce gran parte dell’endocardio, la parte interna del cuore che quando si piega su se stessa forma le valvole. Quando dunque c’è questo difetto, si verifica un eccesso di tessuto che crea il prolasso.

E cosa invece provoca l’insufficienza?

Vi sono insufficienze mitraliche legate al prolasso ma esistono anche altre forme acquisite e legate a disfunzioni del ventricolo. Se questo non ha una geometria corretta o una parte dello stesso non si contrae in maniera adeguata, determina un malfunzionamento della valvola e in questi casi si parla di insufficienza funzionale (e non più degenerativa o organica), cioè legata all’alterazione della funzione del ventricolo.

Qual è la sintomatologia da cui si può riconoscere un prolasso della valvola mitrale? 

Nelle forme congenite molto spesso la sintomatologia può essere totalmente assente. Questo perché, essendo una condizione congenita, si è portati ad avere anche degli equilibri per cui il cuore riesce a compensare queste anomalie. Tali forme sono le più pericolose perché all’ombra del silenzio sintomatologico, la malattia avanza. Esistono poi forme in cui c’è una vera sintomatologia fatta di affanno, fame d’aria, palpitazione ed astenia, quindi stanchezza dopo uno sforzo. Questo avviene perché una parte del sangue sempre più importante torna indietro verso il polmone inondandolo e ciò determina l’affanno. In altri casi, invece, non c’è la giusta quantità di sangue nell’aorta e di conseguenza arriva poco sangue ai muscoli e ci si sente stanchi.

Come si interviene per riparare i danni a una valvola mitrale?

Ci sono due vie. Prima di tutto si fa un tentativo di controllo della progressione della malattia con la terapia farmacologica, mirata a proteggere il cuore nella fase in cui l’insufficienza è più importante. Sono trattamenti di contenimento non risolutivi. I farmaci rallentano la progressione della malattia ma non escludono l’intervento.

Come si procede in questi casi?

Ci sono tre soluzioni chirurgiche per riparare la valvola e quindi mantenere intatta l’architettura del cuore. Una è la sternotomia, un intervento chirurgico che prevede l’apertura dello sterno con un’incisione di circa 30-35 centimetri. Poi c’è la metodica mininvasiva, che comporta un’apertura di 5-6 centimetri sull’emitorace destro con una lieve divaricazione delle coste e l’utilizzo di due buchi di un centimetro. Infine, da qualche anno, abbiamo a disposizione anche la chirurgia robotica, che sfrutta soltanto 4 buchi di 8 millimetri e un’incisione di 1 centimetro e mezzo realizzata sotto l’ascella.

L’Humanitas Gavazzeni di Bergamo ha fatto scuola in fatto di cardiochirurgia robotica per la valvola mitrale.

In Europa ci sono circa 30 centri specializzati in questa metodica di intervento, 2 in Italia. Di questi noi a Bergamo siamo i primi a livello nazionale e tra i primi 5 in Europa con più di 150 casi trattati.

Come avviene un’operazione robotica di riparazione della valvola mitrale?

Il protagonista è il robot DaVinci. Il chirurgo si siede su una consolle dove vi sono dei joystick attraverso cui dà luogo ai movimenti dei suoi bracci. Il robot è connesso a una struttura dove risiede un’intelligenza artificiale che trasmette i dati ai bracci del robot che nel frattempo sono entrati nel paziente attraverso dei fori di pochi millimetri. Il campo operatorio è poi amplificato da una realtà virtuale che aumenta in maniera esponenziale le capacità del chirurgo in termini di funzionamento sia della mano sinistra che della mano destra. Chi opera può utilizzare ben 3 strumenti contemporaneamente ed è anche in grado di muovere tutto il braccio robotico all’interno del corpo del paziente compiendo passaggi tecnici altrimenti impossibili.

Qui puoi vedere un momento di un intervento con il robot DaVinci. Photo credit: Humanitas Gavazzeni di Bergamo.

Quali vantaggi offre questo approccio innovativo? I benefici che riguardano il paziente sono in termini di recupero psicofisico funzionale. Sanguina meno, incorre in un rischio infettivo più basso e in un dolore nettamente inferiore. Ricordiamo poi che di questo intervento non resta quasi traccia: psicologicamente il paziente non avrà quindi percezione dell’alterazione della propria integrità fisica. E poi si tratta di un intervento decisamente poco invasivo.

Che tempi di recupero ha un paziente sottoposto a questo tipo di intervento? 

Varia in base al paziente ma rispetto all’approccio minivasivo, l’intervento robotico è più veloce del 30-40%, e la mininvasiva a sua volta è più veloce rispetto alla sternotomia. Con l’intervento per via sternotomica, ci vogliono dai 40 ai 50 giorni solo per al formazione del callo osseo e il recupero funzionale del giovane è in media di 3 mesi mentre nell’anziano vari a dai 3 ai 6 mesi. Con la tecnica mininvasiva il recupero è dai 40-50 giorni mentre con la robotica è di 2-3 settimane.

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