Quanto costa avere un tumore? Il 70% dei pazienti oncologici ha avuto ripercussioni economiche a causa della malattia

Potrebbe sembrare una domanda brutale, oppure marginale rispetto alla questione più importante della salute. Ma a mano a mano che si procede con le visite e le terapie, ci si accorge di tutta una serie di spese accessorie, non coperte dal Sistema sanitario nazionale, e che a fine mese corrispondono a centinaia di euro. Così, ci sono anche pazienti che rinunciano alle cure non strettamente necessarie.
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Giulia Dallagiovanna 6 Maggio 2021
* ultima modifica il 06/05/2021

Quando arriva una diagnosi di tumore, il primo pensiero è: sopravviverò? Poi inizia tutto l'iter delle visite e del lungo percorso di cura e ci si comincia a chiedere quali saranno gli effetti collaterali dei farmaci e, magari, se si tornerà mai a essere come prima della malattia. Alla fine però si fa strada un pensiero che fino a quel momento non era mai stato preso in considerazione, tanto sembrava marginale: quanto dovrò spendere per tutto ciò?

Un'indagine del 2018 condotta da FAVO (Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) in collaborazione con il CENSIS ha mostrato come dei 1.289 pazienti intervistati, il 70% manifestasse condizioni di disagio economico e per il 7% di questi si trattava di un problema davvero rilevante.

"I pazienti oncologici hanno un rischio di fragilità e di impoverimento aumentato rispetto a quello della popolazione sana – ci ha spiegato l'avvocato Elisabetta Iannelli, segretario generale di FAVO e vicepresidente di AIMAC (Associazione Italiana Malati di Cancro). – In alcuni casi, può arrivare a travolgere tutta la famiglia. E con questa nuova crisi economica, i primi a essere colpiti saranno proprio i più deboli".

Quali costi?

Fin dall'inizio di questo articolo ti sarai chiesto di quali costi si parli di preciso. Sì, perché sappiamo benissimo che le spese mediche vengono sostenute dal sistema sanitario nazionale, che ogni anno elargisce circa 16 miliardi di euro – il 14% del totale – per finanziare i servizi di prevenzione, diagnosi, visite specialistiche, terapie e interventi chirurgici, farmaci e assistenza domiciliare.

Eppure, sono ben 5 i miliardi che ogni anno i pazienti oncologici si ritrovano a versare di tasca propria per ragioni legate direttamente o indirettamente alla loro patologia. Stiamo parlando di 3 milioni e 300mila persone, di cui 700mila in trattamento, come ricordava "L'undicesimo Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici", presentato in Senato da FAVO nel 2019.

Per cosa sono necessari questi soldi? Prima di tutto, devi tenere presente che senza una diagnosi non è nemmeno possibile avere un'esenzione. E quindi prima del responso definitivo del medico si passa attraverso un percorso fatto di visite specialistiche, esami radiologici, analisi del sangue e tutte quelle indagini necessarie per essere certi della presenza o meno di una neoplasia e anche della sua eventuale gravità. Quando poi la certezza è arrivata, può esserci comunque il bisogno di assumere farmaci che non vengono classificati come antitumorali e che quindi risultano a pagamento, anche se magari servono per contrastare i sintomi o gli effetti collaterali delle terapie. E magari diventa indispensabile un infermiere privato, che possa essere disponibile più a lungo di quello messo a disposizione dell'azienda sanitaria.

Non dimentichiamo poi che non basta un intervento per guarire. È possibile che serva anche un percorso di riabilitazione, ad esempio sedute di fisioterapia. E poi dispositivi per provare a nascondere le tracce che la malattia lascia sul corpo. Una parrucca, una protesi. È così che vengono spesi i primi 2,9 miliardi.

I restanti invece servono per spese indirette. Pensa ad esempio a chi abita in una regione del Sud Italia, ma è in cura da uno specialista di Milano: dovrà pagarsi il viaggio e l'alloggio per ogni visita. Se poi deve seguire una dieta specifica, il budget per la spesa potrebbe aumentare. Infine, non dimentichiamo la possibile perdita di autosufficienza e quindi la necessità di una badante o di altre forme di aiuto. Nulla di tutto questo è coperto dal Sistema sanitario nazionale.

