Proposta di legge sul suicidio assistito: la discussione è stata rimandata di un mese ed è un problema

Si tratta di un testo base già approvato dalle Commissioni Giustizia e Affari sociali della Camera e che avrebbe dovuto essere discusso in Aula il 25 ottobre. Ma dopo continui rinvii, la prossima data prevista è addirittura il 22 novembre. Intanto sono passati tre anni da quando la Corte Costituzionale ha richiamato il Parlamento al proprio dovere. Tre anni di silenzio.
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Giulia Dallagiovanna 4 Novembre 2021
* ultima modifica il 04/11/2021

Doveva essere discussa alla Camera il 25 ottobre, invece di rinvio in rinvio siamo arrivati al 22 novembre. La proposta di legge sul suicidio assistito si sta scontrando con l'ostruzionismo dei partiti di destra e con le lungaggini del nostro sistema di approvazione delle leggi. L'ultimo passo concreto risale al 6 luglio, quando le Commissioni Giustizia e Affari sociali hanno approvato il testo base della proposta di legge sul "Rifiuto di trattamenti sanitari e sulla liceità dell’eutanasia". Dopodiché più nulla. Si attende infatti il parere del governo rispetto agli emendamenti presentati. Parere che ad oggi non è ancora arrivato. E se da un lato si può capire che Draghi e il Consiglio dei ministri a fine ottobre avessero altre priorità, tra G20 e Cop26, dall'altro lato non è ammissibile che da luglio a oggi non abbiano trovato il modo di fare la loro parte. E non va dimenticato che nel frattempo sono passati tre anni da quando la Corte Costituzionale aveva sollecitato il Parlamento a colmare un vuoto legislativo che lede la libertà e la dignità delle persone.

La proposta di legge sul suicidio assistito

Partiamo da una precisazione: il testo base dal quale dovrebbe partire la discussione non parla di eutanasia, ma di suicidio assistito. Nonostante il titolo possa infatti risultare fuorviante ("liceità dell'eutanasia"), scorrendo più avanti negli articoli si esplicita "porre fine volontariamente ed autonomamente alla propria vita" e "morte volontaria medicalmente assistita". La differenza tra le due pratiche di fine vita sta proprio in queste parole.

Nel caso del suicidio assistito, il paziente deve assumere i farmaci che il medico gli ha prescritto e procurato. Lo specialista gli rimane accanto durante tutto il percorso e soprattutto nelle fasi finali, ma non provoca direttamente il decesso. Diverso è il caso dell'eutanasia, dove è proprio il medico a somministrare la soluzione letale.

E c'è una ragione se la proposta si muove lungo questi binari. La sentenza storica della Corte Costituzionale arriva a settembre 2019, durante il processo a Marco Cappato, tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni, per l'accusa di aiuto al suicidio, secondo quanto previsto dall'articolo 580 del Codice penale. Cappato aveva accompagnato in Svizzera Fabiano Antoniani, più conosciuto come Dj Fabo, per permettergli di accedere, appunto, al suicidio assistito.

La Consulta stabilisce allora che l'aiuto al suicidio non è reato quando sussistono quattro condizioni: il proposito deve essersi autonomamente e liberamente formato nella persona che ne fa richiesta e quest'ultima deve risultare tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, affetta da una patologia irreversibile, che è fonte di sofferenze fisiche e psicologiche insopportabili.

A gennaio 2020, l'Ordine dei Medici ha assunto lo stesso atteggiamento, modificando l'articolo 17 del Codice deontologico e precisando che la scelta del medico di agevolare il proposito di suicidio da parte di un paziente "va sempre valutata caso per caso e comporta, qualora sussistano tutti gli elementi sopra indicati, la non punibilità del medico da un punto di vista disciplinare”.

Le quattro condizioni

Il testo base della proposta di legge mantiene inalterate le quattro condizioni previste dalla Corte Costituzionale e si basa proprio su quel precedente storico. Aggiunge poi la necessità di un testamento biologico, che il paziente deve redigere per iscritto o con altri mezzi di comunicazione. L'intero impianto della legge si regge infatti su una scelta consapevole e informata da parte della persona, che deve aver ben chiare quale sia la sua situazione clinica e quali altre possibilità abbia a disposizione. In ultimo, il testo specifica che "la richiesta può essere revocata in qualsiasi momento senza requisiti di forma e con ogni mezzo idoneo a palesarne la volontà".

Perché serve una legge

La necessità di una legge non deriva solo da questioni etiche, ma anche giuridiche. In questo momento infatti, una normativa semplicemente non esiste. Abbiamo quattro articoli del Codice penale ai quali ci si può richiamare per punire il medico o la persona che abbia in qualche modo aiutato, supportato o provocato la morte di un paziente, anche se quest'ultimo ne aveva fatto espressamente richiesta. Allo stesso tempo, esiste l'articolo 32 della Costituzione che prevede l'impossibilità di sottoporre chiunque a un trattamento sanitario contro il suo consenso, se non per disposizioni di legge che mirino a tutelare la sanità pubblica. In poche parole, non ti posso obbligare a rimanere in vita attaccato a un ventilatore meccanico, se non lo vuoi anche tu.

All'interno di questo gap che dura da almeno 40 anni si consumano le vite di pazienti affetti da patologie irreversibili che chiedono di poter esercitare i propri diritti. Ricorderai i nomi più famosi di Eluana Englaro, Piergiorgio Welby o, appunto, Dj Fabo. Ma sono tantissimi quelli che rimangono anonimi e che si rivolgono alle associazioni per capire se la strada della Svizzera sia aperta anche per loro. Una strada che prevede un viaggio lungo, complicato e molto costoso. Una strada, cioè, che non è percorribile da tutti.

Proprio di fronte a questo dilemma si era trovata la Corte Costituzionale che, non ricevendo alcuna risposta da parte del Parlamento, aveva dovuto risolvere il problema in autonomia, provando però a richiamare al proprio dovere l'organo legislativo della nostra Repubblica.

A che punto siamo oggi

Oggi aspettiamo. Ancora. La conferenza dei capigruppo ha ricalendarizzato la discussione che, al momento, è prevista per il 22 novembre. Ma intanto la Lega ha già minacciato la stessa opposizione che ha riservato il Ddl Zan, bocciato al Senato circa una settimana fa. E Fratelli d'Italia non sarà da meno. Il rischio molto concreto è che l'attesa finisca per risolversi nell'ennesimo nulla di fatto.

Fonte| Proposta di legge "Rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell’eutanasia" 

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