Paralizzato alle gambe, continua ad operare grazie a una sedia a rotelle elettronica: è la storia del dottor Alfonso Rosito

Nel 2017, all’epoca 54enne, il dottor Alfonso Rosito venne colpito da una leucemia mieloide acuta che lo costrinse a un doppio trapianto di midollo osseo. Durante il secondo intervento, il suo sistema nervoso centrale rimase gravemente danneggiato al punto che perse completamente l’utilizzo delle gambe. Eppure, grazie a un’innovativa sedia a rotelle elettronica, è tornato in sala operatoria e a svolgere la sua attività di chirurgo ortopedico.
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Kevin Ben Alì Zinati 28 Marzo 2023
* ultima modifica il 28/03/2023

Oggi Alfonso Rosito entra in sala e fa quello fa da più di vent’anni: operare ginocchia, anche, caviglie.

È un chirurgo ortopedico e continua a cimentarsi negli interventi più variegati, dalle ricostruzioni di legamenti e crociati all’impianto di protesi per ridare mobilità a chi l’ha persa, per un incidente o una patologia.

Fin qui niente di straordinario, starai pensando: vero? La storia tuttavia è eccezionale perché il dottor Rosito riesce a fare tutto questo grazie a una sedia elettronica verticalizzante che gli permette di alzarsi in piedi, approcciarsi al paziente in sicurezza e agilità e, appunto, operare.

Riesce a stare in sala operatoria e operare perché uno strumento da avanguardia tecnologica gli ha permesso di ripartire dopo una leucemia mieloide acuta che, quattro anni fa, gli ha fatto perdere completamente l’uso delle gambe.

Era il 2017 quando il dottor Rosito, all’epoca 54enne, si vide recapitare tra le mani una diagnosi dura, durissima. Lavorava come chirurgo ortopedico di una nota struttura sanitaria privata convenzionata e all’improvviso si è ritrovato dall’altra parte del tavolo, costretto a due trapianti di midollo osseo all’Ospedale San Martino di Genova.

Qui che la sua storia si complicò ancora di più. Durante il secondo intervento, avvenuto in piena pandemia, il dottor Rosito subì una GVHD (o Graft-Versus-Host Disease), cioè una reazione immunitaria che si verifica quando le cellule immunocompetenti del donatore si scontrano con i tessuti e gli organi del ricevente.

Risultato? Il suo sistema nervoso centrale restò danneggiato, insorse una paresi spastica alle gambe e la sua vita venne modificata per sempre. Il dottor Rosito, come ha raccontato in una recente intervista, da quel momento non fu più in grado di camminare, le gambe non lo reggevano, e non poteva più nemmeno reggersi in piedi da solo.

E come spesso accade, l’effetto domino presto investì ogni cosa, anche il lavoro. L’azienda per cui lavorava da oltre vent’anni, infatti, giudicò la sua “nuova” condizione troppo invalidante e decise che non era più idoneo a svolgere la sua professione medica.

Immobile, però, il dottor Rosito non restò tanto a lungo e dopo essersi iscritto a un concorso come dirigente medico ortopedico all’Ospedale Civile di Caserta e averlo vinto, se ne andò e ricominciò tutto daccapo.

Giunto in Campania, si è quindi affidato alle potenzialità della tecnologia e di un’innovativa sedia a rotelle elettronica grazie alla quale oggi può utilizzare liberamente i due terzi del suo corpo.

Dopo lunghi e duri mesi di allenamento, è infine tornare a operare, posizionando gomiti e avambraccio nella posizione migliore per operare attraverso una serie di regolazioni e inclinazioni della sedia.

Se in sala operatoria le cose sono tornate a funzionare, è fuori che la vita del dottor Rosito, così come quella di milioni di altre persone con disabilità in Italia, è ancora parecchio complicata. Con la sua sedia a rotelle, per esempio, non può girare nel centro storico di Caserta, non può entrare in molti bar o negozi e ha anche diverse difficoltà a parcheggiare la propria auto visto che i posti riservati risultano sempre abusivamente occupati.

“Comunque, in definitiva, il disabile spesso deve affrontare mille difficoltà per integrarsi nel contesto sociale. Non c’è una predisposizione ad accettare la diversità. Personalmente, per esempio, da quando sto sulla carrozzina qualche paziente ha perfino deciso di non farsi più curare da me” ha raccontato il dottor Rosito, utilizzando parole dure e commoventi.

La sua non è solo una storia di coraggio e forza. È una storia che deve far rumore, deve far riflettere. Deve scuotere i cuori e le sensibilità di una società ancora troppo ricca di barriere architettoniche e di un Paese ancora troppo indietro: un'Italia evidentemente costruita non a misura di persona che vive con una disabilità.

Fonte | Istituto Superiore di Sanità; Alfonso Rosito – Facebook

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