“Un bambino con disabilità deve avere diritto al gioco, all’educazione e alla cura”: intervista al presidente de L’abilità onlus, Carlo Riva

Oggi, nella Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, è assolutamente necessario ricordare il diritto al gioco, alla cura e all’educazione di un bambino con disabilità. Ne abbiamo parlato con Carlo Riva, presidente de L’abilità Onlus.
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Gaia Cortese 20 Novembre 2021
* ultima modifica il 20/11/2021

Un fiocco blu e lo sguardo profondo di un bambino e di un adulto rivolto su una delle piazze più frequentate di Milano. Poche settimane fa, in viale Murillo, è comparso un murale su una delle facciate dell’Hotel Astoria. Il murale ha un nome, Blu Wall, è non è un caso che sia stato realizzato usando principalmente il colore blu. Blu Wall porta con sé un messaggio importante, quello della consapevolezza del disturbo dell'autismo.

Ne abbiamo parlato con Carlo Riva, Presidente de L’abilità Onlus, che ha collaborato per questo progetto con i proprietari dell'hotel Astoria e con l'Orticanoodles, un collettivo artistico che da anni dà un tocco di colore alla città con le opere murali straordinarie.

Quali sono le principali difficoltà per una famiglia con un bambino con disabilità?

Come prima cosa, quando nasce un bambino con disabilità, i genitori vivono una sofferenza, un dolore che loro stessi non riescono a quantificare tanto è profondo. Questo dolore che separa la vita di prima e la vita dopo la diagnosi, segna inevitabilmente la vita di coppia. È come se ci fosse una vera e propria separazione tra il prima e il dopo. I genitori di un bambino con disabilità hanno bisogno di cominciare a capire come vivere con questo bambino. Prima ancora di parlare quindi di processi di inclusione o di pensare a cosa succederà quando andrà a scuola, cosa succederà in futuro, la prima difficoltà è cominciare a vivere con il bambino.

Come Onlus, ci occupiamo di sostenere la famiglia del bambino con disabilità promuovendo tutte quelle attività che la aiutino ad accogliere il proprio figlio: dal punto di vista psicologico si lavora sull'accettazione e sulla comprensione di quanto è avvenuto, attraverso incontri con la psicologa, con altre famiglie che condividono questa problematica e con medici che abbiano una competenza tale per aiutare la famiglia a sostenere questo dolore. La famiglia ha poi bisogno di informazioni di tipo pratico: dal come richiedere l'invalidità o l'assegno di indennità di accompagnamento, alla presa in carico del figlio dal punto di vista socio-sanitario e dell'assistenza sociale. La nascita di un bambino con disabilità provoca tanti pensieri e tante domande, ma prima di pensare all'inclusione nella società, è inevitabile preoccuparsi di come si può continuare a vivere con il bambino.

Quanto è importante dare sostegno fin dai primi anni di vita a un bambino?

La società italiana di neuropsichiatria infantile (Sinpia) dice che di fronte a un bambino con disabilità dobbiamo intervenire precocemente, sia per quanto riguarda la riabilitazione e l’educazione del bambino, sia per quanto riguarda il sostegno alla famiglia che deve essere a 360 gradi. Dagli interventi precoci si costruisce il progetto di vita del bambino, e l'esito potrà essere migliore. Molte volte si vengono a creare danni secondari perché non c’è stato un intervento precoce: la questione non si riduce al fatto, comunque grave, che un bambino tardi nel raggiungere le dovute tappe di sviluppo, ma che manchi un sostegno alla famiglia che inevitabilmente crea un disequilibrio.

Quali sono i servizi offerti dalla vostra associazione?

Una filiera di servizi sia dedicati al bambino sia dedicate ai genitori: per noi, infatti, prenderci cura di un bambino non è possibile se non ci si prende cura di tutta la famiglia. Per i genitori è disponibile un servizio psicologico, ma lo sono anche i gruppi di auto aiuto e gli interventi psicologici per i parenti più stretti, tra cui anche i nonni. E poi ci sono tutte le attività dirette sui bambini, tra cui quelle dirette specificatamente ai bambini con spettro dell’autismo; abbiamo anche un centro per le attività con bambini con disabilità intellettiva, uno spazio gioco per insegnare a giocare, e diverse attività sul territorio dove andiamo a toccare, in veste di consulenti, anche il tema dell'accessibilità ai musei, agli alberghi e ad altre strutture.

Nell’ambito dell'assistenza alla famiglia, l’associazione promuove anche i "Sabati del sollievo": di cosa si tratta?

