Sorrisi in Rosa: raccontare con il corpo la vita che va avanti, anche dopo un tumore al seno

Un progetto nato dall’incontro tra due donne, la fotografa Luisa Morniroli e la scrittrice Cristina Barberis Negra, che hanno dovuto affrontare una battaglia importante e hanno poi deciso di trasmettere il loro stesso coraggio alle nuove pazienti in cura presso gli ospedali Humanitas. Inauguriamo con loro Ottobre, il mese della prevenzione contro il tumore al seno.
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Giulia Dallagiovanna 1 Ottobre 2020
* ultima modifica il 01/10/2020

"Un tumore va a colpire anche la tua femminilità. Cambia il seno, cadono i capelli, le terapie possono influire sull'utero e sulle ovaie e non sai se potrai ancora avere figli. Ti senti come se il tuo corpo venisse stritolato da una macina. Il percorso che vogliamo fare noi è quello di riappropriarci della nostra identità e scoprire una nuova femminilità". Cristina Barberis Negra è una scrittrice, Luisa Morniroli invece è una fotografa. Vivono nello stesso paese, Borgosesia, in provincia di Vercelli, ma si incontrano solo quando nella loro vita entra un ospite decisamente indesiderato: un cancro al seno. "Mi ha stupito il fatto di essere riuscita a vivere tutta l'esperienza con il sorriso, senza mai lasciarmi andare – racconta Luisa. – L'anno successivo un'amica che avevamo in comune mi ha messo in contatto con Cristina, che stava affrontando lo stesso problema, perché parlare con qualcuno che ci era già passato le sarebbe stato sicuramente d'aiuto. Così è nata una bellissima amicizia". Non solo, è nato anche Sorrisi in Rosa.

Fotografie e storie di donne che hanno accettato con coraggio una sfida sicuramente non cercata, ma con la quale hanno dovuto fare i conti. Come Veronica, alla quale piace cantare a squarciagola ma anche sparire ogni tanto mimetizzandosi tra la folla frenetica che popola Milano, oppure Federica, il cui amore per i viaggi si riflette nel suo sguardo sognante. E poi Elisabetta, Lella, Manuela, Noemi, Simona. Sono oltre 40 i volti che compaiono nei ritratti scattati da Luisa e messi nero su bianco da Cristina. "Tutte loro si sono lasciate fotografare al naturale, giocando con la sciarpa rosa che è il simbolo della lotta e della prevenzione di questa patologia. Non hanno avuto paura di mostrarsi com'erano, con le loro cicatrici e un seno magari imperfetto", spiega Luisa.

Luisa Morniroli e Cristina Barberis Negra fondatrici di Sorrisi in Rosa

"Questo è stato un anno un po' particolare, ma di solito organizziamo diversi incontri con tutte le donne di Sorrisi in Rosa – aggiunge Cristina. – Io personalmente le faccio lavorare con la scrittura. Raccontano, si confrontano tra loro, intrecciano le loro esperienze come donne. Il filtro della malattia arriva dopo, perché siamo quello che siamo nonostante ciò che abbiamo passato. Alla fine restituisco loro un ritratto. Negli ultimi tempi poi invio proprio messaggi vocali dopo che l'ho scritto, per farle sentire raccontate. Spesso si commuovono. Non siamo abituati a sentirci narrare da qualcun altro, ma è un'attività che aiuta molto".

"Con una persona che ha già affrontato un percorso simile al tuo, ti senti più libera di esprimerti"

Il progetto prende forma ufficialmente nel 2016 all'interno di Fondazione Humanitas, dove tutte le partecipanti erano state seguite e operate, ma era da tempo che Luisa ci stava pensando. Una mostra fotografica di pazienti che avevano affrontato il cancro con coraggio e che ora potevano diventare testimonial per chi aveva appena ricevuto la diagnosi. "Un'ex paziente che parla a una nuova paziente – spiega Cristina, – senza mettere l'accento su quello che ci è stato tolto, ma testimoniando che ce la si può fare, che c'è una vita oltre la malattia. Quando si è in cura ci si confronta con medici molto competenti, ma che a volte non hanno sensibilità per spiegarti quello che sta accadendo cercando le parole giuste. E tu magari non hai il coraggio di porre tutte le domande, perché alcune ti sembrano stupide. Invece ci si sente molto più libere di esprimersi con persone che hanno compiuto lo stesso percorso. In questo modo non solo si dà una speranza, ma ci si riappropria anche dell'identità, della propria bellezza e del valore che si ha per gli altri".

Per questo motivo hanno messo davanti il loro corpo, proprio quella parte di loro che portava i segni più visibili della lotta appena affrontata. "Non abbiamo mai posto l'accento su quello che ci è stato tolto, ma abbiamo voluto sottolineare quello che abbiamo scoperto di noi anche grazie alla malattia", aggiunge. L'idea nata dall'amicizia tra Luisa e Cristina e cresciuta grazie al passaparola è piaciuta, al punto che Humanitas ha scelto Sorrisi in Rosa come progetto che aiuti a sensibilizzare sulla prevenzione e che le donne che ne fanno parte vengono spesso chiamate per partecipare a varie manifestazioni. È accaduto anche lo scorso 10 settembre quando sono state invitate a prendere parte a una sfilata di moda in abiti d'epoca a Varese. L'iniziativa organizzata dall'Associazione 23&20 si chiamava "Seconda Vita": quella dei tessuti antichi recuperati e usati per confezionare nuovi vestiti e quella delle donne che hanno vinto la battaglia contro il cancro. Le modelle sono state adottate da imprenditrici locali che con il loro contributo non hanno solo finanziato la serata, ma hanno anche permesso di raccogliere fondi da donare alla Fondazione Humanitas.

"Ora ci coinvolgono in tante iniziative, ma la soddisfazione supera la fatica – conclude Cristina. – Ci sono ragazze che abbiamo conosciuto in ospedale e che l'anno dopo contattiamo per chieder loro se voglio diventare delle testimonial e ci rispondono che non vedevano l'ora. Avere davanti persone alle quali i capelli sono ricresciuti, il sorriso è tornato e magari hanno anche avuto dei figli è molto importante. Anche dopo una diagnosi del genere, la vita va avanti".

In copertina: alcune delle donne di Sorrisi in Rosa. Credits photos: Luisa Morniroli 

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.