E poi c'è il lavoro

Ammalarsi di cancro significa appunto controlli medici molto frequenti e giornate in cui si è troppo deboli per alzarsi dal letto. Nel concreto, tutto questo si traduce in diverse assenze dal lavoro. Una situazione che può avere delle conseguenze, anche sullo stipendio.

Il 18,8% dei malati oncologici ha perso il lavoro in seguito alla diagnosi. il 17,7% ha subito una riduzione dello stipendio

Tra tutte le persone intervistate da FAVO nel sondaggio di cui ti parlavo prima, solo il 40% aveva un lavoro. Dopo la malattia, il 18,8% ha perso il posto, il 17,7% ha subito una riduzione dello stipendio che poteva arrivare anche fino al dimezzamento, e il 2% oggi non riceve alcun reddito. Va aggiunto anche quel 6,6% che ha dovuto chiedere un pensionamento anticipato.

La situazione più precaria è indubbiamente quella dei lavoratori autonomi o di chi è stato assunto con un contratto che prevede forme flessibili. Il 22,8% dei liberi professionisti ha conosciuto un lungo periodo di inattività, e quindi di mancanza di reddito. Tra gli artigiani, la percentuale è stata del 27,3% mentre sul fronte dei commercianti si arriva al 28,6%.

E chi invece lo stava cercando un lavoro? Il 16,7% è tuttora senza e una percentuale simile ha invece deciso di dedicarsi esclusivamente all'attività casalinga.

"Sono disoccupata e lo ero già nel 2013, quando mi è stato diagnosticato un tumore maligno al seno – ci racconta Maria Cristina Vallini, che vive a Livorno, ha tre figli e il problema del peso economico di una malattia oncologica lo conosce bene. – Ho fatto domanda per avere una pensione di invalidità, ma mi hanno riconosciuto solo il 50%. Mi hanno detto che c'erano dei casi peggiori del mio. Sono iscritta nell'elenco delle categorie protette, ma ad oggi non ancora ho trovato nessuna occupazione". Anche il marito non ha più il lavoro e in parte è stata una conseguenza della malattia di Maria Cristina: "Sicuramente queste due situazioni hanno coinciso, perché ha dovuto prendersi diversi giorni per starmi vicino. Soprattutto quando ho affrontato un periodo di depressione molto forte. Se non ci fosse stato lui, non so se sarei ancora qui".

I caregiver perdono in media 19,3 giornate di lavoro in un solo mese, e c'è addirittura un 12,5% di loro che arriva a totalizzare anche 21 assenze su 30 giorni. Le più in difficoltà sono le donne tra i 35 e i 44 anni, soprattutto quelle che risultavano già lavorativamente inattive prima della diagnosi. Oltre alla malattia infatti, avvertono su di loro anche il peso della cura della famiglia. Nel 2018, l'ISTAT certificava che il 50% delle donne tra i 18 e i 64 anni, che avevano avuto figli nel corso della loro vita, aveva dovuto interrompere l'attività lavorativa per almeno una mese allo scopo di prendersi cura del figlio piccolo. A tutto questo, aggiungi anche un tumore. Non solo, ma, come forse saprai bene anche tu, quando un membro della famiglia si ammala e ha bisogno di assistenza, viene dato quasi per scontato che se ne faccia carico la donna.

Dopo le spese, le rinunce

Va da sé che quando i soldi diminuiscono, si possa spendere meno e quindi si rinunci a comprare qualcosa. Il 64,3% dei pazienti intervistati da FAVO ha confermato che i costi della malattia hanno inciso molto o abbastanza sul bilancio familiare. La domanda è: messi alle strette, cosa questi pazienti non possono più considerare strettamente necessario? La risposta, purtroppo, comprende anche le cure mediche.

I farmaci e le cure

Il dato peggiore riguarda proprio quel 24,6% di persone che hanno rinunciato all'uso di ausili e cure necessari, o lo hanno comunque dovuto ridurre. "Sono ad esempio trattamenti terapeutici non strettamente catalogati come antitumorali, ma che possono essere importanti ai fini della cura – Iannelli. – Parliamo di integratori alimentari, ad esempio, oppure di terapie integrative come l'agopuntura. Ci sono poi trattamenti farmacologici che non sono considerati antitumorali. Tutto compreso, si tratta di un centinaio di euro al mese. Certo, le cifre non sono paragonabili ai costi di un ciclo di chemio, ma bisogna considerare anche le condizioni economiche del paziente".

