Nuove conferme sul calo dell’efficacia dei vaccini Pfizer e Moderna: “Da marzo a luglio siamo passati da oltre 90% al 65%”

Un gruppo di ricercatori dell’Università della California di San Diego ha misurato l’efficacia della protezione dei vaccini a mRna sugli oltre 19mila dipendenti dell’ateneo, riscontrando un drastico calo nel giro di 6-8 mesi. Le cause? La naturale riduzione dell’immunità, la variante Delta e la fine delle misure di mascheramento introdotte in California.
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Kevin Ben Alì Zinati 6 Settembre 2021
* ultima modifica il 06/09/2021

Da oltre 95% giù fino al 65%. Da marzo a luglio. Questo sarebbe il destino dell’efficacia dei vaccini di Pfizer e Moderna.

Lo scrivono medici ed esperti di salute pubblica dell’Università della California di San Diego in una lettera inviata al The New England Journal of Medicine dopo aver misurato l’efficacia dei vaccini mRNA tra gli operatori sanitari dell'UC San Diego Health.

Un drammatico cambiamento probabilmente dovuto a una combinazione di fattori tra cui l’esplosione della variante Delta, la naturale e prevista diminuzione della protezione garantita dalla vaccinazione e “la fine dei requisiti di mascheramento” che hanno caratterizzato la California.

A sorprendere non è tanto il declino dell’efficacia in sé: lo sapevamo. I dati degli studi clinici suggerivano che sarebbe successo “diversi mesi dopo” la chiusura del ciclo vaccinale ma i risultati dei ricercatori californiani hanno accorciato questa tempistica a “6-8 mesi dopo aver completato la vaccinazione”.

La situazione

Ti faccio un po’ di contesto. Ti ricorderai che i vaccini a mRna di Pfizer e Moderna sono stati autorizzati all'uso emergenziale dalla Food and Drug Administration nel dicembre 2020.

In Italia, come nel resto d’Europa, il 27 dicembre era stata la data simbolo di inizio della campagna vaccinale: dopo aver scaldato i motori, insomma, la luce verde totale è arrivata a gennaio, con la partenza della vaccinazione di massa.

Da lì ad oggi ne sono successe di cose. Il vaccino di AstraZeneca che viene sospeso a causa di decessi sospetti e rischi aumentati, la circolazione delle varianti del virus ma anche l’ok della Fda all’uso non più emergenziale per Pfizer. Non dimenticarti l’introduzione del Green pass, il via alla terza dose in Israele e Germania (pronta anche in Italia) o il superamento di quota 70% della popolazione vaccinabile (over12) nel nostro Paese.

Tutto questo mentre ci si continuava ad interrogare sull’efficacia dei vaccini: su quanto tempo, insomma, ci avremmo avuto gli anticorpi necessari per proteggerci dal Covid-19.

Perché l’immunità non sarebbe stata eterna. Data questa premessa, la scienza si è dunque messa al lavoro per trovare una tempistica che potesse guidare le successive mosse dalla campagna vaccinale: leggasi, appunto, terza dose.

Una prima risposta era arrivata da uno studio inglese secondo cui la protezione garantita da Pfizer er AstraZeneca comincerebbe sostanzialmente a diminuire nel giro di 2-3 mesi dopo la seconda dose.

Dati e numeri che rafforzavano insomma l’idea di un terzo giro di punture per rinvigorire una protezione destinata, quindi, a decrescere nel tempo.

Ora il nuovo studio californiano non solo ha riaggiornato la tabella di marcia dell’efficacia dei vaccini a mRna: ne avrebbe quantificato anche il calo. Da oltre il 90% del mese di marzo, l’efficacia di Pfizer e Moderna sarebbe scesa al 65,5% nel mese di luglio.

I numeri

Gli scienziati dell’Università della California di San Diego hanno monitorato la situazione all’interno della “bolla” dei propri quasi 20mila lavoratori.

Nel dicembre 2020, la situazione epidemiologica era caratterizzata da una grande ondata di infezioni da Sars-CoV-2, successivamente migliorata con l’inizio della vaccinazione con i vaccini Pfizer e Moderna. A marzo 2021 il 76% dei lavoratori dell’Università era completamente vaccinato, percentuale salita all'83% nel luglio 2021.

I ricercatori hanno osservato che l’aumento della copertura vaccinale coincideva con un calo tra marzo e giugno del numero di lavoratori con almeno un sintomo di Covid-19 e un tampone molecolare positivo: numero sceso poi a meno di 30 persone al mese.

Le cose sono poi cambiate a partire da giungo, quando hanno notato un significativo aumento delle infezioni negli operatori sanitari che erano stati tra i primi ad essere immunizzati a dicembre del 2020.

A luglio, 125 lavoratori erano positivi al virus e, a differenza dei mesi precedenti quando circa il 20% di questi casi riguardava lavoratori vaccinati, la percentuale era salita al 75%.

Nello specifico, si legge nella lettera, un totale di 227 operatori sanitari è risultato positivi, 130 dei 227 lavoratori (57,3%) erano completamente vaccinati: i sintomi erano poi presenti in 109 dei 130 lavoratori completamente vaccinati (83,8%) e in 80 dei 90 lavoratori non vaccinati (88,9%).

C’è da sottolineare che nell’indagine non è stato riportato alcun decesso mentre solo un soggetto, non vaccinato, è stato ricoverato in ospedali con sintomi gravi.

I numeri non hanno lasciato spazio a dubbi. L’efficacia dei due vaccini a mRna, che all’inizio era stata indicata rispettivamente al 95% per Pfizer e al 94,1% per Moderna, è rimasta tale dal mese di marzo fino giungo: a luglio sarebbe poi scesa al 65,5%.

Le cause 

I ricercatori hanno individuato una serie di cause dietro quello che, come ti ho accennato all’inizio, definiscono un “drammatico cambiamento” nell'efficacia del vaccino.

Oltre alla naturale diminuzione della protezione, un importante ruolo l’ha rivestito l’insorgere della cosiddetta variante Delta: una forma mutata del virus contraddistinta da una capacità diffusiva maggiore e una più alta contagiosità.

Senza dimenticare, hanno sottolineato, l’aggravamento portato dalla scelta delle autorità californiane di eliminare l’obbligo della mascherina. Una decisione che, di fatto, ha aumentato notevolmente il rischio di esposizione in tutta la comunità.

Fonte | "Resurgence of SARS-CoV-2 Infection in a Highly Vaccinated Health System Workforce" pubblicata il 1 settembre 2021 sul New England Journal of Medicine

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