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Test DNA fetale: come avviene il test di screening prenatale e quali sono i possibili risultati

Il test del DNA fetale è un test di screening prenatale non invasivo utilizzato per stimare il rischio di anomalie cromosomiche che potrebbe presentare il feto, come ad esempio la trisomia 21: esaminiamo insieme come funziona e quando è raccomandato farlo.
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30 Dicembre 2021 * ultima modifica il 30/12/2021

Il test del DNA fetale è un esame di screening che non comporta alcun rischio, né per la mamma né per il bambino, ma purtroppo attualmente non viene ancora incluso fra gli esami gratuiti offerti alle donne in gravidanza.

Cos’è

Il test del DNA fetale (in inglese NIPT, Non Invasive Prenatal Testing) è un test non invasivo di screening prenatale che fornisce risultati sulla presenza o meno di anomalie cromosomiche del feto: si tratta di un test piuttosto sensibile che permette di riscontrare il probabile rischio di predisposizione a diverse anomalie cromosomiche, soprattutto per quanto concerne il riscontro della condizione cromosomica trisomia 21, ossia la sindrome di Down.

Il test del DNA fetale è semplice e non invasivo, come già ripetuto, avviene tramite un prelievo di sangue materno: la placenta rilascia in circolo nel sangue materno dei frammenti di DNA del feto, da questo campione è possibile quindi separare il DNA materno da quello fetale. In seguito si misureranno le specifiche sequenze di DNA per ogni cromosoma del feto che si intende analizzare, e si compareranno al numero delle stesse nel DNA materno per rilevarne un riscontro o un risultato diverso.

Il test avviene solitamente dopo una visita con un medico genetista e può essere eseguito privatamente presso ogni struttura ospedaliera e ambulatoriale in cui è possibile farlo, con una tempistica di esiti relativamente breve, si parla di una decina di giorni o al massimo due settimane.

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Quando farlo

Il test del DNA fetale è di possibile esecuzione nella maggior parte delle gravidanze, ed è possibile effettuarlo a partire dalla decima settimana di gestazione, in quanto prima si potrebbe incorrere nel rischio di non trovare sufficiente DNA fetale in circolo nel sangue materno.

Qualsiasi donna può decidere di sottoporsi al test in questione, ma in alcuni casi particolari è addirittura consigliato farlo, ossia:

  • età materna avanzata;
  • positività all’esame Bi-test e Tri-test (esami del sangue materno di routine nel primo e secondo trimestre);
  • gravidanze a rischio in cui sono consigliati solamente test non invasivi (ad esempio precedenti aborti, fecondazione assistita);
  • precedenti figli con alterazioni cromosomiche.

Esistono però delle eccezioni in cui non è possibile effettuare il test del DNA fetale, e solitamente riguardano condizioni specifiche della donna in gravidanza, come:

  • patologia oncologica in atto;
  • trapianto di midollo o organo;
  • recenti trasfusioni di sangue;
  • se si tratta di una gravidanza iniziata come gemellare ma che prosegue come singola (in caso ad esempio di arresto nello sviluppo e conseguente riassorbimento di uno dei feti).

Come funziona

Abbiamo visto che il test del DNA fetale avviene tramite un semplice prelievo di sangue materno, che verrà poi analizzato e separato tra DNA materno e DNA del feto tramite apposite apparecchiature specializzate. A differenza di altri test prenatali invasivi il test del DNA fetale non comporta alcun rischio per il bambino, ed è anche, tra i test di screening non invasivi, fra i più dettagliati e precisi attualmente effettuabili; tuttavia non si tratta di un test diagnostico, nel caso di anomalie riscontrate sarà necessario poi procedere con gli altri test (tra cui ad esempio l’amniocentesi o la villocentesi).

Esistono diverse tipologie di test del DNA fetale, cioè il test base o quello più esteso:

  • con i test base è possibile valutare il rischio di presenza della trisomia 21 (sindrome di Down), della trisomia 13 (sindrome di Patau), della trisomia 18 (sindrome di Edwards) e della presenza di altre anomalie nei cromosomi sessuali X e Y;
  • con il test esteso è possibile riscontrare, oltre alle alterazioni sopra citate, il rischio di sindrome da microdelezione del Cromosoma 22, che può causare problemi cardiaci, anomalie facciali e ritardi dello sviluppo e del sistema immunitario.
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Risultati

In tutte le tipologie di test a cui si sceglierà di sottoporsi i risultati che si possono ottenere sono due: a basso rischio o ad alto rischio.

Il risultato a basso rischio rappresenta un buon risultato, in quanto la probabilità di riscontrare anomalie è per l’appunto bassa; in caso di risultato ad alto rischio significa che la probabilità che l’alterazione sia presente è invece possibile e più alta, e verrà poi conseguentemente valutata con il medico per decidere i successivi ed eventuali test diagnostici.

Alcuni test potrebbero anche dare un risultato nullo, circostanza che accade molto raramente. In questo caso si potrà riproporre il test, quindi un secondo prelievo, che solitamente funzionerà, salvo condizioni molto rare legate alle caratteristiche del DNA per cui non è possibile ottenere un risultato; in quel caso sarà sempre il medico a suggerire come comportarsi e quali esami effettuare.

Laureata in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli studi di Pavia, ha svolto periodi di formazione in ospedali universitari della Comunidad altro…
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