E si rinuncia anche agli spostamenti legati ad accertamenti e visite di controllo, oppure ai percorsi riabilitativi, a eventuali operazioni chirurgiche per rimuovere alcune tracce della malattia, a dispositivi e protesi e a servizi assistenziali a pagamento.

A Maria Cristina è accaduto proprio questo. L'8 febbraio del 2013 si è dovuta sottoporre a una quadrectomia, una procedura che permette di rimuovere un tumore in uno stadio precoce, evitando così la mastectomia, più invasiva. "Mi hanno dovuto fare un taglio che partiva dal sottobraccio e arrivava al capezzolo e quindi ho uno sfregio. Tutte le volte che mi faccio una doccia, rimango lì impalata a guardarlo", spiega. Ma un intervento che permetta di cancellare le cicatrici sarebbe interamente a carico suo. E non se lo può permettere.

La faccenda si complica quando si parla dei denti. "I farmaci che assumevo all'inizio mi avevano provocato un problema all'utero – prosegue -, quindi dopo tre anni mi hanno prescritto una terapia ormonale a base di exemestano. Mi si sono spaccati alcuni denti, ma anche questi non li posso curare, perché non ho soldi a sufficienza. Se devo scegliere, preferisco dare da mangiare ai miei figli".

Le altre rinunce

Prima che rinunciare ai farmaci, però, si cerca di rientrare nel budget cancellando altre voci di spesa. I viaggi e le vacanze, ad esempio, come pure l'intrattenimento o l'attività sportiva. Nel frattempo, vengono riviste le abitudini nell'alimentazione e nei consumi quotidiani. Non rinunce eccessive, la salute è sempre la priorità, penserai tu.

"Un malato oncologico dovrebbe continuare a muoversi, a praticare sport e a mangiare cibo salutare, perché è una parte integrante della cura – fa notare Elisabetta Iannelli. – Inoltre, chi più di lui avrebbe bisogno di una pausa per rilassarsi un attimo?".

Le possibili soluzioni

Risolvere ogni singola situazione è molto difficile, se non impossibile. Ma ci sono alcuni impegni che FAVO chiede alle istituzioni di assumersi. Prima di tutto, cercare di entrare più nel dettaglio dei problemi e capire meglio tutti gli ostacoli a cui può andare incontro una persona affetta da tumore. Servono quindi, prima di tutto, procedure più efficienti per attuare le esenzioni già disponibili e, al contempo, una ridiscussione dei parametri e delle regole per le detrazioni fiscali relative ai costi associati alla malattia.

Inoltre, devono essere diffusi protocolli di assistenza domiciliare integrata che rendano questo servizio omogeneo su tutto il territorio nazionale per eliminare ogni differenza tra Nord e Sud.

FAVO, AIL e la Federazione Italiana Malattie Rare hanno chiesto maggiore attenzione per i lavoratori autonomi

Nel frattempo è arrivato il Decreto Sostegni, che, almeno fino al 30 giugno, prevede di non considerare giorni di assenza quelli che un lavoratore fragile si prende per evitare il contagio sul posto di lavoro. Ma si rivolge solo a chi ha un contratto da dipendente. "Assieme ad AIL e alla Federazione Italiana Malattie Rare abbiamo pubblicato un comunicato congiunto nel quale chiedevamo di agire su questa norma del decreto, affinché prendesse in considerazione anche gli autonomi", chiarisce Iannelli.

Inoltre, si chiede che anche le partite IVA abbiano diritto a forme di previdenza sociale, come il rimborso delle spese di assistenza domiciliare o la sospensione dei contributi previdenziali.

E l'ultimo passaggio importante riguarderà le assicurazioni private. "Abbiamo cercato l'interlocuzione con ANIA (Associazione Nazionale delle Imprese Assicuratrici), tenuto con loro ore e ore di incontri per trovare una soluzione", racconta il segretario di FAVO. Il problema è che una persona con una storia pregressa di tumore, andrà sempre incontro a un rifiuto da parte dell'agenzia assicurativa. "Ma se può considerarsi guarita, significa anche che presenta un livello di rischio pari a quello di un individuo sano", conclude.

Ora sai che una diagnosi di tumore può investire tutti gli aspetti della vita, e può essere davvero difficile ritrovarsi ad affrontarli tutti assieme.

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