Soffri di emicrania forte? Tanto pesce grasso e meno oli vegetali possono aiutarti: lo dice la scienza

Secondo uno studio statunitense un alto consumo di grassi Omega-3, che puoi trovare nel pesce e nei crostacei, e una riduzione di acido linoleico, contenuto nell’olio di girasole e di mais, aiuterebbe a ridurre la frequenza e l’impatto degli attacchi di mal di testa.
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Kevin Ben Alì Zinati 26 Aprile 2022
* ultima modifica il 26/04/2022

Soffri di emicrania? Mangia più pesce grasso, che ti passa. Non te lo dico per caso: la scienza avrebbe infatti “scoperto” un rimedio naturale, e anche gustoso, per alleviare il dolore da forte mal di testa scongiurando il rischio di effetti collaterali.

Il lavoro a firma statunitense, firmato dalla collaborazione tra il National Institute on Aging, il National Institute on Alcohol Abuse and Alcoholism, il National Institutes of Health e l'Università della Carolina del Nord, ha dimostrato che una dieta più ricca di pesci grassi aiuterebbe chi soffre di emicrania frequente a ridurre il numero di episodi mensili e l'intensità del dolore rispetto a chi segue una dieta più ricca di grassi e oli vegetali.

L’emicrania è una malattia neurologica e risulta anche tra le cause più comuni di dolore cronico, perdita di tempo lavorativo e qualità della vita ridotta.

Pensa che oltre 4 milioni di persone in tutto il mondo soffrono di emicrania cronica, misurabile in almeno 15 giorni di dolori al mese, e oltre il 90% di chi ne è colpito ha una qualità di vita peggiore con attacchi che possono durare da quattro ore a tre giorni.

La fetta di popolazione più vulnerabile all’emicrania sono le donne tra i 18 e i 44 anni. Per quanto riguarda i farmaci, devi spere che quelli ad oggi noti tendenzialmente offrono solo un sollievo parziale e possono avere effetti collaterali, come la dipendenza.

Per provare a individuare una strada alternativa, meno invasiva e con meno rischi intrinseci, i ricercatori hanno studiato il rapporto tra 182 adulti con frequenti emicranie e una particolare dieta.

Il punto di partenza è stata l’eliminazione dell’acido linoleico, ovvero un acido grasso polinsaturo derivato da mais, soia o noci e semi e contenuto in diversi oli vegetali come quello di girasole.

Già in precedenti studi, infatti, era stato individuato come potenziale responsabile dietro l’infiammazione dei tessuti e delle vie di elaborazione del dolore correlato all’emicrania.

I partecipanti allo studio pubblicato sul British Medical Journal sono stati quindi sottoposti a un programma dietetico per 16 settimane e sono stati assegnati in modo casuale a uno dei tre menu previsti.

Tutti hanno ricevuto pesce, verdure, hummus, insalate e alimenti per la colazione. Un gruppo, però, ha ricevuto grandi quantità di pesce grasso o oli di pesce grasso e acido linoleico ridotto. Un secondo si è visto recapitare pasti ricchi di pesce grasso e acido linoleico mentre un altro ha ottenuto grandi quantità di acido linoleico e meno di pesce grasso.

Durante il tempo di studio ai pazienti sono stati monitorati la durata, l‘intensità e il numero episodi giornalieri di emicrania, così come le modalità in cui il mal di testa influenzava la loro vita quotidiana.

I risultati? Avrebbero dato ragione alla dieta ricca di pesce grasso. Ad inizio ricerca, i partecipanti soffrivano una media di oltre 16 giorni di cefalea al mese, oltre cinque ore di emicrania al giorno e gravi difficoltà nella vita di tutti i giorni.

L’alimentazione con un consumo di olio vegetale più basso e uno maggiore di pesce grasso avrebbe effettivamente portato a una riduzione tra il 30% e il 40% delle ore di cefalea giornaliera e quindi anche dei giorni complessivi con emicrania in un mese.

Una dieta caratterizzata da un alto consumo di grassi Omega-3 (che puoi trovare nel pesce e nei crostacei) e una conseguente riduzione di acido linoleico aiuterebbe quindi a ridurre la frequenza e l’impatto degli episodi di cefalea rispetto agli integratori a base di olio di pesce.

Fonte | "Dietary alteration of n-3 and n-6 fatty acids for headache reduction in adults with migraine: randomized controlled trial" pubblicato il 1 luglio 2021 sul British Medical Journal

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