Sì, l’elio un giorno potrebbe finire: perché è così fondamentale e cosa rischieremmo se restassimo senza?

L’elio è una risorsa non rinnovabile ed è quindi destinata a finire, un giorno. E lo scenario non è rassicurante perché accanto ai palloncini per feste e cerimonie, questo gas ha un ruolo decisivo nella nostra società: dalla produzione di semiconduttori e fibre ottiche fino al raffreddamento dei magneti delle risonanze magnetiche, preziosissimi strumenti di lotta a malattie e tumori.
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Kevin Ben Alì Zinati 2 Novembre 2022
* ultima modifica il 02/11/2022
In collaborazione con Andrea Dini Geochimico dell’Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr

Feste di compleanno a sorpresa, cerimonie per il conseguimento della laurea, inaugurazioni di negozi. Ma anche baby-shower, parate per il 4 luglio o vittorie alle elezioni.

E a che altro potrebbe servire l’elio se non per gonfiare i palloncini colorati che popolano questi piccoli-grandi eventi festivi?

Se non sai elencare altri utilizzi non vuol dire che questo gas non abbia un’utilità più ampi: probabilmente non li conosci perché non li vedi tutti i giorni. Eppure ci sono, eccome: sei circondato di elio più di quanto pensi.

Dotato di una bassissima fluidità nel corpo umano, viene miscelato insieme all’ossigeno e impiegato nelle immersioni subacquee. Trattandosi di un elemento inerte e dunque molto stabile, è anche alla base di lavorazioni industriali speciali come la produzione di semiconduttori, fibre ottiche o altri materiali ad altissima tecnologia che fanno funzionare e progredire la società.

Il suo ruolo più cruciale, l’elio lo deve però al proprio bassissimo punto di ebollizione (-268,93 °C). Si tratta di una proprietà che lo rende perfetto e unico per i sistemi di raffreddamento a temperature molto basse necessarie, per esempio, nel caso di macchine a magneti.

Da quelli del Large Hadron Collider (LHC), l’acceleratore di particelle di Ginevra con cui abbiamo scoperto il bosone di Higgs, fino a quelli più piccoli ma estremamente indispensabili delle risonanze magnetiche.

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A differenza dei raggi X, che sfruttano le radiazioni per indagare il tuo organismo, la risonanza magnetica utilizza campi magnetici e onde radio grazie ai quali fornisce immagini ad alta risoluzione di organi, ossa e tessuti.

All’interno di un magnete di una macchina per risonanza magnetica, l’elio consente alla corrente di viaggiare senza resistenza. Senza di esso non avremmo a disposizione strumenti diagnostici e di prevenzione determinanti nella lotta a malattie infiammatorie, infettive e tumorali.

Dico «senza» perché oltre che leggero e fortemente volatile, l’elio possiede anche un’altra caratteristica che forse non ti piacerà. È il secondo elemento per abbondanza presente nell’universo dopo l’idrogeno e, insieme, anche uno dei più scarsi sulla Terra.

Si tratta quindi di una risorsa limitata. Ma prima o poi rischiamo davvero di finirla? Ed è vero che oggi siamo in crisi di elio? La domanda nasce anche per via del conflitto russo-ucraino, che da mesi sta mettendo l'Occidente in ginocchio dal punto di vista energetico e non solo.

È una risorsa non rinnovabile ma non terminerà a breve. Prima che si esaurisca ci sarà un tempo lunghissimo che in questo momento non è stimabile in quanto non conosciamo le riserve totali né le risorse totali presenti sul pianeta” ci ha tranquillizzati il dottor Andrea Dini, geochimico dell’Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr.

Ciò non vuol dire, tuttavia, che siamo autorizzati a utilizzarne quantità incredibili e «scellerate» per scopi futili come, appunto, i palloncini. Anzi: “Serve una strategia globale di produzione e utilizzo che ci metta al sicuro per una quantità di anni significativa perché il rischio di esaurire l’elio, seppur lontano, esiste.

L’elio è il risultato dei processi di decadimento radioattivo di altri due elementi chimici presenti nelle rocce della crosta terrestre, ovvero il torio e l’uranio.

Man mano che questi decadono, producono piccole percentuali di elio che se catturate con delle trappole per gas sono concentrabili e utilizzabili, “altrimenti – ha spiegato il dottor Dini – l’elio migra attraverso la crosta terrestre e finisce in atmosfera, per poi perdersi definitivamente nello spazio”. 

Nell’atmosfera ne resta presente in piccolissime quantità ed estrarlo è estremamente costoso, perciò la maggior parte dell’elio che utilizziamo siamo costretti a ricavarlo direttamente dalle profondità della Terra.

Come? “La produzione mondiale di elio altro non è che un sottoprodotto dell’estrazione del gas metano. Tutti i grandi giacimenti possono contenerne: quelli americani, del Qatar, dell’Algeria e della Russia, per esempio, ne contengono fino al 7-8%, che è una quantità molto importante”. 

Una volta estratto, il gas totale viene successivamente sottoposto a un processo di distillazione frazionata. Significa che tutte le sostanze vengono portata a una bassa temperatura e ad un’alta pressione: gli altri gas, come il metano, tendono a liquefarsi mentre l’elio, che ha appunto un bassissimo punto di ebollizione, continua a rimanere nella sua forma gassosa venendo quindi separato dagli altri gas presenti.

Scavando ed estraendo metano, insomma, rimpinguiamo anche le nostre riserve di elio. Che dopo essere stato diviso, viene trasformato in forma liquida attraverso metodi criogenici e dunque venduto ad altri paesi, Italia compresa.

“Tutti i sistemi che hanno bisogno di essere raffreddati avvicinandosi il più possibile allo zero assoluto hanno bisogno di elio liquido” ha precisato il dottor Dini. Comprese le RMI.

Se l’elio migra attraverso la crosta terrestre e finisce in atmosfera poi si perde definitivamente nello spazio 

Dott. Andrea Dini, ricercatore Igg-Cnr

Secondo una stima di NbcNews, ogni macchina per la risonanza magnetica necessita di circa 2mila litri di elio liquido ultrafreddo e ciascuna macchina ne utilizzerebbe fino a 10mila litri nel corso della propria vita.

Capisci, insomma, perché si tratta di una risorsa non rinnovabile, preziosa e per la quale è necessario “evitare di finire a rattoppare i buchi quando è troppo tardi”. 

Dobbiamo evitare di restare incastrati in una dipendenza di risorse come sta succedendo in questi mesi a causa del conflitto tra Ucraina e Russia, dai cui pozzi deriva gran parte delle importazioni di questo gas.  Anche perché di alternative non ce ne sono“per lavorare alle bassissime temperature che richiede una risonanza magnetica o un acceleratore di particelle serve un elemento come le sue caratteristiche. È unico.

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Se dunque un giorno esaurissimo l’elio, rischieremmo sul serio di non poterci più permettere le risonanze magnetiche.

“Serve investire nell’esplorazione e trovare nuove risorse così da garantire strategie a lungo termine. Ma soprattutto – ha concluso il dottor Dini – è necessario differenziare l’approvvigionamento per motivi geopolitici. Il prezzo dell’elio è aumentato del 500% negli ultimi 10 anni anche a causa di molte fluttuazioni legate a speculazioni: è un mercato molto instabile. Ci sono stati momenti di allarmismo in cui si pensava che finisse elio ma il problema era più legato alle vendite e all’immessa sul mercato delle riserve. Oggi non siamo in crisi ma serve responsabilizzarsi nel suo utilizzo. E per tempo”.

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