Sarà necessaria una terza dose di vaccino? Abbiamo raccolto le opinioni degli esperti

In diversi stanno ancora aspettando di ricevere la prima, eppure le regioni si preparano già all’eventualità di un terzo richiamo. Nel Regno Unito è partito uno studio, mentre l’azienda farmaceutica Moderna sta sperimentando un vaccino mirato per la variante B.1.351. Ma le domande a cui rispondere sono ancora tante.
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Giulia Dallagiovanna 9 Giugno 2021
* ultima modifica il 30/06/2021

Ci sono ancora tante persone e un'intera fascia di popolazione, quella tra i 15 e i 12 anni, che attende di ricevere la prima dose di vaccino contro il Covid-19. Eppure, si parla già di un terzo inoculo che molto probabilmente si renderà necessario. Al momento non vi è nulla di certo, ma le osservazioni e i pareri dei diversi esperti vanno tutti in quella direzione, tanto che le regioni hanno già iniziato a organizzarsi. Dunque, tutti pronti per una nuova iniezione che dovrebbe servire come boost alle precedenti e proteggere con certezza anche contro le varianti. A questo punto, però, ci sono tante domande a cui rispondere: si tratterà dello stesso vaccino ricevuto la prima volta? I farmaci andranno riprogrammati proprio tenendo conto delle nuove mutazioni? E come ci si regolerà con il monodose di Johnson&Johnson?

Le regioni sono pronte

Il generale Francesco Paolo Figliuolo, commissario straordinario per l'emergenza, ha già ribadito più volte che è probabile la necessità di una terza dose di vaccino. "La poderosa e complessa macchina della struttura commissariale si sta rivelando uno strumento efficace e straordinarioha aggiunto. – Questa macchina deve condurre gradualmente nei prossimi mesi a un binario di ordinaria gestione dell'attività vaccinale futura che, stante gli attuali scenari, potrebbe prevedere la necessità di almeno un'ulteriore dose di richiamo". Arrivati all'ultima fase della campagna vaccinale per gli adulti, con tutte le fasce di età che si possono prenotare senza più vincoli, l'atteggiamento è quello di chi si deve preparare già a ripetere tutto da capo, ma con un sistema ormai collaudato.

E le regioni infatti si dicono pronte all'eventualità. Massimiliano Fedriga, presidente della Conferenza della Regioni, ha spiegato che si potrà ricorrere di nuovo agli hub e continuare a utilizzare il medesimo meccanismo qualora stessimo parlando di un'ultima dose. "Se diventasse un vaccino ripetitivoha infatti precisatoa quel punto dovremmo passare dalla straordinarietà di questa campagna vaccinale all'ordinarietà, che significa coinvolgere i medici di medicina generale e le farmacie. Solo allora potremo smantellare gli hub vaccinali".

Intanto le Marche propongono già una data di partenza: a inizio settembre si potrebbe somministrare il richiamo al personale sanitario, la prima fetta di popolazione a ricevere il vaccino nei mesi di gennaio e febbraio.

Perché si parla di terza dose

Alle case farmaceutiche il dubbio è sorto fin da subito, tanto che Moderna già a gennaio ipotizzava la necessità di una terza dose contro la variante sudafricana, l'unica che sembrava ridurre l'efficacia del vaccino. A maggio, poi, l'amministratore delegato francese dell'azienda, Stéphane Bancel, ha chiarito definitivamente: "Vaccinare con una terza dose tutti i soggetti a rischio dalla fine dell'estate, in particolare i residenti delle case di cura che hanno ricevuto la prima dose all'inizio dell'anno".

Un richiamo in più dunque potrebbe essere la risposta alle varianti del SARS-Cov-2, che ci spaventano. Ma oltre a farci paura, sono davvero più pericolose? La verità è che non ne sappiamo molto, eppure dai dati che emergono possiamo ormai affermare che quella inglese contagi con maggiore facilità, mentre le altre potrebbero forse risultare più aggressive, ma non si sono ancora dimostrate resistenti ai vaccini o alle terapie che usiamo oggi per curare il Covid. Da questo punto di vista, una terza dose potrebbe quanto meno farci dormire sonni più tranquilli.

La terza dose potrebbe aumentare la protezione contro le varianti o essere necessaria quando si abbasserà il livello di anticorpi

L'altra incognita riguarda la durata dell'immunità. Perché va bene vaccinarci tutti, ma fino a quando saremo protetti di preciso? Non lo possiamo ancora sapere: l'unica certezza l'avremo con il tempo. Intanto però la comunità scientifica è concorde nell'affermare che per nove mesi non dovremmo rischiare di ammalarci. Chi poi è guarito dal Covid, potrebbe addirittura essere a posto per tutta la vita, come suggerisce uno studio della Washington University. Un ulteriore boost dunque potrebbe servire qualora il livello di anticorpi o di cellule B di memoria (che li producono) si abbassasse così tanto da non essere più in grado di difenderci da un attacco del virus. Un'altra domanda senza riposta: qual è la soglia di sicurezza sotto la quale è bene non scendere?