Ideati circa una quindicina di anni fa, i Sabati del Sollievo hanno la funzione di risollevare genitori dalla cura del proprio figlio che è continua, giorno e notte. È un modo per sostenere un pezzo della loro fatica. Attraverso l’empowerment famigliare riconosciamo al genitore la sua capacità di potercela fare anche da solo, ovviamente il carico rimane molto pesante, così ci prendiamo in cura il bambino per permettere ai genitori di prendere letteralmente fiato e ritrovare una parte della propria vita come singolo e come coppia. Nei Sabati del Sollievo offriamo assistenza anche ai bambini con disabilità grave dalla 10 alle 18, in un rapporto uno a uno, quindi con un operatore dedicato, perché un bambino con disabilità grave presenta sempre un quadro complesso.

Oltre a questo, in tempo non Covid, la nostra comunità residenziale con dieci posti letto, ci consentiva di organizzare anche dei Weekend di sollievo dove i bambini rimanevano con noi tutto il weekend.

Come avete arginato le problematiche generate dal lungo lockdown dello scorso anno, per rimanere vino alle famiglie?

Abbiamo in carico duecento bambini nella fascia di età da 0 a 12 anni. È rimasta aperta solo la comunità residenziale, ovviamente chiusa agli esterni e anche i genitori hanno avuto accesso solo a luglio. Tutti gli altri servizi sono stati sospesi, ma nell'arco di una settimana abbiamo reinventato un modo per stare vicino alle famiglie, perché per i bambini con spettro dell’autismo stare in casa costantemente arriva a  provocare delle regressioni o dei disturbi nello sviluppo del bambino.

Abbiamo così attivato delle forme di supporto a distanza: via telefono per spiegare ai genitori cosa fare a casa con i figli, ma abbiamo anche fatto da filtro tra la scuola e la neuropsichiatria infantile per avere dati e informazioni sulle famiglie in difficoltà; oltretutto era sempre attiva una rete con la psicologa per offrire un supporto a distanza. Abbiamo realizzato anche The Right Box, ovvero una scatola che contenesse i beni di prima necessità, ma soprattutto del materiale per giocare, affinché il bambino non si annoiasse e non andasse incontro a comportamenti problematici. Abbiamo assemblato duecento scatole, con contenuti diversi a seconda della disabilità del bambino; ci hanno aiutato i volontari, ma anche diverse aziende che hanno regalato del materiale. In pieno lockdown abbiamo poi recapitato le scatole a domicilio, lasciandole letteralmente fuori dalla porta. The Right box era la scatola giusta per ogni bambino, dove "right" significa anche "diritto", vale a dire il diritto al gioco e alla salute.

Tra le vostre iniziative c’è anche il murale in viale Murillo a Milano dedicato alla consapevolezza sull'autismo…

La famiglia Doni proprietaria dell’hotel in viale Murillo voleva creare un murale con una valenza sociale, ma anche un’opera d’arte che avesse un significato per la città. Dal momento che i proprietari dell'hotel sono molto attenti al mondo dell’autismo hanno identificato l’artista e la nostra onlus. Noi abbiamo offerto una consulenza all’artista per spiegare chi è una persona con autismo e perché c’è bisogno di consapevolezza. Da li è nata l'opera d’arte, di colore blu perché il blu è simbolo dell’autismo: in alto a sinistra c’è il fiocco che ci si appunta il 2 aprile nella Giornata Mondiale della consapevolezza dell’autismo, con il volto di un bambino e il volto di un adulto. L’opera lancia un messaggio soggettivo, perché ognuno legge nell’opera d’arte quello che il cuore vuole leggere: è possibile vederci un bambino con la propria mamma, ma anche con un’insegnante, un caregiver o un bambino che diventa grande, ma continua a soffrire del disturbo dello spettro dell’autismo. Qualcuno si chiederà cos’è questa opera, anche senza sapere che è dedicata all’autismo, sarà interessante il processo di ricerca di ognuno a partire da quel momento. Raccontare questo disturbo non è facile: l’autismo non è identificabile da un aspetto esteriore come, per esempio, potrebbe esserlo la Sindrome di Down.

Il prossimo 20 novembre si celebra la Giornata Mondiale dei diritti dei bambini. Come la celebrerete e perché è importante dare valore a questa tematica?

Un bambino con disabilità è innanzitutto un bambino. È la definizione corretta, data dalla stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, e non è giusto neppure parlare di bambino disabile, ma di bambino con disabilità. Il bambino ha dei diritti, come definito dalla stessa convenzione ONU riguardo i Diritti dell’Infanzia e anche i bambini con disabilità devono godere di questi diritti, tra cui quello al gioco. Nelle nostre campagne continueremo a lottare perché questi bambini abbiano il diritto al gioco, all’educazione e alla cura.

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