La nuova strada per il trattamento del carcinoma ovarico avanzato l’ha tracciata la Commissione europea. Come ha riportato AstraZeneca, è infatti ufficialmente arrivata la luce verde che ha approvato l’uso del farmaco olaparib in combinazione con il bevacizumab come terapia di mantenimento in prima linea per le pazienti adulte colpite dal tumore e caratterizzate da una mutazione genetica particolare, la cosiddetta ricombinazione omologa o HRD.
Forse non lo sai, ma a livello mondiale il tumore ovarico si colloca all’ottavo posto tra tutte le cause più comuni che possono provocare la morte nelle donne, al quinto se restringi il campo alla sola Unione Europea. Si stima poi che siano oltre 180mila i decessi a livello globale e che in Italia, nel 2020, siano stati diagnosticati oltre 5mila nuovi casi. Circa il 45% delle donne colpite sopravvive a distanza di 5 anni e la ragione, il più delle volte, è da ricercare nel fatto che il tumore viene troppo spesso diagnosticata in uno stadio già avanzato.
Sono stati i risultati di uno studio di fase 3 (Paola-1) a spingere la Commissione europea a dare il via libera per un nuovo trattamento del tumore ovarico avanzato. Si tratta di una terapia di mantenimento che si basa sulla combinazione dell’olaparib con il bevacizumab: dai dati è emerso che nelle pazienti colpite da carcinoma ovarico avanzato con ricombinazione omologa (HRD), il trattamento avrebbe ridotto il rischio di progressione della malattia o morte del 67% portando la sopravvivenza libera dalla progressione della malattia a una media di 37,2 mesi rispetto ai 17,7 con il solo bevacizumab.
L'indicazione della Commissione specifica poi che la combinazione dei due farmaci è prevista per il trattamento di mantenimento di pazienti con carcinoma ovarico epiteliale avanzato di alto grado, del tumore alla tuba di Falloppio o del carcinoma peritoneale primario dopo il completamento della chemioterapia di prima linea a base di platino e bevacizumab.
Fonte | AstraZeneca