La terza dose è necessaria?

Non abbiamo ancora una risposta a questa domanda. Il dottor Albert Kasongo, proprio in un articolo su Ohga, ha spiegato che è altamente possibile che il vaccino debba essere ripetuto ogni anno. Se infatti guardiamo all'antinfluenzale, sappiamo deve essere rinnovato a ogni stagione perché il virus muta (più rapidamente del Coronavirus, a quanto sembra) e perché l'immunità tende a diminuire con il tempo. Di nuovo, non possiamo avere la certezza che il SARS-Cov-2 presenti lo stesso scenario: lo scopriremo a mano a mano che passano i mesi.

L'unica sicurezza può arrivare da una sperimentazione e nel Regno Unito hanno deciso di avviare il primo studio che miri a rispondere alla grande domanda che tutti ci stiamo ponendo. A 2.886 partecipanti, già immunizzati con due dosi di Pfizer o AstraZeneca, verrà inoculato un nuovo richiamo. Lo scopo è capire diverse cose: se questo terzo inoculo è davvero necessario, se protegga meglio contro le varianti e quali effetti collaterali possano emergere. È cominciato a maggio, si chiama studio Cov-Boost ed è seguito principalmente dell'Università di Southampton. I risultati sono attesi per la fine di agosto ed entro settembre il JCVI (Joint Committee on Vaccination and Immunisation) li esaminerà e si esprimerà in proposito di una terza dose.

"Sarebbe stupido non prepararsi a questa eventualità" sostiene Anthony Fauci

Intanto negli Stati Uniti Anthony Fauci, che guida il comitato scientifico di risposta all'emergenza, ha detto esplicitamente che "il punto è proprio che ancora non lo sappiamo". E ha poi aggiunto: "Ci stiamo organizzando in vista della necessità di un boost. Non sappiamo ancora si dovrà fare oppure no e, se sì, quando. Per ora abbiamo solo stime. Ma sarebbe davvero stupido non prepararsi per questa eventualità".

Il caso inglese

Già a gennaio il Regno Unito aveva abbracciato la strategia di vaccinare quante più persone possibili con una sola dose, ritardando la somministrazione della seconda. Non sono stati gli unici a prendere in considerazione questa possibilità: con la scarsità di rifornimenti che abbiamo conosciuto all'inizio e la necessità di ottimizzare le risorse a disposizione, era apparso in effetti il modo più rapido per uscire dalla pandemia.

A partire dalla seconda metà di maggio, però, sta conoscendo un nuovo, seppur contenuto, aumento dei contagi. E la causa sarebbe proprio da ricercare nella strategia della campagna vaccinale. L'arrivo della variante indiana, che l'Organizzazione mondiale della sanità ha ribattezzato "Delta", ha mostrato come una sola iniezione non fosse sufficiente per scongiurare nuove infezioni a fronte delle nuove mutazioni del virus. Da qui il ragionamento: più dosi riceviamo, più saremo protetti?

Con quale vaccino

Un'ultima domanda a cui rispondere riguarda proprio lo strumento: quale soluzione scegliere per la terza dose? Dovremo continuare a usare lo stesso che ci hanno iniettato durante i due inoculi precedenti oppure puntare solo su quelli che al momento si stanno rivelando migliori, ovvero i vaccini a mRNA?

Secondo le prime osservazioni dell'ospedale universitario della Charitè di Berlino, cambiare vaccino non avrebbe particolari controindicazioni. Dopo le prime notizie di eventi trombotici legati alla soluzione di AstraZeneca, in Germania è stato deciso di effettuare le seconde dosi solo con Pfizer: le persone sembrano essere ugualmente protette e non hanno riportato eventi avversi gravi.

Ma è anche possibile che i nuovi farmaci vengano studiati per risultare più mirati contro le varianti. Moderna ad esempio sta sperimentando una composizione aggiornata contro la B.1.351, la cosiddetta Sudafricana. Lo studio di fase 1 è iniziato a fine marzo e ha arruolato 210 partecipanti. Il responso definitivo però è previsto per agosto 2022.

Terza opzione: la combinazione. Pfizer sta studiando di inoculare il boost assieme al vaccino dello streptococco, mentre alcuni esperti hanno ipotizzato la possibilità di ripetere ogni anno l'immunizzazione contro influenza e Covid, utilizzando un unico farmaco.

Come vedi, ci sono più domande che risposte, ma stando alle opinioni dei diversi esperti, ti consiglieremmo di preparare il braccio a una nuova iniezione. Ormai lo sai: non c'è nulla da temere, è solo un modo per uscire più rapidamente da questa situazione.

Fonti| Cov-Boost; "Safety and Immunogenicity Study of a SARS-CoV-2 (COVID-19) Variant Vaccine (mRNA-1273.351) in Naïve and Previously Vaccinated Adults" pubblicato su ClinicalTrials.gov; "SARS-CoV-2 infection induces long-lived bone marrow plasma cells in humans" pubblicato su Nature il 24 maggio 2021

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