Di varianti del SARS-Cov-2 se ne parla soprattutto da dicembre, ovvero da quando sono arrivati i primi vaccini. Non è un complotto o il risultato di una precisa strategia politica: semplicemente ci si è chiesti se i farmaci immunizzanti che avevamo a disposizione potessero risultare efficaci anche contro eventuali mutazioni del Coronavirus. E così hai imparato a conoscere la variante inglese, quella brasiliana, quella sudafricana e così via. E poi hai iniziato a leggere notizie preoccupanti (e spesso scritte con toni allarmistici) di focolai provocati proprio da queste varianti. Ora l'Istituto superiore di sanità ha pubblicato il primo bollettino che fa chiarezza sulla diffusione delle principali mutazioni sul territorio italiano.
Si intitola "Prevalenza e distribuzione delle varianti del virus SARS-CoV-2 di interesse per la sanità pubblica in Italia" e raccoglie i dati dal 18 dicembre 2020 al 19 maggio 2021. Nei mesi presi in esame sono stati segnalati all'ISS 23.170 casi di infezione con genotipizzazione tramite sequenziamento. Vuol dire cioè che dei 2.083.674 tamponi positivi emersi, oltre 23mila sono stati sottoposti a sequenziamento per verificare se il genoma del virus fosse lo stesso di quello emerso a Wuhan. Si tratta infatti dell'unico modo in cui è possibile rintracciare la presenza di una variante sul nostro territorio.
Da queste verifiche a campione, oggi scopriamo che:
Il rapporto è stato realizzato in collaborazione con la Fondazione Bruno Kessler e il Ministero della Salute e da questo momento in poi verrà pubblicato ogni 15 giorni. È importante infatti tenere monitorata la circolazione di queste mutazioni non tanto per allarmarsi, ma per avere sempre sotto controllo la situazione e poter verificare se le terapie e i vaccini continuino a funzionare anche in questi casi.
Fonte| Prevalenza e distribuzione delle varianti del virus SARS-CoV-2 di interesse per la sanità pubblica in Italia pubblicato dall'Istituto superiore di sanità il 19 maggio 2021