Robot a ultrasuoni invece del bisturi. La prof.ssa Menciassi: “Con Hifu interventi non invasivi e senza ricovero”

Si chiama Hifu ed è una tecnologia che sfrutta un fascio di ultrasuoni ad alta intensità focalizzato. Secondo la professoressa Menciassi, a capo del team che l’ha sviluppata, permetterà di trattare alcuni tumori come quello al rene, al fegato, al pancreas e soprattutto i pazienti affetti fibromi. Tutto senza bisogno di incisioni e con interventi quasi ambulatoriali.
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Kevin Ben Alì Zinati 3 Dicembre 2020
* ultima modifica il 07/12/2020
Intervista alla Prof.ssa Arianna Menciassi Docente all'Istituto di BioRobotica e prorettrice vicaria della Scuola Superiore Sant'Anna

E se il bisturi andasse in pensione e gli ultrasuoni prendessero il suo posto? È l'orizzonte verso cui potrebbe portarci Hifu, il nuovo robot medicale sviluppato dall’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Si tratta di una tecnologia che utilizza gli ultrasuoni per eseguire interventi chirurgici sempre più mirati e precisi su porzioni di organi sempre più piccole. Hifu (sviluppato all'interno del progetto Hifusk) è stato recentemente insignito del “Kuka Innovation Award 2020 – Medical Robotics Challenge”, un prestigioso premio assegnato nell’ambito della competizione internazionale di robotica medica organizzata dall'azienda Kuka, leader nella produzione di robot industriali e collaborativi. Il team della professoressa Arianna Menciassi, composto dai ricercatori Selene Tognarelli, Andrea Mariani e Laura Morchi, è stato l’unico italiano tra gli oltre 40 partecipanti provenienti da tutto il mondo ad essere selezionato tra i cinque finalisti. Così le abbiamo chiesto come funziona Hifu e verso quale futuro potrebbe portarci.

Come funziona il vostro Hifu?

Si tratta di un sistema terapeutico che sfrutta un fascio di ultrasuoni ad alta intensità focalizzato. Immaginiamo di bruciare un pezzo di carta usando una lente: la luce viene focalizza in un punto dove si deposita una grande quantità di energia, differentemente dalle zone circostanti, dove invece i fasci di luce non si incrociano. Lo stesso facciamo noi: bruciamo piccole porzioni di tessuto utilizzando energia ultrasonora, focalizzata, e ad alta intensità.

Il team vincitore del Kuka Award. Da sinistra a destra Selene Tognarelli, Andrea Mariani, Arianna Menciassi e Laura Morchi.

Una tecnologia innovativa innestata su un robot medicale.

Ciò offre il vantaggio di avere maggiore flessibilità. Con questo robot possiamo colpire zone predefinite del corpo umano senza dover essere legati a geometrie o posizioni particolari del paziente. In più, la robotica permette di colpire anche organi in movimento: montare la sorgente di ultrasuoni su una piattaforma che si muove in modo controllato, seguendo il bersaglio tramite speciali algoritmi di imaging, permette al medico di colpire porzioni di organi che si muovono con la respirazione.

Che vantaggio offrono gli ultrasuoni rispetto alla chirurgia tradizionale? 

Rispetto alla chirurgia tradizionale, a cielo aperto o laparoscopica, il maggior vantaggio è la non invasività (niente incisioni). Rispetto a qualche soluzione di Hifu già presente sul mercato, il nostro sistema permette una maggior precisione, una maggior efficacia e una maggiore velocità nel trattamento. Se il robot è in grado di seguire il target, si possono focalizzare fasci di ultrasuoni senza doversi fermare fra uno sparo e l’altro. Anche i tempi dell’intervento sono più rapidi. Si tratta di terapie basate sull’aumento di temperatura fino alla soglia che distrugge il tessuto bersaglio. Funziona un po’ come con la pentola sul fuoco, se accendo la fiamma con continuità l’acqua bollirà velocemente, se invece l’accendo e la spengo frequentemente l’ebollizione richiederà tempi più lunghi.

In che ambiti opererebbe Hifu?

Con questa applicazione non servono incisioni ed è pensata quindi per il trattamento in modo non invasivo di tumori come quello al rene, al fegato, al pancreas e soprattutto dei fibromi. Proprio per la sua non invasività permette un intervento quasi ambulatoriale, senza il bisogno di un ricovero o della sterilità della sala operatoria. L’Hifu potrebbe anche tornare utile in casi in cui il paziente fosse affetto da una malattia già progredita e in cui l’intervento chirurgico non fosse consigliato in virtù di un’aspettativa di vita troppo bassa. Di fatto, garantirebbe un’opportunità quando invece le opportunità sembrano finite.

Andrea Mariani, PhD, mentre illustra Hifu.

Il ruolo del chirurgo cambierà?

Oltre a rendere più facile la procedura chirurgica in sé, il nostro obiettivo è cercare di facilitare anche l’apprendimento di essa. Si tratta di una procedura che richiede tante competenze diverse, servono nozioni importanti di fisica, di ultrasuoni, di interazione onde-tessuto. Al momento i medici hanno bisogno di tempo per apprendere al meglio questa tecnologia e questo limita anche il suo utilizzo. Il chirurgo è e rimarrà fondamentale, non intendiamo sostituire il medico, vorremo però aiutare a democratizzare l’accesso a queste tecnologie innovative.

Professoressa, non ci siamo scordati: congratulazioni per il Kuka Innovation Award 2020. 

Per chi fa robotica con applicazioni medicali, il Kuka Innovation Award è un riconoscimento molto importante. In più, è un impegno di formazione e preparazione che rappresenta una bellissima palestra per i dottorandi che ci hanno lavorato. Lo spirito della competizione sviluppa adrenalina e buone idee.

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