Dopo l'annuncio della decisione da parte del Comitato prezzi e rimborsi (Cpr) dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) di rendere la pillola contraccettiva gratuita per tutte le donne, la notizia ha svegliato attorno a sé un vecchio dibattito sull'opportunità di questa misura. Non solo tra gli operatori del settore, che per la maggior parte hanno accolto la notizia con favore.
A commentare la decisione del Cpr di Aifa, che tra fine aprile e inizio maggio dovrebbe arrivare in Cda, sono stati anche le parti politiche del Paese. Mentre le forze di sinistra hanno definito la decisione una svolta a favore della donna, c'è chi, soprattutto nella maggioranza di governo, non è affatto d'accordo, perché la decisione sarebbe contraria alle esigenze di natalità. Queste dovrebbero essere per il Paese – ha detto ad esempio la senatrice di Fratelli d'Italia Lavinia Mennuni – la priorità.
Sta di fatto che, d'accordo o no, il governo non potrà fare nulla contro l'eventuale approvazione definitiva dell'Aifa, essendo quest'ultimo un organo indipendente. Ma, in concreto, cosa potrebbe cambiare per le donne che intendono assumere la pillola contraccettiva?
Anche se manca l'ok definitivo del Cda, la gratuità della pillola contraccettiva per tutte le donne sembra ormai un fatto certo.
È stato stimato un costo per le casse dello Stato di circa 140 milioni di euro l’anno e secondo i dati Aifa questa svolta interesserà oltre 2,5 milioni di donne. È questo il numero di donne che assumono regolarmente la pillola in Italia.
Va però detto che il farmaco è già gratuito in certe regioni di Italia, ma solo nei consultori e a determinate categorie, in base a criteri anagrafici e/o economici. Nello specifico è così nel Lazio, Emilia-Romagna, Toscana, Piemonte, Puglia e provincia autonoma di Trento.
Inoltre quella che oggi è stata definita una "svolta" è stata la normalità fino a qualche decennio fa. La pillola contraccettiva è attualmente inserita nella lista dei farmaci essenziali dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ed era già parzialmente a carico del Sistema sanitario nazionale (Ssn) italiano fino al 1993, ma poi è passata nella fascia C a carico dei cittadini.
Non sono però ancora del tutto chiare le modalità con cui sarà possibile ottenere la pillola. Quelli che si potrebbero definire i punti saldi di questa novità sono state indicate – o meglio, raccomandate – dalla Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo), che vede riunita tutte le componenti della ginecologia italiana, universitaria, ospedaliera, territoriale:
"Ringraziando ancora l’Aifa per aver reso centrale il problema della contraccezione in Italia, ci si augura che: tutti i contraccettivi, sia daily che depot, siano resi gratuiti a carico del San, al fine di permettere la scelta del contraccettivo maggiormente indicato per ogni singola donna; che la vendita del contraccettivo avvenga sempre su prescrizione medica, al fine di poter scegliere il contraccettivo maggiormente indicato per ogni singola donna; che sia implementata una campagna informativa e formativa sulla “sessualità responsabile”; che siano implementate le strutture consultoriali e resi gratuiti gli ambulatori pubblici di pianificazione familiare affinché le donne trovino facilmente uno specialista pronto a consigliarle il contraccettivo per lei più idoneo; che siano previste possibilità di contraccezione long acting da proporre, a carico del San alle donne nella stessa seduta in cui si sottopongono ad intervento di Ivg (interruzione volontaria di gravidanza)”.
In sostanza l'assunzione della pillola dovrebbe restare possibile solo dopo visita medica e con la prescrizione del medico. Ovviamente resta fondamentale un uso consapevole del farmaco e il ruolo centrale dei consultori nel Paese.