La pressione alta, cioè l'ipertensione arteriosa, è un fattore di rischio che non devi assolutamente sottovalutare. Può portare a complicanze anche molto gravi, come ictus e infarto. Ne soffrono circa 15 milioni di italiani, ma potrebbero essere anche molti di più dal momento che spesso è asintomatica e non dà alcun segnale della sua presenza. Non per altro è definita un killer silenzioso. Non è una vera e propria patologia, piuttosto una condizione con la quale puoi convivere, a patto che tu la tenga sotto controllo. E gli strumenti che hai a disposizione sono una dieta specifica e una terapia farmacologica che ti prescriverà il medico. Ma all'interno del tuo regime alimentare, dovresti inserire anche il tè al biancospino. Potrà sembrarti un consiglio curioso, invece è il risultato di uno studio dell'Università di Reading.
I ricercatori hanno monitorato per 16 settimane 79 pazienti affetti da diabete di tipo 2 e ipertensione, due problemi di salute che non di rado viaggiano in coppia. Sono stati suddivisi in due gruppi e uno di questi ha ricevuto una dose quotidiana di 1200 milligrammi di infuso per tutta la durata dell'esperimento. È stato poi tenuto conto anche del loro stile di vita e di quello che mangiavano giorno per giorno.
Alla fine è emerso un dato importante: chi aveva bevuto il tè al biancospino poteva contare su una riduzione della pressione diastolica, ovvero della minima, di oltre il 2% in media. Rimaneva invece invariato il parametro sistolico, quella che comunemente chiamerai massima.
In base dunque al tipo di ipertensione di cui soffri, potresti decidere di utilizzare un'arma in più, accanto alla dieta e ai farmaci, per facilitare il controllo del problema. Ricorda inoltre che è importante tenere monitorati questi valori, sottoponendosi a controlli periodici, alcuni dei quali puoi effettuare in casa: su Ohga ti abbiamo già spiegato come misurare la pressione.
Fonte| "Hypotensive effects of hawthorn for patients with diabetes taking prescription drugs: a randomised controlled trial." pubblicato su The British Journal of General Practice nel giugno 2006