Coronavirus e visoni: quali sono le ragioni scientifiche dietro all’abbattimento di milioni di esemplari in Danimarca?

Lo stato scandinavo, primo produttore mondiale di pellicce da visone, ha deciso di abbattere tutti i 15 milioni di esemplari presenti negli allevamenti sul suo territorio per prevenire il rischio che questi animali possano trasmettere all’uomo una versione mutata del coronavirus SARS-CoV-2, mettendo a rischio l’efficacia di un futuro vaccino.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Federico Turrisi 7 Novembre 2020
* ultima modifica il 07/11/2020
Intervista al Prof. Sergio Rosati Professore ordinario di malattie infettive degli animali presso il Dipartimento di Scienze Veterinarie dell'Università di Torino

Sta facendo il giro del mondo la notizia che la Danimarca, tra i principali esportatori di pellicce a livello globale, ha dato il via a un piano per abbattere tutti i visoni presenti nei suoi allevamenti: circa 15 milioni di animali, una cifra impressionante. Lo stesso primo ministro danese Mette Frederiksen ha spiegato il motivo di questa scelta, citando uno studio dell'agenzia governativa "Staten Serum Institut". I ricercatori hanno identificato proprio nei visoni una nuova mutazione genetica del coronavirus SARS-CoV-2, che sarebbe già passata all'uomo, mettendo a rischio anche l'efficacia di un futuro vaccino. Secondo i media locali, sarebbero già 12 le persone contagiate dalla nuova variante del virus e 207 gli allevamenti di visoni infettati.

Gli animalisti si mettano il cuore in pace: il destino di questi animali era già segnato e sarebbero stati comunque uccisi per realizzare pellicce. Di certo, si tratta di una vera e propria mazzata per un settore già in declino: Kopenhagen Fur, la cooperativa che riunisce gli allevatori di animali da pelliccia danesi, stima un danno di oltre 5 miliardi di corone, l'equivalente di 670 milioni di euro circa. Qui però subentra soprattutto una questione di salute pubblica.

Si erano registrati dei casi di infezione da coronavirus SARS-CoV-2 all'interno degli allevamenti già nei mesi scorsi, e decine di migliaia di visoni in Danimarca erano già stati soppressi per scongiurare il rischio di trasmissione dall'animale all'uomo. Ma adesso la linea di Copenhagen è quella di affrontare la questione in maniera radicale. Per inquadrare meglio il problema di cui stiamo parlando e per capire le motivazioni che hanno spinto a questa decisione, abbiamo chiesto un parere a Sergio Rosati, esperto di malattie infettive negli animali e docente presso il Dipartimento di Scienze Veterinarie dell'Università di Torino.

Professore, che cosa sta succedendo in Danimarca?

Innanzitutto, bisogna fare una piccola premessa. È stato dimostrato che il coronavirus SARS-CoV-2 può infettare diverse specie animali, tra cui i mustelidi. I visoni rientrano in questa categoria. Nel momento in cui il virus, per opera dell'uomo, entra all'interno di un allevamento intensivo, dove ci sono centinaia di individui rinchiusi nelle gabbie a stretto contatto, è chiaro che si creano le condizioni per la diffusione del contagio in quella popolazione.

Alcuni animali muoiono, perché c'è sempre un tasso di letalità non trascurabile. Ma la maggior parte dei visoni sopravvive all'infezione e negli allevamenti si crea quella che definiamo immunità di gregge. Che cosa succede allora? Il virus cerca di selezionarsi generando delle varianti che tentano di eludere gli anticorpi prodotti dai soggetti ospiti nel corso di precedenti infezioni. Dal momento che circola negli allevamenti danesi da 4-5 mesi, il coronavirus, spinto dalla pressione immunitaria che evidentemente stava aumentando, ha cominciato a mutare.

Come accade con l'influenza stagionale.

Esattamente. Il fenomeno si chiama deriva antigenica (antigenic drift in inglese) e consente ai virus influenzali di ripresentarsi nella stessa popolazione dopo uno o due anni. Ecco perché ogni anno aggiorniamo il vaccino antinfluenzale per coprire l'epidemia stagionale.

È eccessivo riferirsi alla Danimarca come a una possibile "nuova Wuhan", ossia a un possibile epicentro da cui si possa diffondere il nuovo ceppo?

Effettivamente la nuova variante, che tende a essere meno neutralizzata dagli anticorpi che un paziente ha prodotto dopo aver contratto il Covid-19, ha cominciato a contagiare alcune persone. Qual è il principale timore? Stiamo cercando di sviluppare un vaccino per il SARS-CoV-2 e questo vaccino dovrebbe stimolare una risposta immunitaria efficace; ma se gli anticorpi non sono in grado di neutralizzare il virus mutato, questa nuova variante potrebbe avere un vantaggio selettivo e quindi propagarsi con una maggiore velocità.

Dunque è legittima la preoccupazione del governo danese?

In realtà, non ci sono ancora dati scientifici che sostengano l'ipotesi appena esposta. L'unica cosa ufficiale che abbiamo è una lettera inviata dal ministro per le politiche agricole e alimentari danese all'Organizzazione mondiale della sanità animale, in cui si segnalano la presenza della nuova variante e i potenziali rischi per l'efficacia del futuro vaccino contro il coronavirus SARS-CoV-2. Però, nel momento in cui la sperimentazione sarà terminata e una volta che abbiamo imparato quali sono i vaccini efficaci e come si producono, eventualmente si tratterà di cambiare solo il ceppo di partenza, se questo nel frattempo sarà mutato. Come si fa per l'influenza stagionale, per intenderci. Non mi sembra quindi che ci siano le condizioni per generare il panico.

Tuttavia, la Danimarca vuole giustamente ridurre il rischio che i visoni possano diventare una fonte di endemizzazione del virus. Accelerando sulla loro soppressione, lo stato scandinavo anticipa i tempi su una eventuale chiusura degli allevamenti intensivi di animali da pelliccia. La tendenza a livello europeo è ormai questa, legata anche al cambiamento della mentalità delle persone: diminuisce la domanda, diminuisce anche l'offerta.

Il modello intensivo di allevamento svolge un ruolo di primo piano in questa vicenda?

Su questo punto vorrei essere chiaro, perché si fa presto a demonizzare gli allevamenti intensivi in generale. Qui si sta parlando di una specie animale particolarmente suscettibile al SARS-CoV-2 e le condizioni in cui sono tenuti i visoni hanno contribuito alla propagazione del virus. I nostri allevamenti intensivi di bovini o suini, per esempio, devono rispettare degli standard elevati in fatto di biosicurezza. Andrebbe ripensato, se non abolito, l'allevamento degli animali da pelliccia, questo sì.

Per quanto riguarda invece gli animali da compagnia non dobbiamo preoccuparci, vero?

Abbiamo notato che ogni tanto i gatti che coabitano con pazienti positivi possono produrre anticorpi contro il coronavirus SARS-CoV-2, di solito senza manifestare sintomi clinici. Niente panico. Gli animali domestici si contagiano perché l'uomo trasmette a loro il virus. Non esiste il pericolo che un gatto o un cane possano infettare delle persone. La raccomandazione che facciamo sempre è questa: quando in casa c'è un paziente infetto, nei riguardi dell'animale da compagnia dobbiamo avere la stessa cautela e le stesse attenzioni che abbiamo nei confronti degli altri componenti della famiglia. Anche cani e gatti devono essere tutelati dal rischio di contrarre il virus a loro volta.

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.