Il tasso di mortalità legato allo shock settico è diminuito nell’ultimo decennio grazie alla prevenzione e al riconoscimento precoce della condizione, tuttavia rimane una delle prime cause di morte nei pazienti ospedalizzati; si stima che circa quasi la metà dei pazienti con shock settico non sopravviva.
Lo shock settico è la complicanza più grave della sepsi e ha un’elevata mortalità.
La sepsi è una complicazione infiammatoria di un’infezione, che accade raramente ma che può rivelarsi molto grave e potenzialmente mortale; si tratta di una risposta esagerata del nostro organismo ad un’infezione che lo colpisce, e può causare gravi danni ai tessuti e agli organi. Generalmente il termine sepsi e setticemia vengono utilizzati come sinonimi della stessa condizione: sarebbe più corretto parlare di setticemia quando la sepsi è associata alla presenza di batteri nel sangue.
Lo shock settico in definitiva, è la progressione ultima della sepsi (o della setticemia), e si verifica in risposta ad un agente scatenante che provoca l’attivazione del sistema immunitario.
La diagnosi ed identificazione in tempi brevi è il miglior trattamento che si può attuare per la sepsi e quindi per prevenire lo shock settico. Nei casi di sepsi grave la fase dello shock settico può essere evitata o invertita con una rianimazione con liquidi e la somministrazione di sostanze vasoattive, per modificare il tono vascolare, e cercando di mantenere la corretta nutrizione degli organi.
Abbiamo già riportato come la sepsi sia una complicazione infiammatoria dell’organismo in risposta ad un’infezione: lo stato clinico inizia quindi come una sindrome da risposta infiammatoria sistemica (quando l’organismo risponde con uno stato infiammatorio ad un presunto elemento nocivo) per arrivare poi ad una sindrome da disfunzione multiorgano (l’infiammazione causa disfunzione in due o più organi), e giungere in alcuni casi alla morte.
La sepsi può essere caratterizzata inizialmente da:
Nel progredire della sepsi e nell’aggravarsi dei sintomi potremo riscontrare:
Quando, in aggiunta a questi sintomi di sepsi grave, si riscontra un calo pericoloso di pressione arteriosa ne conseguirà lo shock settico, gli organi non riceveranno quantità sufficienti di sangue con conseguente loro disfunzione; se in stadio avanzato, può rivelarsi una condizione irreversibile che può portare alla morte.
Esistono dei fattori di rischio che predispongono alla sepsi, e di conseguenza ad un probabile shock settico, che sono più comuni nei soggetti immunodepressi o che si trovano in condizioni di maggiore vulnerabilità, come ad esempio i neonati, gli anziani e le donne in gravidanza. Altre condizioni di rischio sono:
Coloro che sopravvivono a shock settico, il più delle volte, rimarranno con deficit funzionali e cognitivi.
Tra le conseguenze più gravi di shock settico possiamo trovare:
Lo shock settico, come abbiamo già più volte indicato, è una condizione piuttosto grave che può portare ad un livello elevato di mortalità, tra il 30 e il 40% dei casi, soprattutto se non trattato tempestivamente.
Questo livello di mortalità dipende ovviamente da caso a caso, nonché dal tipo di organismo del paziente colpito, da quanti organi sono stati intaccati nella fase di sindrome da disfunzione multiorgano, dall’età del paziente e dalla presenza di altre patologie, dai batteri coinvolti nell’infezione e dall’azione dei farmaci su essi; è stata riscontrata una maggiore mortalità nei casi di tachipnea e stato mentale alterato.