Aprire le finestre e lasciare entrare la luce. Ce l’hanno ripetuto spesso, che il sole ha un potere “disinfettante”. E il Covid-19 potrebbe manifestare una certa sensibilità. Lo ha affermato di recente anche il presidente dell'Istituto superiore di Sanità Silvio Brusaferro, sottolineando come il "Covid appartenga a una famiglia particolarmente sensibile alla luce del sole".
Questa volta, però, è uno studio scientifico a sollevare la possibilità che l’illuminazione solare potrebbe essere in grado di disattivare il virus sulle superfici negli ambienti interni. Ma solo in determinate condizioni.
La ricerca si intitola “Simulated Sunlight Rapidly Inactivates SARS-CoV-2 on Surfaces”, letteralmente “La luce del sole simulata disattiva il virus SARS-CoV-2 sulle superfici". Si tratta di uno studio pubblicato il 20 maggio da un team di ricerca dell’Università di Oxford sul Journal of Infectious disease.
L’idea di base è quella che la luce possa interferire con la persistenza del virus negli ambienti e quindi con il rischio di esposizione, a seconda che ci si trovi in un ambiente interno oppure all’esterno.
In pratica, i ricercatori hanno ricreato una luce solare artificiale sottoponendovi saliva simulata e alcuni mezzi di coltura contenenti il SARS-CoV-2 asciugati su dischetti di acciaio. I risultati lasciano ben sperare. Sembra infatti che il 90% del virus infettivo contenuto nella saliva sarebbe stato inattivato ogni 6.8 minuti, mentre quello nei mezzi di coltura ogni 14.3 minuti. Tutto questo in caso di esposizione a una luce solare artificiale che simula quella del solstizio estivo a 40°N di latitudine sul livello del mare in una giornata limpida.
A questo si aggiunge poi il fatto che l’inattivazione sembra avvenire anche a temperature più basse, seppur con effetti meno evidenti.