Mario (nome di fantasia) oggi può mangiare senza problemi tutto ciò che vuole. E per lui è una grande conquista. Sì, perché fino a poco tempo fa non sarebbe stato in grado di compiere questo semplice ma vitale gesto.
Mario, infatti, era stato colpito da un grave tumore all’intestino che nel tempo era diventato così grande ed esteso da impedirgli di alimentarsi.
Per trattare la neoplasia duodenale e salvarlo, i chirurghi dell’Istituto Oncologico Veneto hanno trascorso più di 20 ore in sala operatoria, ma alla fine ce l’hanno fatta. E se oggi Mario ha ripreso l’alimentazione senza problemi, il merito è anche dell’innovativo sistema endoscopico utilizzato.
Si tratta di un nuovo approccio chirurgico – adottato e praticato da pochi centri in Italia – che ha permesso di creare un collegamento tra lo stomaco e il piccolo intestino (gastro-enteroanastomosi) sotto guida ecoendoscopica.
Questa tecnica, in sostanza, prevede l’inserimento per via endoscopica di un nuovo tipo di protesi che forma un ponte tra stomaco e piccolo intestino, consentendo di evitare l’intervento chirurgico classico più doloroso e invasivo.
“Rispetto alle altre alternative presenti attualmente, rappresentate dallo stent endoscopico e la gastroenteroanastomosi chirurgica, la procedura endoscopica è associata a una minore possibilità di crescita del tumore o di migrazione dello stent, migliorando così la pervietà dello stent e riducendo la necessità di intervenire di nuovo. Il posizionamento non chirurgico dell’EUS-GE lo rende un’opzione alternativa interessante” ha spiegato il dottor Alberto Fantin, Direttore della UOC Gastroenterologia.
Il dottor Fantin ha eseguito l’intervento insieme alla Dott.ssa Caterina Stornello, dirigente medico nella medesima unità operativa, che ha spiegato: “Studi comparativi sulla gastrodigiunostomia, stent duodenale ed EUS-GE hanno riportato che il nuovo metodo di intervento è stato associato a un maggiore successo clinico, a un minor numero di eventi avversi gravi, a una riduzione dell’ostruzione dello stent, minor tasso di crescita del tumore e minore necessità di reintervento rispetto allo stenting”.
Fonte | Istituto Oncologico Veneto