Perché i casi di autismo sono aumentati? La dott.ssa Olgiati: “C’è più attenzione ma abbiamo anche ampliato i criteri diagnostici”

Le diagnosi di disturbo dello spettro autistico sono aumentate negli ultimi decenni: i numeri parlano di 100 bambini su 10mila, quindi 1 su 100 a livello globale, con una maggior prevalenza nei maschi, con un rapporto di 4 a 1. Le ragioni dietro questa crescita sono da ricercare nella maggior attenzione ai segnali da parte di genitori e medici ma anche in una ridefinizione dei criteri necessari per la diagnosi.
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Kevin Ben Alì Zinati 14 Marzo 2023
* ultima modifica il 14/03/2023
Intervista alla Dott.ssa Paola Olgiati Neuropsichiatra infantile dell’Ospedale Niguarda di Milano

“Sì, i numeri delle diagnosi di autismo sono cresciuti. Lo aveva già rivelato un recente studio apparso sulla rivista Autism Research e ora ce l’ha confermato anche la dottoressa Paola Olgiati, neuropsichiatra infantile dell’Ospedale Niguarda di Milano.

I casi di disturbo dello spettro autistico in tutto il mondo oggi sono aumentati: parliamo addirittura di 100 bambini su 10mila, quindi 1 su 100, con una maggior prevalenza nei maschi, con un rapporto di 4 a 1. “Negli Usa, dove c’è un sistema di rilevazione molto ben rodato, il quadro è ben definito: secondo il Cdc di Atlanta nel 2016 vi era 1 caso su 54 bambini: trent’anni fa era 1 su 1000. In Italia ancora non c’è un vero sistema di rilevazione in grado di dirci precisamente quali sono i dati, negli ultimi anni tuttavia abbiamo assistito a una crescita delle diagnosi: si parla di 1 caso ogni 77 bambini.”

Se il quadro è chiaro, insomma, restavano ancora da capire le cause. Il perché negli ultimi decenni sempre più bambini si sono ritrovati con una diagnosi di disturbo dello spettro autistico tra le mani.

Dottoressa Olgiati, come si può spiegare questa crescita?

Prima di tutto c’è stato un cambiamento dei criteri diagnostici. Nel 2013 abbiamo assistito all’introduzione del nuovo manuale del DSM-5 in cui i criteri che definiscono lo spettro autistico sono stati modificati. Oggi sono meno stringenti e quindi in grado di accogliere più bambini. Per giungere a una diagnosi ora è richiesto un minor numero di sintomi e questo ha fatto sì che dentro il disturbo di spettro autistico rientrassero tutta una serie di utenti che prima non arrivavano a soddisfare tutti i criteri diagnostici del DSM-4, il precedente manuale. Questo determina ovviamente un numero maggiore di diagnosi.

Da cosa è dipesa la ridefinizione dei criteri diagnostici?

Oggi c’è una maggiore attenzione a tutto ciò che riguarda la diagnosi di autismo, a quelli che sono i deficit socio-comunicativi e alla presenza di interesse e comportamenti ristretti e stereotipati sia da parte dei genitori che degli operatori sanitari. A questo proposito, per esempio, va detto che è aumentato lo screening in età precoce: ora i pediatri hanno a disposizione un test, chiamato M-Chat, da effettuare ai 18 mesi dei bambini. Si basa su domande da rivolgere ai genitori e sull’osservazione del comportamento del bambino.

Si parla sempre di più del ruolo dell’inquinamento atmosferico e di atri fattori ambientali sulla salute di mamme e bambini. L’ambiente in cui viviamo ha un peso anche nell’aumento delle diagnosi di autismo?

Non si può omettere che ci siano delle variabili ambientali che contribuiscono all’aumento della prevalenza dell’autismo anche se, tuttavia, non abbiamo ancora dati certi. Sicuramente ci sono fattori ambientali come la nascita pre-termine o sottopeso, l’uso di sigarette e sostanze stupefacenti in gravidanza. Sicuramente è importante il ruolo di fattori genetici che sono però ancora in fase di approfondimento. Si sta studiando anche tutta quella che è l’esposizione a fattori ambientali inquinanti come idrocarburi e pesticidi: su questi ambiti però c’è ancora molto da capire.

Allargamento dei criteri diagnostici e maggior attenzione vogliono dire più diagnosi. Che non sempre è un male… 

Questa maggior attenzione e sensibilità ha fatto sì che arrivino alla diagnosi di autismo bambini anche ai 16 mesi mentre prima succedeva che venissero mandati per un consulto bambini anche di 5-7 anni o anche più grandi. La diagnosi di autismo, che è una diagnosi clinica, si basa sulla storia di sviluppo del bambino e sull’osservazione e nei primi anni di vita è decisamente più facile rispetto a un adulto. Intercettando i bambini nei primi anni è molto più semplice arrivare a una conclusione diagnostica più precisa e quindi avviare più in fretta il trattamento migliore.

Quali sono i segni a cui prestare attenzione? 

L’autismo è una distorsione de neurosviluppo dei bambini e la diagnosi si basa sull’osservazione ripetuta del bambino e sulla somministrazione di alcuni test sul comportamento perché non c’è un test univoco o un esame del sangue che dia una risposta univoca. I segni che i bambini con autismo presentano riguardano, prima di tutto, la presenza di difficoltà comunicative che possono essere sia a carico del linguaggio e della parola sia anche a carico del linguaggio non verbale. Mi riferisco, per esempio, alla capacità di indicare con il dito per segnalare il desiderio di qualcosa o per condividere con l’altro l’interesse. Una difficoltà, insomma, nel comunicare con le altre persone. Ci sono poi le difficoltà sociali e relazionali: difficoltà, cioè, ad interagire ed entrare in relazione con gli altri anche solo per il piacere di stare con un’altra persona che si traduce in una prevalenza all’isolamento. Poi c’è tutta la sfera che riguarda i comportamenti e interessi ripetitivi e stereotipati.

Ci spieghi.

Bisogna fare attenzione alla focalizzazione dell’interesse del bambino su un determinato oggetto: il giocare, per esempio, sempre con lo stesso giocattolo, l’utilizzo degli oggetti in maniera non funzionale e l’attenzione rivolta solo su alcuni suoi dettagli. Anche avere un linguaggio ripetitivo e stereotipato e quindi non comunicativo è un segnale. Intendo il ripetere le frasi dei cartoni animati piuttosto che avere una difficoltà nel tollerare cambiamenti e situazioni nuove e imprevedibili. E poi ancora: la selettività alimentare, comportamenti motori stereotipati come movimenti delle dita particolari, come la cosiddetta “farfallina” con le mani, il famoso flapping, soprattutto nei momenti di grande emozione.

Cosa è cambiato rispetto a prima nella lettura dei sintomi?

La numerosità di questi sintomi per la diagnosi di spettro autistico ora è diversa. Mentre ora bastano pochi segni, prima la sintomatologia doveva essere più ampia. Oggi anche nei casi più sfumati è possibile riconoscere determinate caratteristiche.

Dottoressa, chiudiamo tornando sulla questione del trattamento. La maggior attenzione ai sintomi e la ridefinizione dei criteri ha completato un aumento delle diagnosi ma c’è stata anche una modifica dell’approccio terapeutico verso le varie forme di autismo?

La costante crescita del numero di casi e diagnosi non ha cambiato l’impostazione del trattamento, che resta basato su un percorso psico educativo e psico motorio ad indirizzo cognitivo-comportamentale.

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