Paralisi del sonno: quali sono i sintomi e come si può trattare questo disturbo

Approfondiamo e cerchiamo di capire in cosa consistono quei pochi secondo di inamovibilità prima del sonno o durante la veglia.
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Valentina Danesi 29 Maggio 2023
* ultima modifica il 10/10/2023

La paralisi del sonno è un disturbo che si manifesta poco prima di svegliarsi o di addormentarsi. In cosa consiste? La spiegazione è piuttosto semplice: la persona è cosciente, e quantomeno apparentemente sveglia, ma non è in grado di muoversi e parlare.

Un episodio di questo tipo sicuramente ti spaventerà e sarà per te fonte di ansia, ma devi sapere che nella maggior parte dei casi non si tratta di un qualcosa di grave. La durate in genere può estendersi da pochi secondi a un paio di minuti: ecco perché lo spavento può essere intenso nonostante non ci sia alcun problema o strascico successivo.

Non c’è una differenza nella frequenza tra uomini o donne, ma interessa in modo particolare gli adolescenti e gli adulti tra i 25 e i 45 anni. Inoltre, dobbiamo fare una distinzione tra le paralisi ipnagogiche, che si verificano tra la veglia e il sonno (in sostanza mentre ti stai addormentando), e quelle ipnopompiche che invece si manifestano quando ti stai per svegliare.

Le cause 

Ma da cosa sono causate le paralisi del sonno? Da un’alterazione dei cicli che avvengono durante il sonno e per questo motivo ci sono diverse ipotesi rispetto all'origine del disturbo. La più accreditata riguarda un'alterazione di quei processi neurotrasmettitoriali che vanno a determinare la paralisi e il rilassamento muscolari tipici della fase REM, ossia quella di sonno profondo.

Il risultato finale è una paralisi muscolare dovuta a una mancata sincronia nel rilascio ormonale poco dopo il risveglio o poco prima dell’addormentamento. Questo può essere causato da:

  • scarsità di sonno
  • sonno irregolare
  • narcolessia o disturbi del sonno
  • predisposizione genetica.

I sintomi

Ecco dei principali sintomi della paralisi del sonno:

  • incapacità di muoversi (e talvolta anche di parlare) durante il risveglio
  • percezione di suoni non esistenti come ronzii, sibili, sussurri e voci
  • sensazione di essere come sospesi nell’aria.

Nel caso delle allucinazioni ipnagogiche, talvolta, può subentrare il problema della percezione di una figura minacciosa nella stanza. Tutte queste percezioni alterate possono diventare fonte di ansia, paura e addirittura panico.

La diagnosi 

Il primo passo per una diagnosi corretta di paralisi del sonno è un’attenta anamnesi del tuo medico curante che analizzerà i sintomi che descrivi. È importante capire come dormi e quanto dormi per capire se sei predisposto allo sviluppo di questo disturbo.

Ti verrà richiesta la frequenza con cui si sono presentati gli episodi sospetti, la durata di questi e se hai avvertito ansia o panico. Sarà inoltre importante scoprire se in famiglia altre persone ne soffrono. Infine, un dato importante e verificare se si viene colti da improvvise perdite di controllo dei muscoli, cioè da cataplessia, durante la giornata.

Le terapie e i rimedi

Per quanto riguarda le terapie per le paralisi del sonno, si parte prima di tutto con la cosiddetta igiene del sonno. Si agisce cioè sulle abitudini della persona: dormire almeno sei ore a notte, cercare di rilassarsi ed evitare di guarda schermi almeno 30 minuti prima di addormentarsi, dormire in una stanza completamente buia e quanto più silenziosa possibile e così via. Si ricorre a una terapia farmacologica solo nei casi più severi, ossia quando gli episodi sono cronici, e di norma lo specialista prescrive dei farmaci antidepressivi.

Come prevenire la paralisi del sonno 

Non esiste una vera e propria possibilità di prevenzione della paralisi del sonno. A chi ne soffre, vengono consigliate una serie di abitudini per migliorare il proprio risposo e ridurre così il rischio che si verifichino questi episodi. Se quindi ti accorgi di dormire meno di 6 o 7 ore per diverse notti consecutive, cerca di anticipare l'orario in cui ti corichi e di rilassarti prima di addormentarti.

Fonte| NHS 

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