Anche se al momento ha visto il semaforo verde solo negli Stati Uniti, potrebbe arrivare presto anche in Europa e in Italia una nuova terapia per contrastare il tumore della prostata. Per la precisione non si tratta di un trattamento mai visto prima, anzi: sono due farmaci già noti, l’olaparib e il rucaparib, a cui la Food and Drug Administration statunitense ha esteso il raggio d’azione. Oltre che per il carcinoma ovarico e al seno in donne con particolari mutazioni del Dna, ora i due composti potranno essere utilizzati per un particolare tipo di tumore alla prostata: ovvero un tumore già metastatizzato, che ha sviluppato una resistenza alle terapie ormonali e caratterizzato dalle mutazioni genetiche BRCA e ATM che impediscono alle cellule di riparare i danni al DNA. Mutazioni che, inoltre, possono essere individuate grazie ai test genetici: un ulteriore potenziale vantaggio che permetterebbe un approccio ancora più mirato e preciso.
Secondo le stime degli scienziati, circa il 20-30% degli uomini colpiti da un tumore alla prostata metastatizzato presenta anche delle alterazioni genetiche. Si tratta di mutazioni a carico dei geni BRCA 1 e 2 e ATM che compromettono i meccanismi di riparazione del DNA delle cellule. Quando sono mutati, questi geni creano una proteina alterata che non ha più la stessa efficacia nel riparare i danni al Dna. In questo modo i danni si accumulano e favoriscono lo sviluppo o la progressione di un tumore. In più, gli scienziati hanno scoperto che alcune proteine appartenenti alla famiglia PARP sono decisive nel riparare i danni al Dna, in particolare nelle cellule tumorali con mutazione BRCA. Interrompere e inibire questo meccanismo significa portare alla morte le cellule del tumore. Ecco, i due farmaci olaparib e rucaparib, sotto forma di pillole, agiscono esattamente così e cancellano l’effetto riparatorio nei confronti delle cellule tumorali.
Un potenziale vantaggio legato all’azione di questi farmaci è la possibilità di individuare la presenza delle mutazioni BRCA e ATM attraverso dei test genetici. Anche se i test genetici non sono ancora una pratica comune nel trattamento dei pazienti con carcinoma della prostata, potrebbero riservare vantaggi importanti dal momento che questi geni sono stati segnalati come fattori che aumenterebbero il rischio di sviluppare un cancro alla prostata. Attraverso prelievi di Dna del paziente raccolto con biopsie del tumore o sulle metastasi ossee, che è uno dei principali bersagli dello sviluppo del cancro, trattare il tumore alla prostata potrebbe diventare ancora più efficace.
Fonti | National Cancer Institute