Qualche giorno fa è stato approvato il primo farmaco contro l'Alzheimer dopo quasi vent'anni che non si vedevano novità su questo fronte. Come, però, abbiamo visto, non si tratta di una cura definitiva ed esiste anche la possibilità che non porti a miglioramenti visibili nelle condizioni cliniche del malato. La ricerca quindi prosegue e tenta anche la strada del vaccino terapeutico, ovvero di un medicinale che stimoli la produzione di anticorpi in chi ha già ricevuto la diagnosi. I risultati dello studio di fase 2 sono stati pubblicati sulla rivista Nature Aging, e dimostrano che l'AADvac1 è sicuro ma non ancora sufficientemente efficace.
Le sperimentazioni sono portate avanti da Petr Novak di AXON Neuroscience CRM Services SE, a Bratislava, e per ora hanno coinvolto 196 pazienti con una forma lieve di Alzheimer. In chi aveva ricevuto il vaccino non sono emersi effetti collaterali gravi, ma nemmeno un risultato convincente contro la degenerazione cognitiva. Solo su alcuni sottogruppi specifici di volontari è stato notato qualche effetto sul quadro cognitivo in generale. Ma come mai? Proviamo a capire meglio come funzioni questo vaccino.
Il compito di AADvac1 è quello di istruire il sistema immunitario e dirigerlo contro gli accumuli di proteina Tau, una delle probabili cause della malattia, all'origine della formazione di grovigli neurofibrillari che partecipano alla necrosi dei neuroni. La teoria dei ricercatori quindi è che eliminando o riducendo questi accumuli, si possano anche prevenire i danni al cervello che l'Alzheimer produce e dunque la neurodegenerazione e il calo delle funzioni cognitive. Si potrebbe insomma guarire o quando meno mettere in stand-by la malattia.
Passando dalla teoria alla pratica, dopo la somministrazione del vaccino viene in effetti innescata una risposta immunitaria specifica contro la proteina Tau. Ma i benefici si fermano qui. Non si genera insomma l'atteso miglioramento del quadro cognitivo della persona. Piccoli passi avanti, segnali che fanno ben sperare, sono però emersi in qualche sottogruppo di pazienti.
Per questo motivo, alcuni esperti ritengono che in un campione più ampio di partecipanti sarebbe stato più semplice notare un rallentamento del declino cognitivo in una parte significativa di questi. Inoltre, c'è la possibilità che non tutti e 196 presentassero effettivamente degli accumuli di proteina Tau nel cervello.
Quindi diciamo che è una parziale buona notizia, sebbene sia necessario attendere ulteriori studi per capire se questo vaccino possa essere efficace oppure no.
Fonte| "ADAMANT: a placebo-controlled randomized phase 2 study of AADvac1, an active immunotherapy against pathological tau in Alzheimer’s disease" pubblicato su Nature Aging il 14 giugno 2021