Tumore al seno: una nuova cura potrebbe ritardare il ricorso alla chemioterapia

L’aggiunta di abemaciclib fin dall’inizio della terapia ha permesso di migliorare i risultati ottenuti fino a questo momento, allungare la sopravvivenza di 10 mesi e ritardare fino a 4 anni l’eventuale ricorso alla chemioterapia. Lo studio tra l’altro è di fase tre, perciò già piuttosto avanti sulla strada per l’approvazione del nuovo trattamento. Una buona notizia, che arriva proprio durante il mese della prevenzione contro il tumore al seno.
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Giulia Dallagiovanna 23 Ottobre 2019
* ultima modifica il 02/07/2021

Rendere cronica una patologia che è potenzialmente mortale è davvero una conquista importante per medici e pazienti. Ed è esattamente la direzione in cui sta andando la ricerca sul tumore al seno, in tutte le sue diverse forme. Un ulteriore passo avanti è stato compiuto da un team di ricercatori coordinato dall'Università di Medicina di Stanford, in California. Lo studio pubblicato sulla rivista Jama Oncology ha dimostrato come la combinazione di due farmaci, il fulvestrant e l'abemaciclib, allunghi in modo significativo la sopravvivenza di una paziente. I risultati sono stati presentati anche durante il congresso ESMO (European Society for Medical Oncology) 2019 che si è tenuto a Barcellona a fine settembre.

Ma al di là di sigle e nomi prestigiosi, quello che a te interesserà sapere in particolare è come questa scoperta possa migliorare la vita delle persone malate. Cerchiamo allora di capirlo insieme. Prima di tutto, si rivolge a chi è affetto da un carcinoma mammario positivo al recettore ormonale, cioè HR+, e negativo al recettore HER2. Si tratta cioè della forma più comune, che rappresenta circa il 70% di tutti i casi.

Questa forma di tumore al seno rappresenta il 70% di tutti i casi

Fino a questo momento, veniva utilizzato unicamente il fulvestran durante i trattamenti, ma gli esperti americani hanno scoperto che aggiungendo l'abemaciclib fin dall'inizio della terapia, i risultati miglioravano in modo significativo. Questo secondo farmaco inibisce infatti l'enzima CDK4/6 e provoca il blocco della divisione delle cellule tumorali. Significa cioè che le particelle maligne non possono più replicarsi e la massa non riesce ad aumentare di volume. Di conseguenza, una volta morte quelle già alterate, la neoplasia non dovrebbe più dare troppi problemi.

Naturalmente, non può essere così facile e un cancro al seno non lo si può curare con la bacchetta magica, purtroppo, ma i risultati sono davvero promettenti. A distanza di 4 anni dalla cura, circa un terzo delle pazienti non mostrava ancora segni di progressione e la malattia può dunque essere definita cronica. La sopravvivenza è aumentata di 10 mesi rispetto ai trattamenti utilizzati finora e questo dato ha permesso di raggiungere un altro importante obiettivo: la chemioterapia, con tutti gli spiacevoli effetti collaterali che comporta, può essere ritardata addirittura di quattro anni.

Questo è, per la verità, uno studio di fase 3, cioè già piuttosto avanti nella strada per l'approvazione definitiva del nuovo trattamento. A questo punto, potrebbe valere la pena tenere gli occhi aperti a tutte le novità.

Fonte| "The Effect of Abemaciclib Plus Fulvestrant on Overall Survival in Hormone Receptor–Positive, ERBB2-Negative Breast Cancer That Progressed on Endocrine Therapy—MONARCH 2" pubblicato su Jama Oncology il 29 settembre 2019

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