Trovato l’interruttore spezzafame: potrebbe essere già nel tuo cervello

Si tratta di un neurocircuito che connette l’area legata all’alimentazione e quella che gestisce le emozioni: quando l’ansia e lo stress aumentano diminuisce anche il senso di fame. Al momento è stato individuato solo nei topi, ma se nell’essere umano funzionasse allo stesso modo potrebbe rappresentare un punto di partenza per il trattamento di disturbi alimentari.
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Giulia Dallagiovanna 26 Agosto 2019
* ultima modifica il 31/07/2023

Sei tornato dalle vacanze e probabilmente ti senti ancora piuttosto rilassato. E magari, lo è anche il tuo addome, dove hanno fatto capolino dei piccoli ma significativi rotolini. E lo sono i tuoi fianchi, un po' più arrotondati rispetto a quanto sei partito. Insomma, durante la settimana di mare o di montagna avrai probabilmente lasciato perdere ogni tipo di dieta e avrai deciso di goderti un po' la vita. Ora però devi fare i conti con quello che ti hanno lasciato i tuoi numerosi strappi alla regola e ti starai già un po' deprimendo pensando a tutti i sacrifici in programma per i prossimi mesi. Secondo un nuovo studio però potrebbe arrivare un aiuto inaspettato: dentro di te potrebbe esistere un interruttore spezzafame.

I ricercatori dell'Università del Texas a Houston hanno osservato un gruppo di topi e si sono resi conto di un particolare fenomeno: quando i livelli di stress e ansia aumentano, diminuisce la richiesta di cibo. D'altronde, se ci pensi bene, sarà capitato anche a te di essere così nervoso da avere lo stomaco completamente chiuso. Tutto questo accade per una ragione: nel cervello si attiva uno specifico meccanismo che connette e regola queste due sensazioni.

Si tratta di un neurocircuito che collega l'ipotalamo paraventricolare, una zona cerebrale legata all'alimentazione e al senso di fame, e il setto laterale ventrale, che costituisce parte del sistema limbico, ovvero l'area che gestisce le emozioni e i comportamenti istintivi. Quando questo circuito viene "acceso", cioè attivato, aumentano l'ansia e si riduce l'appetito. Viceversa, nel momento in cui lo si inibisce, si avverte il bisogno di mangiare. Almeno, questo è quello che accade nei roditori. Ma se questo sistema funzionasse anche nell'essere umano, potrebbe diventare il punto di partenza per sviluppare nuovi trattamenti anche nel campo dei disturbi alimentari, come l'anoressia nervosa o l'obesità.

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